I profughi eritrei in Libia che fine hanno fatto? Intervista a Roberto Malini (EveryOne)

Well, well, well, let's realize
That one change can only come
When we stand together as one
Michael Jackson e Lionel Richie, "We Are the World"

"La situazione che riguarda i profughi in Libia è di una gravità assoluta, che di fatto rappresenta un'altra fase dell'opera di annientamento - perpetrata dall'Italia e tollerata finora dall'Unione europea, la cui ignavia è colpevole e inspiegabile alla luce del diritto internazionale - della Convenzione di Ginevra e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

"Non è un'esagerazione: l'accordo Italia-Libia sui flussi di profughi da paesi in crisi umanitaria, infatti, vanifica le normative internazionali che proteggono gli esseri umani che abbandonano situazioni di persecuzione, guerra o grave emergenza, negando loro la possibilità di accedere agli istituti dell'asilo politico e della protezione umanitaria internazionale".

L'Italia - o almeno una sua parte - è rimasta per giorni con il fiato sospeso per la sorte degli oltre 200 profughi eritrei imprigionati in Libia in condizioni disumane, patendo la fame, la sete, il caldo torrido del deserto, le botte e le torture della polizia di Gheddafi. La vicenda è riuscita anche a conquistare le prime pagine di alcuni quotidiani di sinistra, poi ha trovato spazio sulle pagine dei principali organi di informazione. Infine è avvenuta la "liberazione" dei profughi. Una prima, parzialissima e precarissima vittoria: la loro vita rimaneva appesa a un filo.

Quel filo, con l'impegno costante dell'opinione pubblica italiana, avrebbe potuto diventare una corda, una cima di salvezza. E invece, distratti dalla compravendita di voti in Parlamento, dalle magnifiche alleanze e progressive del centrosinistra, dalle barzellette su Hitler e dalle hostess da convertire all'Islam, abbiamo dimenticato quegli esseri umani in balia di una sorte crudele e imponderabile. E quel filo è diventato sempre più esile, sempre più fragile...

Cerchiamo allora di riavvolgere quel filo, per poi dipanarlo e rendere pubblica la sorte di quei 205 profughi eritrei divenuti fantasmi nelle nostre coscienze. Lo facciamo con Roberto Malini, fondatore e co-presidente del Gruppo EveryOne, una delle associazioni più battagliere nella difesa dei diritti umani di davvero tutti (immigrati, rom, richiedenti asilo, omosessuali, condannati a morte...), una delle poche realtà italiane che ha dimostrato di non avere memoria corta.

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Che fine hanno fatto gli oltre 200 profughi eritrei prima imprigionati e poi "liberati" in Libia? La stampa non ne parla più...

Dopo l'internamento a Brak e la disumana peregrinazione nel deserto, i 205 profughi vedranno scadere fra pochi giorni il loro permesso temporaneo di permanenza sul suolo libico e saranno rimpatriati. Il Gruppo EveryOne e l'agenzia Habeshia hanno sollecitato instancabilmente gli interventi dell'Onu e delle Istituzioni Ue, ma finora senza risultato.

Alcuni dei profughi hanno tentato ancora di lasciare la Libia per cercare rifugio altrove, ma sono stati fermati, mentre il governo italiano, attraverso l'ambasciata in Libia, rifiuta qualsiasi nuovo contatto con i loro portavoce. Caso chiuso, per le Istituzioni italiane, nonostante esista un chiaro diritto alla protezione umanitaria.


Il problema riguarda anche altri eritrei presenti in Libia, vero?

Sì. Alcuni giorni fa altri sedici ragazzi e cinque ragazze provenienti ancora dall'Eritrea e diretti in Italia, dove avrebbero chiesto asilo, sono stati arrestati in Libia e rinchiusi nel carcere maschile di Algedya e in quello femminile di Kuifia, insieme a criminali comuni. Un giovane è mutilato a una gamba, ma non riceve assistenza. Un altro soffre di gravi problemi psichici, ma è abbandonato a se stesso. Tutti sono in attesa di deportazione verso un paese in cui non esiste tutela dei diritti fondamentali della persona.

Ma se questi sono i casi di cui abbiamo notizia, ve ne sono molti altri, gravi nella stessa misura, che si svolgono nel silenzio delle carceri e dei campi di transito, mentre il lamento delle vittime è coperto dal "fruscio" dei miliardi di euro che circolano fra Italia e Libia: Gheddafi, come ha ricordato il giornalista Miguel Mora all'Unità, "dispone di una liquidità di circa 65 miliardi di dollari, e punta a nuove partecipazioni in Eni, Impregilo, Finmeccanica, Terna e Generali. Oltre ad essere, con il 7% del pacchetto azionario, il primo azionista di Unicredit, il più grande gruppo bancario italiano, che a sua volta controlla Telecom, Rcs e Assicurazioni generali".


Ma perché spaventa tanto l'ipotesi che gli eritrei vengano rimpatriati dalla Libia nel loro paese di origine? Quali sono le condizioni dei diritti umani in Eritrea?

L'Eritrea presenta gravi problemi riguardo al rispetto dei diritti umani, come attestano anche Amnesty International, Human Right Watch e il Dipartimento di Stato americano. Di fatto è una dittatura in cui le elezioni vengono continuamente rimandate, le autorità di forza pubblica e la magistratura sono corrotte, l'esercito è responsabile di migliaia di omicidi di stato. Il governo eritreo è mandante di innumerevoli arresti illegittimi, lunghe detenzioni, torture ed eliminazioni di attivisti, operatori umanitari e liberi pensatori.

La libertà di pensiero, di stampa, di riunione sono praticamente inesistenti. Recentemente alcune associazioni per i diritti umani, grazie ai contatti con la società civile occidentale e le Nazioni Unite, riescono a dialogare con il governo, ma sempre in una condizione di pericolo.

Se dovessero essere deportati in Eritrea, i profughi subirebbero l'arresto e finirebbero in un carcere-lager, dove riceverebbero pesanti e a volte fatali interrogatori. Il fatto che siano fuggiti dal paese rappresenta già, per le autorità, la prova del loro "tradimento", passibile di gravi condanne.


In tutta questa vicenda, quali sono le responsabilità dell'Italia?

L'Italia ha abbracciato le politiche sull'immigrazione della Lega Nord, che sono politiche anti-immigranti e contrarie sia alla Convenzione di Ginevra che alle Carte internazionali sui diritti umani. Se la legge Bossi-Fini rappresentava già la negazione dei diritti degli stranieri socialmente deboli in Italia e avviava la loro persecuzione, la 94/2009, istituendo il reato di immigrazione clandestina, dava il "la" a una nuova era di leggi razziali.

L'Italia, in fatto di diritti umani e di lotta al razzismo, è un paese ormai completamente imploso nelle proprie paure e nei propri deliri. Lasciando perdere Lega Nord e Pdl, mostro bicefalo ideologicamente ostile alle minoranze, è sconcertante, per esempio, come Pier Luigi Bersani, nel suo discorso a chiusura della festa del Pd a Torino non abbia posto fra le priorità del centro-sinistra i temi della lotta al razzismo e della necessità di politiche democratiche e civili su immigrazione e accoglienza.

Leggendo fra le righe, al contrario, si interpreta un sentimento di fratellanza fra il Pd e la Lega Nord, cui Bersani contesta solo la vicinanza a Berlusconi, riconoscendola però come partito di estrazione popolare, affine al suo. Questo è il vero problema: le politiche razziali non riguardano solo i partiti di centro-destra, come dimostrano le politiche ostili a migranti e Rom che conducono da anni le amministrazioni locali di centro-sinistra.


Anche la società civile e il mondo dell'informazione, con la loro attenzione così ondivaga su temi così letteralmente vitali, sembrano avere pesanti responsabilità...

La stampa in Italia è vassalla della politica e dunque non può sorprendere come non esistano quotidiani, tv o radio che sostengano ideali civili e umanitari in alternativa a quelli promossi dalla classe politica. Per quanto riguarda il popolo italiano, è ormai in gran parte condizionato dalla propaganda e di fatto applaude i discorsi xenofobi, inneggiando ai fautori di politiche razziali, come dimostrano le migliaia di giovani che si fanno sedurre dalle ideologie delle camicie verdi, sia quelle più grossolane che quelle che si sono date un'aria "perbene", nel cui inganno è caduto anche Roberto Saviano.


In questo contesto così deprimente, cosa sta facendo EveryOne per cercare di salvare gli eritrei in Libia?

Il Gruppo EveryOne continua a sollecitare il ministro degli Esteri e tutto il governo italiano, oltre che le Istituzioni internazionali, affinché attuino la sola misura in linea con la Convenzione di Ginevra ovvero che realizzino il reinsediamento dei profughi nell'Unione europea, evitando la loro deportazione. La posizione attuale dell'Italia, che si tiene stretti gli accordi sottoscritti con Gheddafi, non consente di nutrire consistenti speranze, ma la situazione potrebbe cambiare se, per esempio, le Nazioni Unite assumessero una posizione chiara a favore del piano di reinsediamento.


E invece cosa può fare concretamente chi ci legge, anche come singolo cittadino?

Sarebbe utile una mobilitazione generale delle associazioni per i diritti umani e dei singoli cittadini, come è avvenuto per Sakineh Mohammadi Ashtiani, ma il caso dei profughi eritrei non esercita la stessa commozione né lo stesso sdegno sull'opinione pubblica, quindi è improbabile che si verifichi una protesta su quella scala. La sola cosa utile che si può fare, dunque, è scrivere lettere di protesta e di proposta [qui la lettera da inviare!] alle autorità italiane, europee e internazionali, lettere ai giornali e pubblicare interventi nei blog, per evitare che una cortina di silenzio copra l'imminente deportazione.


Little Prince(ss)

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