Un giullare contro la mafia: con Bonaccorso e Rizzo, Peppino Impastato diventa un fumetto

"Assassino!". Si apre con un urlo e si chiude con tre tavole di silenzio - silenzio coraggioso, orgoglioso, per nulla omertoso - "Peppino Impastato - Un giullare contro la mafia" (edito da Beccogiallo, sceneggiatura del trapanese Marco Rizzo e disegni del messinese Lelio Bonaccorso, in uscita domani in tutte le librerie, ma che abbiamo letto per voi in anteprima), biografia a fumetti del giovane militante antimafia reso famoso dal film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana e dalle canzoni di numerosi artisti, come Pippo Pollina, i Modena City Ramblers e tanti altri.

La storia dell'antimafia è piena di nomi caduti nell'oblio e potrebbe sembrare ridondante dedicare l'ennesima opera al personaggio più conosciuto. Perché raccontare ancora la stessa storia, perché ripercorrere ancora gli stessi passi? Non è inutile?

No, non è inutile quando si riescono a mettere in luce aspetti nuovi, sconosciuti, poco approfonditi. E se tutti ci siamo esaltati a vedere Peppino denunciare la montagna di merda mafiosa dai microfoni di Radio Aut, il fumetto di Rizzo e Bonaccorso ci mostra con grande efficacia la potenza dirompente di quelle parole nella quotidianità di Mafiopoli. Vedere Tano Badalamenti che ascolta Peppino prenderlo per il culo significa vedere la stessa storia, ma anche una storia diversa.

E si rimane affascinati dalla consonanza dimostrata da sceneggiatore e disegnatore. Non è facile raccontare la parola che rompe il silenzio, il silenzio che avvolge la parola. Non è facile raccontare le denunce di Peppino e l'omertà mafiosa, la loro lotta, la loro compresenza, senza diventare banali, manichei, semplicistici. Occorre costruire un delicato equilibrio tra detto e non detto, tra mostrato e non mostrato. La sceneggiatura di Rizzo ci riesce alla perfezione, ottimamente accompagnata dai disegni di Bonaccorso, dal tratto nitido e chiaro che sa diventare sfocato, sporco, indefinito.

E proprio i disegni di Bonaccorso sorprendono. Sono privi di quella rabbia, di quella violenza, di quella durezza tipiche di tanti fumetti di denuncia. Sono disegni spigolosi, ma non aggressivi, ammorbiditi anche da dolci sfumature di grigio chiaro. Sono disegni che perdono la propria purezza per incupirsi ed incattivirsi nella tetra scena dell'omicidio.

Disegni e sceneggiatura concorrono in un duetto perfetto a creare un'atmosfera carica di una nostalgia struggente, ma sempre viva e reale. Come il ricordo che sa diventare azione. Perché "con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo".

Little Prince(ss)

Leggi anche:
* A lezione di criminalità con Loretta Napoleoni
* Se la famiglia ti condanna a morte: suicida a 13 anni a Villaricca, il padre è legato alla camorra
* Topolino baluardo della società interetnica: una poesia (e un'intera classe) contro il razzismo

2 commenti:

  1. Mi piace questo post...il fumetto che veicola il messaggio sociale più forte...la denuncia come mezzo per rompere il muro di silenzio omertoso!

    RispondiElimina
  2. Grazie per le belle parole:)..abbiamo solo dato con quello che ci piace fare il nostro piccolo contributo, gia questo ci fa sentire fortunati!

    RispondiElimina

Il grande colibrì