Intervista esclusiva a Ippolito Caldani: "Quello che ho fatto era l'alimento del mio giornalismo"

Dunque Caldani, quella che lei ci racconterà stasera in esclusiva è una storia complessa, che ha fatto parlare tutta l'Italia, ma di cui si sa ancora così poco. [L'espressione della conduttrice è seria, grave] E allora partiamo dall'inizio...

L'inizio... Io inizierei proprio dall'inizio-inizio. Ho cominciato la mia carriera di giornalista come freelance e, amando le sfide di questo mestiere, avevo deciso di dedicarmi alle grandi tragedie del nostro tempo. Partii in Africa e lì realizzai dei reportage che ritenevo importanti. Mi occupai, ad esempio, di 200 profughi eritrei prigionieri in Libia o della morte di centinaia e centinaia di bambini in Nigeria, intossicati dal piombo, vittime della caccia all'oro. Ma i miei reportage non ottennero alcuna attenzione, mandarono in onda solo un breve spezzone, a tarda notte, su RaiTre.


E quindi abbandonò l'Africa e tornò in Italia...

Sì, tornai in Italia e dissi chiaramente ai direttori dei tg: "Io voglio dimostrare le mie doti di giornalista, sono bravo e voglio occuparmi delle cose che interessano davvero". E le cose che interessavano davvero erano due: creare dossier su vari personaggi e la cronaca nera.


Lei scelse la cronaca nera, campo nel quale lei dimostrò di essere, nonostante tutto, un ottimo giornalista.

Sì, un eccellente giornalista, me lo lasci dire senza falsa modestia. E proprio perché volevo fare il giornalista, il giornalista vero, e non il... come dire... il segugio, la spia, ho scelto senza esitazioni la cronaca nera e non i dossier. Ho fatto delle inchieste che non erano inchieste, ma vere e proprie indagini e sono riuscito ad arrivare lì dove la polizia non riusciva, non poteva, a volte non voleva arrivare.


Il suo primo "caso" ce lo ricordiamo ancora bene tutti: l'omicidio di Pieve Fosciana, la morte della povera Ilaria Romeo...

Erano tutti presi dalla pista del senegalese, ormai era cosa fatta la sua condanna, per i tg e per la polizia. Io capii subito che c'era qualcosa che non quadrava: non poteva essere stato il senegalese. Iniziai ad indagare e i miei sospetti si concentrarono sul cugino, un uomo di malaffare, intrallazzi mafiosi, storie poco chiare... E se era stato davvero il cugino provai a immaginare dove potesse avere nascosto il cadavere. Supposi che i due luoghi più probabili erano alcune campagne a nord di Pieve e un cascinale abbandonato, vicino a dove viveva il cugino.


Intuizione corretta...

Passai ore, giorni, a setacciare le campagne, con un nulla di fatto. Finalmente il cugino si allontanò da Pieve e io potei avvicinarmi al cascinale senza destar sospetti. Sfondai una porta, senza grosse difficoltà. E al piano superiore c'era il cadavere di Ilaria. Chiamai il direttore, mi disse che era uno scoop sensazionale. Ci mettemmo d'accordo per montare la diretta.


La famosissima diretta del TG1, grazie alla quale tutti gli italiani impararono il suo nome...

Sì, rappresentò la svolta fondamentale per la mia carriera. Spiegai in diretta che secondo quanto avevo accertato l'assassino non poteva essere il senegalese, ma doveva essere qualcuno di vicino alla ragazza, probabilmente un familiare. E che il corpo della giovane poteva essere stato nascosto in un qualunque casolare abbandonato della zona. Entrammo con l'operatore in un cascinale "a caso" e, simulando grandissima sorpresa, trovammo proprio lì il cadavere di Ilaria. Tutto in diretta: una pagina storica per l'informazione in Italia.


Quelle immagini innescarono subito la bufera: senza alcun preavviso, mostraste il corpo violato della ragazza, il ventre squarciato, le viscere di fuori... Senza contare il fatto che, smascherato in diretta tv mentre era fuori dal paese, l'assassino ebbe tutto il tempo per scappare, per rendersi irrintracciabile...

Io sono un giornalista, non sono un poliziotto né un educatore. E, attenzione, io non invoco e non ho mai invocato il diritto di cronaca, ma solo il dovere di cronaca. Io devo, ho l'obbligo di raccontare la realtà così com'è, non posso curarmi delle conseguenze di quello che racconto perché altrimenti tradirei il mio compito e la fiducia dei telespettatori. E se il mondo è una merda...


[La conduttrice fa un gesto di stizza] Per favore, il linguaggio! Ci sono bambini che ci ascoltano!

Mi scusi. Dicevo: se il mondo è violento, irrimediabilmente violento, la colpa non è mia. Io devo raccontare questo mondo, non un altro. Se si vogliono ascoltare belle storie, tutte rose e fiori, fiabe, con il finale che vissero tutti felici e contenti, bisognerebbe guardare altre trasmissioni, non il tg.


Quella diretta, però, ha cambiato anche la sua vita...

No, non è stata quella diretta. E' stato quello che è venuto dopo. Quella era la mia storia, l'omicidio di Pieve Fosciana era un intrigo che avevo scoperto, smontato, rivelato io. E invece mi venne rubato dalla polizia e soprattutto dagli altri giornalisti: piombarono sulla mia storia e iniziarono a volerla raccontare loro, a rubarmi i retroscena, a rubarmi le interviste in esclusiva. La madre di Ilaria si fece intervistare da Studio Aperto e non da me, da me che avevo scoperto il corpo di sua figlia, che glielo avevo restituito!


E questo com'è legato a quello che successe dopo? Ma poi, scusi, non si rese conto che la polizia avrebbe iniziato a sospettare in fretta di lei?

Bah, la polizia! Avevo capito che la polizia non capisce... non capisce niente! Hanno accusato me di essere il serial killer! E poi quale serial killer? Ma si rende conto, come fanno a tirar fuori simili fesserie?


Beh, era sempre lei a scoprire i cadaveri delle vittime del "killer degli occhi"...

Sì, ma avevo degli alibi e, al di là degli alibi, c'erano un'infinità di dettagli e di caratteristiche che evidentemente rendevano incompatibile me e la figura dell'assassino. Voglio dire, le ricostruzioni degli omicidi fornivano dei profili che non avevano nulla di compatibile con me. Nè era minimamente concepibile che quegli omicidi fossero opera di un'unica mano: a parte gli occhi cavati, non c'era un singolo elemento che li accomunasse!


Lei si limitava a... [La conduttrice è quasi incerta se proseguire la frase] ...a cavare via gli occhi ai cadaveri delle vittime di omicidi non legati tra loro...

Sì. Mi traumatizzava il fatto che io riuscivo a fare prima e meglio della polizia, capivo chi poteva essere l'assassino, capivo le dinamiche, capivo dove poteva essere nascosto il cadavere. E lo trovavo prima di tutti. Poi, però, quelle storie, che dovevano essere le mie storie, mi venivano rubate, finivano nelle mani di tutti. E allora sentivo la necessità che di tutto quello rimanesse qualcosa che fosse mio, solo mio. Giuro che la prima volta mi venne naturale cavare gli occhi della vittima, con le mani, e infilarmeli in bocca...


[La conduttrice controlla con la coda dell'occhio che la telecamera la stia inquadrando, poi le scappa di bocca un'esclamazione angosciata] Mio dio, che orrore!

Poco dopo vomitai, ma quando ritrovai altri cadaveri non potei fare a meno di ripetere di nuovo quel gesto. Era l'alimento del mio giornalismo.


E' davvero sconvolgente il racconto che ci sta offrendo, in questa intervista assolutamente esclusiva. Ma mi dica... che sapore hanno gli occhi?


Little Prince(ss)

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3 commenti:

  1. Oddio per un attimo pensavo di essere diventato matto... Mi chiedevo come mai non sapessi nulla di Ippolito Caldani, dello scoopettone del TG1, del killer degli occhi...

    Quoto la volpe...

    Splendido e terribile.

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  2. Davvero molto forte, forse perchè è verosimile. Conosco giornalisti che per fare carriera farebbero anche di peggio, e in realtà basta leggere i giornali nazionali per costatarlo. Personalmente sono per il diritto di cronaca, per la libertà di stampa, ma non per la cronaca a tutti i costi, ci sono dei limiti, quali il rispetto e la dignità delle vittime, che puntualmente tutti i cronisti violano solo per vendere più copie... questo per me non è giornalismo ma gossip macabro.

    Comunque complimenti per il post, davvero bello anche se inquietante.

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Il grande colibrì