La rivolta egiziana dietro lo schermo di un PC: riflessioni su potenzialità e limiti di internet

Nelle strade del Cairo non ci siamo. Possiamo sapere e vedere solo quello che ci mostrano in tv, che ci raccontano sul web. E a volte viene il dubbio che questo semplice fatto, questa lontananza, questo osservare la realtà da dietro uno schermo possa in sé, senza che dietro ci siano volontà esplicite, deformare il nostro sguardo, mandarlo fuori pista. E allora forse è il caso di farsi qualche domanda, sapendo che ogni risposta sarà difficile perché non siamo nelle strade del Cairo. Anzi, forse è il caso di farsi qualche domanda proprio per capire questo: che ogni risposta sarà difficile e che non siamo nelle strade del Cairo.

I giornali e le tv raccontano di una rivolta partita e gestita attraverso il web. Raccontano di un popolo che continua a riempire di testi e di immagini e di video Facebook, Twitter e migliaia di blog. Di un regime che corre ai ripari bloccando i social network e l'accesso a internet. E qui già le cose si fanno ingarbugliate: se non si può accedere a internet, se non si può scrivere su internet, se non si può leggere da internet, come fanno le masse, per altro già riversatesi per strada, a organizzarsi attraverso internet?

Il sospetto è che, senza cattiva fede, stiamo sopravvalutando il ruolo del web e che questa sopravvalutazione, senza cattiva fede, rischia di farci interpretare in maniera scorretta e inadeguata quello che succede in alcune parti del mondo. Per dirla brutalmente: il sospetto è che, per abitudine e pigrizia, riusciamo a cogliere il senso del fare rete sociale solo nella forma postmoderna del social networking alla Facebook e non in quella antica di un'organizzazione come i Fratelli Musulmani...

Facciamo un passo indietro: in condizioni "normali" solo un quinto degli egiziani (il 21,2%) utilizza internet, con un tasso di penetrazione molto più basso rispetto alla media mondiale [Internet World Stats]. Quei pochi che devono inviare una mail, chattare con il cugino emigrato in Francia o aggiornare un blog il più delle volte si recano in un internet point. Tanti non possono permettersi un semplice telefono cellulare, figurarsi lo smart phone con cui aggiornare in diretta il proprio profilo Facebook: il potere di acquisto di un egiziano è inferiore a un quinto di quello italiano [FMI].

Insomma, già in condizioni "normali" internet in Egitto non è granché usato. Immaginiamoci poi come sia comodo usare l'iPhone o il Blackberry mentre corri per strade in fiamme con il rischio che la polizia ti spari addosso... Immaginiamoci quanto sia possibile farlo sapendo che i quattro maggiori provider internet del paese (Link Egypt, Vodafone-Raya, Telecom Egypt e Etisalat Misr) hanno dovuto sospendere i propri servizi [CBC]. Al momento in Egitto sembra che siano attivi solo piccoli provider locali, che, si stima, riescono a mantenere in piedi appena il 12% della rete egiziana [Forbes].

Noi, ad di qua di questo laghetto un po' cresciuto che a tratti sembra però più largo di un oceano, riceviamo informazioni solo tramite web. E forse - forse: nelle strade del Cairo non ci siamo - siamo erroneamente portati a interpretare il piccolo rivolo di informazioni che giungono, grazie all'eroismo di pochi, attraverso questo mezzo come il corso principale del fiume - e magari è invece solo un rivolo che si allontana dal fiume e che assume significati diversi dal fiume.

Abbiamo forse una visione distorta dal modo e dal mezzo in cui apprendiamo le informazioni. Ed è questo il motivo per cui siamo indotti a fare parallelismi affrettati: le immagini del blindato fermato al Cairo come il video dell'uccisione di Neda Soltani su YouTube, dimenticando ad esempio che l'Iran ha 9 milioni di abitanti in meno dell'Egitto, ma 16 milioni di utenti internet in più, con un tasso di utilizzo del web, nelle aree urbane, a livelli occidentali.

E siamo indotti a dimenticare che quello che non ci spiegava la tv ora ce lo spiega internet, ma che quello che non ci spiega internet non ce lo spiega nessuno. Internet è una benedizione per chi vuole scavalcare i muri di silenzio eretti dai regimi liberticidi, ma non è onnipresente né onnisciente, si affaccia su tanti mondi ma non su tutti, accoglie tante voci ma non tutte, ha più potenzialità della tv ma non meno rischi. E se ci mostra la rivoluzione rosa dello Yemen e le violenze della Costa d'Avorio, noi continuiamo a non vedere. E comunque nelle vere strade del Cairo non ci ha ancora portati...

Little Prince(ss)

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4 commenti:

  1. Concordo pienamente.
    A mio avviso funziona ancora la logica delle TAZ, l'uso di spazi sia virtuali che reali in modo temporaneo e limitato che cambiano e si trasformano.
    Internet è solo uno di questi.
    Personalmente se dovessi trovarmi in una situazione come quella egiziana userei la rete per lo stretto necessario, ma mai e poi mai penserei che twitter o facebook possano essere indispensabili per una insurrezione.
    Mi risulta che finora anche in caso di rivoluzioni se n'era fatto tranquillamente a meno. Perfino.

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  2. Non condivido. Il potere di internet sta nel fatto che quella foto ha fatto il giro del mondo. Inoltre, grazie ad internet tutto il mondo può oggi guardare la diretta di Al jazeera. I giornalisti e fotografi sono lì a testimoniare e ad inviarci materiale. La repressione sarebbe stata tremenda. Ed invece gli USA davanti a questa imponente manifestazione hanno mandato diversi moniti a Mubarak.Internet è l'occhio del mondo. Gli egiziani lo sanno.

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  3. @ anonimo:
    Ok, sul ruolo di Internet nel diffondere le informazioni e quindi anche nel creare deterrenti alla repressione, come giustamente noti tu, non ci sono dubbi. Io ho dubbi sul ruolo di Internet in una fase precedente, e cioè in quella in cui una rivolta nasce e si organizza. E temo che potremmo non capire bene cosa sia la rivolta egiziana se interpretiamo male la sua nascita e la sua organizzazione. Poi, ripeto, i miei sono solo dubbi: le strade del Cairo non le ho mai viste di persona...

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  4. Sono cose su cui è difficile trovare risposte sicure: chi vivrà vedrà...

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