Platone
Divided we stand. Together we fall.
Diventa difficile parlare della guerra. Perchè la guerra, come ogni altra forma di violenza così totalizzante, non ha parole. Non ha suoni. E' solo morte, terrore, angoscia, disperazione. E, cosa terribile, sostenuta attraverso giustificazioni pseudorazionali, interessi. Esisteranno? O vale il semplice assioma homo homini lupus?
Certo è che però occorre parlarne. Non lasciare che un finto buonismo dello stile siamo tutti buoni tutti felici tutti in armonia cada come un sipario sopra i milioni di litri di sangue che si riversano nelle strade di 27 paesi del Mondo. Senza contare i morti gli omicidi le violenze fisiche o sessuali di cui i giornali danno notizia rendendo le persone assuefatte mentre invocano l'indifferenza.
Certamente, in questi giorni si parla della guerra in Georgia. La Russia che non fa rientrare i carri armati, l'Europa che sta li a guardare per paura di un ricatto energetico, Berlusconi che chiama Putin, Frattini che si ostina ad usare la parola Amici. Eppure, il conflitto in Georgia va avanti dall'inizio degli anni 90. Nessuno che abbia mai aperto bocca. Nessuno che si mai intervenuto. La conseguenza, una delle conseguenze, dell'ancora tanto osannato, presso alcune bocche, Impero Urss. Il mondo guarda. I conflitti aumentano. E il Darfur è conosciuto solo perchè ogni tanto la Jolie e Bono lo citano. Ma, ovviamente, meglio parlare del fatto che la Jolie sia l'icona delle lesbiche. E' questa la cosa fondamentale. Non che in Darfur si stia commettendo un genocidio ai danni di tre popolazioni in campi di concentramento.
Le notizie che arrivano si susseguono ad un intervallo sempre più rarefatto. Non si ha nemmeno il tempo di recepire quello che sta accadendo. Dell'inferno che si crea. Si scorre la notizia come bere un caffé, come si scorrerà questo post. Quello che rimarrà, se rimarrà qualcosa, sarà cosa? Una sequenza di parole? I 23 morti in Pakistan? O i 42 in Algeria? Con così tanti numeri c'è da rimanere pazzi a pensare e vivere tutto questo orrore. Che non è nulla di più se non il nostro. Quello che creiamo. Che non è solo odio, e che non si può risolvere sempre e solo con la magica parolina jolly Diritti. Poichè a volte non c'è più parola pericolosa di questa, perchè la si può portare ai suoi livelli più estremi, facendola diventare una giustificazione.
E viene in effetti un sentimento simile alla rabbia il pensiero che ci possano essere ancora ideologie che basano gran parte della loro "politica" sulla violenza. Non solo la scontata destra, ma anche una certa sinistra, che crede ancora nella Rivoluzione (come se non si imparasse dal passato), o che prende posizioni troppo nette quando discute di certi conflitti, o che scambia la figurina di Stalin con quella di Che Guevara (raccolta di figurine del Manifesto di un paio di anni fa).
Intanto, la fuori le persone muoiono, vengono torturate, stuprate. Non importa di quale schieramento. Non c'è morte più giusta. Solo i maiali possono essere più uguali degli altri.
Milesmood
...condivido in pieno ciò che scrivi...e penso che alla base del sistema ignoranza-indifferenza-violenza libera d'agire, ci sia il sonno delel coscienze...per questo lotto con associazioni e persone affinchè la gente ricominci a considerare se stessa e gli altri come piccoli meccanismi di altri più grandi, anzichè considerarsi un piccolo fortino da difendere nell'ottusa sorda stupidità moderna...
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