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"The way I see things" (che potremmo tradurre come "Il mio punto di vista sulle cose"), regia di Brian Pera, racconta le vicende di un ragazzo gay, Otto (interpretato dallo stesso Pera), che, dopo la morte del compagno Jody (Jonathan Ashford), rifiuta il fatto che "le cose devono andare avanti": si chiude in casa, si chiude in sé stesso, rifiuta l'aiuto dell'analista. Il migliore amico - o forse il "fantasma" - di Jody, Rob (ancora Ashford), decide allora di portarlo a fare un viaggio.
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La storia è tratta da un romanzo dello stesso Brian Pera, scritto per affrontare il dolore della morte, nel giro di pochi mesi, di entrambe le nonne, di uno zio e di due amici intimi. L'anno scorso Pera ha trasformato il proprio libro in questo film, di cui è non solo regista, sceneggiatore ed attore protagonista, ma anche produttore e designer del suono. Senza dimenticare che Pera si è occupato anche del montaggio... Insomma, si tratta un film molto più personale di quello che il titolo già indurrebbe pensare.
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Insomma, "The way I see things" fa esattamente l'opposto di quello che l'arte dovrebbe fare: prende un'idea e la impacchetta in mille inutili veli, mentre l'arte dovrebbe svelare, dovrebbe con ogni immagine raccontare cento idee, dare cento suggestioni, provocare cento sentimenti. O far aprire gli occhi su una realtà, anche una sola realtà, ma una realtà nuova, capace di abbagliare lo spettatore. E invece qui più che abbagliare si sbadiglia...
Little Prince(ss)
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