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Quelli che giungono da noi sono quasi sempre solo i frammenti di un vita. O di una morte. Vite e morti di gente partita da lontano, fuggita dall'inferno della guerra, della persecuzione o di una miseria così nera da farci capire che davvero il nero è assenza totale di luce. Gente che proprio quando apparve una montagna, bruna per la distanza, proprio quando apparve all'orizzonte il purgatorio italiano, si è trovata costretta a precipitare nell'inferno ancora più profondo, più oscuro, più buio - più nero - dei lager della Libia del "caro amico Muammar" Gheddafi.
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Poi qualche eccezione esiste. Come quella degli oltre 200 profughi eritrei in Libia. Alcune associazioni sono riuscite a individuarli e noi, tutti noi, siamo riusciti a trasformarli da migranti a migratori. NoirPink - modello Pandemonium e Gruppo EveryOne hanno lanciato una campagna, l'amico Riccardo Tromba ha trasformato la lettera in un file che può essere completato e stampato in pochissimo tempo, tante persone e tanti blog hanno diffuso l'appello, un fiume - forse, per i feticisti dei grandissimi numeri, un fiumiciattolo, ma un fiumiciattolo testardo - di mail e di lettere è arrivato alle istituzioni internazionali ed europee.
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Facciamo allora il punto sulla campagna per i profughi eritrei in Libia con Roberto Malini, fondatore e co-presidente di Gruppo EveryOne, che ritroveremo nei prossimi giorni per raccontare altre storie in cui i protagonisti, anche se a prima vista non sembra, siamo anche noi.
* * *
Come sta procedendo la campagna che abbiamo lanciato pochi giorni fa per salvare i profughi eritrei in Libia?
La campagna ha sollecitato l'intervento dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui Diritti Umani dei Migranti, Jorge Bustamante, che ha deciso di occuparsi del caso.
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Sì, perché questo significa che, per la prima volta da quando sono fuggiti dalla crisi umanitaria in Eritrea, i profughi eritrei non si trovano più in stato di abbandono. Nel periodo durante il quale le Nazioni Unite esamineranno la loro situazione umanitaria e giuridica alla luce della Convenzione di Ginevra e delle leggi internazionali che proteggono i migranti nel mondo, il rischio di deportazione dovrebbe risultare minimo.
Insomma, mandare e-mail e lettere è stato e continua ad essere tutt'altro che inutile!
Le lettere pervenute alle istituzioni Ue avranno un ruolo fondamentale, nel prossimo futuro: speriamo che siano tante. Dobbiamo continuare a vigilare, in attesa della risposta europea, ed essere pronti ad attivare nuove campagne, per evitare che si affermino teoremi capaci di mascherare la xenofobia dietro il paravento di opportunità nazionali e continentali.
Scampato pericolo, insomma?
L'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, che è in stretto contatto con i profughi detenuti in Libia, non ci ha comunicato pericoli imminenti. Ma c'è un grave problema, a questo punto, e cioè il rifiuto da parte dell'Italia di riconoscere ai profughi il loro diritto alla protezione umanitaria sul suolo del nostro paese. E' importante, ora, che l'Onu eserciti la massima pressione sull'Unione europea affinché ai profughi sia accordato asilo e sia realizzato un piano di accoglienza e reinsediamento distribuito in più stati membri Ue.
Little Prince(ss)
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