Le rivolte di via Padova: quando la complessità dell'immigrazione è trasformata in problema

I problemi non esistono: vi sono situazioni più o meno complicate che possono essere affrontate con più o meno decisione e volontà di risolverle. Tuttavia, il persistere a voler vedere problematicità di fronte a complicatezza non fa altro che aumentare la difficoltà. La differenza non è tanto sottile.

Un problema richiede di ri-analizzare la situazione in modo tale da renderla comprensibile, si frappone alla soluzione di un compito ostacolandolo non con complessità ma con confusione: un problema nasce con la psicologia, non con i dati di realtà, ed ostacola il raggiungimento di una soluzione ponendola sopra una vetta irraggiungibile.

Una situazione complessa necessita comunque di una soluzione ma, al contrario, non ha bisogno di una nuova comprensione perché gli elementi che la caratterizzano, anche se sparsi, non presentano confusione: gli elementi seguono comunque una strategia, anche se non in modo lineare e sempre imprevedibile, ed è questa la soluzione da trovare.

Queste basi della teoria sistemica e della teoria del caos possono adattarsi a qualunque campo: dall’economia alla sociologia, dalla medicina all’informatica e, perché no, anche alla politica.

Ormai è abbastanza chiaro che in Italia e, soprattutto a Milano, l’immigrazione è più un problema che una situazione complessa. Si è volutamente scelto di vederla in questi termini, posticipando una qualche soluzione, perché in questo modo è più semplice da sbattere in faccia alla fauna inferocita pronta ad assimilare qualunque entità a lei non congeniale come causa principale di tutti i suoi malesseri.

Gli esempi non si contano più e diventa anche frustrante elencarli tutti ancora una volta. L’ennesima volta. Tutti i vari segnali d’allarme hanno suonato a vuoto, così che ora ci si trova tra le mani qualcosa di totalmente ingestibile da persone che, oltre a reggere le “politiche” d’immigrazione da quando è iniziata, riescono a vomitare permessi di soggiorno a punti come le patenti.

Le rivolte di via Padova a Milano di sabato sera tra comunità latina e nordafricana nate dopo l’omicidio di un giovane egiziano non sono né un punto di arrivo né di partenza; non è nemmeno qualcosa in secondo piano rispetto a Ciancimino o ai casini di Bertolaso o della Protezione civile presi come pretesti per dire sempre le solite trite ritrite cose su quanto faccia schifo un sistema e certe persone in particolare. Lo si è capito, ma basta scoreggiare parole.

Queste rivolte, come quella della comunità cinese di via Farini sempre a Milano e quelle di Rosarno, non sono poi diverse da quelle delle banliues francesi del 2005 che hanno monopolizzato l’attenzione anche dell’Unione Europea, poiché non c’entra né la gravità dei danni né il numero di morti, quanto la motivazione che vi è sotto.

Le motivazioni in Italia per quanto riguarda l’immigrazione sono tante, la maggior parte delle quali è compresa nell’elenco di quelle non molto pubblicizzate perché considerate di piccolo taglio. Che poi siano queste quelle più quotidiane e, quindi, più a rischio di non sopportazione è altro discorso.

Così si può continuare a decidere come vedere questa situazione. E’ una scelta, che riflette poi le priorità di ognuno. Speriamo sia una di Ciancimino: altrimenti come farà l’Itaglia ad accorgersene?

Milesmood

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