Matrimoni gay e dittatura della maggioranza: quando si vota sui diritti umani

L'Arizona, la Florida e persino la California hanno detto no alle nozze tra persone dello stesso sesso. O, meglio, hanno votato sì alla loro proibizione nelle carte costituzionali. E questo è un dato da analizzare con attenzione, vista anche la concomitante apertura al nuovo e all'eguaglianza che si è avuta con l'elezione di Barack Obama.

Ma una questione va affrontata con ancor più attenzione, perché è una questione che scava alle radici della concezione moderna di democrazia e di diritto: avevano senso e legittimità quei referendum?

In Italia, ad esempio, quei referendum non sarebbero stati possibili (nel caso in cui a qualcuno fosse saltato in mente di istituire i matrimoni gay, ovviamente). La Corte Costituzionale ha sottolineato con forza come la prima parte della Costituzione (quella che contiene i diritti riconosciuti e garantiti dalla Repubblica) non possa essere modificata in senso restrittivo, cioè riducendo garanzie e applicabilità dei diritti.

E la cosa è assolutamente sensata: come appunto recita la nostra Costituzione, in linea con il giusnaturalismo di tutte le democrazie moderne, la Repubblica si limita a riconoscere e garantire i diritti della persona, in quanto essi pre-esistono alla Costituzione stessa (questo il senso di "riconoscere") e in quanto la Repubblica ha il dovere di salvaguardarli (questo il senso di "garantire"): non è la Costituzione a creare i diritti e, quindi, neppure la Costituzione può revocarli.

I diritti della persona (o diritti umani) vengono generalmente definiti come:
  • fondamentali, in quanto corrispondono ai bisogni vitali della persona, sia a livello materiale che a livello morale, psicologico e spirituale;
  • universali, in quanto appartengono a ogni essere umano per il solo fatto di essere tale, senza che qualsiasi altro fattore possa incidere in senso negativo o positivo;
  • inviolabili, in quanto nessuno può privare di tali diritti altri individui, né direttamente né indirettamente;
  • indisponibili, in quanto nessuno vi può rinunciare, neppure volontariamente.

Quindi, i diritti umani, in teoria (ahimè), non potrebbero essere violati neppure da parte degli Stati, delle organizzazioni internazionali o di qualsiasi collettività. Nei tre referendum americani, invece, una collettività ha privato tutti i concittadini di un loro diritto, quello di sposarsi con persone del proprio stesso sesso.

"Sì, ma lo ha fatto con un voto democratico". E invece no: democrazia è governo del popolo, non dittatura della maggioranza. E la differenza tra le due cose sta tutta lì: il governo del popolo decide a maggioranza nel rispetto dei diritti di tutti, mentre nella dittatura della maggioranza "i più" si impongono sulle minoranze, calpestandone i diritti. In altre parole, in democrazia, la decisione a maggioranza è un metodo per governare e non il fine del governare.

Per questo i diritti umani non possono essere sottoposti ai desideri delle maggioranze, al gioco della conta e dell'inciucio partitico, ai referendum, ai sondaggi d'opinione: quanto sia nefasta l'idea di rendere i diritti disponibili alle scelte maggioritarie lo hanno dimostrato le dittature ed i totalitarismi che - mentre muovono le masse - uccidono, torturano, affamano, censurano, discriminano...

E' solo teoria? Forse. Ciò non toglie che qualsiasi pratica differente da questa teoria sia una pratica antidemocratica.

C'è poi la grande difficoltà a riconoscere il diritto a sposarsi tra persone dello stesso sesso come un diritto umano. Ma questa è una fesseria: da una parte, i diritti umani e il concetto di democrazia non esistono neppure senza il principio di eguaglianza, dall'altra proprio il diritto al matrimonio è senza dubbio annoverabile tra i diritti umani.

Ad esempio, il "diritto di sposarsi e di fondare una famiglia" è riconosciuto dall'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, firmata a Parigi nel 1948, e dall'articolo 9 della Carta europea dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza nel 1997. Mentre in nessun articolo viene affermato che tale diritto o qualsiasi altro diritto non debba essere attribuito alle persone omosessuali e bisessuali...

"Sì, ma le nozze gay sono contro natura". Se usiamo il termine "natura" in senso biologico, questa è una gran fesseria, come ampiamente dimostrato. Se invece usiamo il termine "natura" in senso filosofico o religioso, è il caso di ricordarsi che la democrazia rispetta le scelte etiche di tutti, ma non può far propria l'etica filosofica o religiosa di nessuno, neppure della maggioranza. L'unica etica della democrazia è l'etica dei diritti umani.

"Sì, ma per matrimonio si è sempre inteso il matrimonio tra un uomo e una donna!". A parte che anche questa affermazione è alquanto opinabile, ma vogliamo forse ricordare che fino a non molti anni fa non si concepiva neppure il matrimonio tra persone di diversa etnia?

Ognuno è libero di guardare male, disprezzare o odiare chi vuole, omosessuali e bisessuali compresi. Ognuno è libero di ritenere che due donne o due uomini non dovrebbero sposarsi, che è uno schifo, un'indecenza, un peccato. Ma questi devono rimanere sentimenti privati. Non sono temi sottoponibili all'opinione della maggioranza. Almeno non in democrazia.

Little Prince(ss)

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9 commenti:

  1. E'pur vero che se a uno piace darlo via lo può benissimo fare privatamente senza istituzionalizzare l'introductio ad culum.

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  2. Ma adesso faranno automaticamente divorziare tutte le coppie gay già sposate?
    Come ho già avuto modo di dire, è un referendum ridicolo più del risultato ottenuto

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  3. Hai perfettamente ragione. Ma cos'è un diritto umano? Quando lo diventa, e come?

    Innanzitutto la legge italiana non dice che esiste un diritto universale a sposarsi. Fissa bene chi non può. Non possiamo mica sposarci dei parenti. Un conservatore può aggiungerti che questo principio di discriminazione, potrebbe benissimo estendersi a persone dello stesso sesso.

    Inoltre, la maggior parte delle costituzioni, tra cui la nostra, non include l'orientamento sessuale tra i principi fondamentali.

    E sei così sicuro che anche la nostra costituzione sia così forte? Pensiamo all'aborto e al divorzio. Alcuni possono sostenere estensivamente che il primo ha a che fare "con il diritto alla salute della donna, psicofisica". Il divorzio, con la libertà individuale. Eppure, non sono stati diritti garantiti dalle corti, in Italia, ma dal parlamento.

    Sono diventati accettati una volta per tutte solo dopo che i referendum hanno mostrato che una maggioranza era a favore.

    La storia è andata diversamente in America, dove la questione dell'aborto, introdotto dalle corti, continua ad andare avanti dopo 30 anni da Roe vs Wade.

    E' questo che vogliamo per i matrimoni gay in america? Una diatriba infinita? O forse è auspicabile fare come in Europa e Canada, dove questi diritti sono arrivati dal parlamento, e non dalle corti.

    Dobbiamo accettare che la nostra battaglia deve per cambiare le mentalità della maggioranza, e non il parere di qualche giudice. Altrimenti, avremo il matrimonio (come in MA, CT) ma anche lo stigma e la discriminazione dei più.

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  4. Gentile e raffinatissimo anonimo (quando si dice il coraggio delle proprie idee, eh?),
    è altrettanto vero che anche per l'introductio ad figam non serve alcuna istituzionalizzazione né autorizzazione su carta bollata, non le pare?

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  5. Sono veramente stufa di queste ingiustizie... Io non sono gay, ma voglio anche io il diritto di sposarmi con una persona del mio stesso sesso, se mai dovessi cambiare gusti!
    Non credo che scelte così personali debbano essere bloccate da una masnada di imbecilli che si arrogano il diritto di decidere della mia vita privata.
    Forza gente libera, diamoci da fare, è ora di mandare a quel paese tutti questi bigotti!!!

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  6. @ F,
    in realtà anche la nostra Costituzione comprende l'orientamento sessuale, secondo alcuni nel termine "sesso", da leggere in senso estensivo (ma, dall'analisi dell'attività dell'Assemblea Costituente e in particolare della proposta della socialista Merlin di esplicitare l'eguaglianza basata sul sesso, mi sembra una lettura forzata), secondo altri nell'espressione "condizione personale", che comprende indubbiamente anche l'orientamento sessuale.

    Dunque, anche le persone omosessuali e bisessuali sono tutelate nella propria interezza, anche nel proprio orientamento sessuale e nelle altre condizioni personali.

    Inoltre, il diritto a sposarsi non lede in alcun modo diritti altrui, neppure nella visione più arzigogolata delle cose. Dunque, non esiste neppure un'ipotesi di conflitto tra diritti diversi.

    Comunque, il senso del post non è cercare di arrivare a ottenere un diritto in un modo o in un altro, ma è evidenziare come in democrazia il riconoscimento di un diritto non può essere sottoposto ai voleri di alcuna maggioranza, né popolare né parlamentare. Il giudizio negativo su un diritto può avere carattere personale, ma non ha cittadinanza a livello pubblico.

    Naturalmente, a livello pratico, tutto questo potrà realizzarsi solo quando le regole basi della democrazia, rispetto dei diritti umani in primis, saranno chiare a tutti.

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  7. Noirpink se permetti vorrei ricordare ad F. questo

    Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

    Dal Trattatoo di Amsterdam del 2 ottobre 1997, ratificato dal Parlamento Italiano con la legge n°209 del 16 GIUGNO 1998.

    Nonostante questo, attualmente il passo rimane inatteso. Come anche altre norme dei trattati europei, però alcune le ha sbloccate recentemente la Cassazione.



    In più è chiaro che appoggio il tuo discorso pefettamente sensato. I referendum popolari rischiano di ledere le minoranze di persone che invece vanno tutelate, si deve partire però dal parlamento.

    Cordiali Saluti

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  8. @ Area:
    Grazie per il tuo commento.

    Se guardiamo all'ambito Ue, possiamo citare la ancor più pregnante Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, in particolare:

    * Articolo 20 - Uguaglianza davanti alla legge - Tutte le persone sono uguali davanti alla legge.
    * Articolo 21, comma 1 - Non discriminazione - È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
    * e infine: Articolo 9 - Diritto di sposarsi e di costituire una famiglia - Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio.

    Si faccia attenzione all'art. 9, che non dice: "Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti a tutti, fatte salve le limitazioni imposte dalle leggi nazionali", ma recita: "(...) sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio". Insomma, per il diritto comunitario questo diritto esiste e deve essere garantito (come in tutti i testi legislativi, il linguaggio ha carattere non descrittivo, ma prescrittivo): si tratta di una sorta di riserva di legge, se volgiamo. E' affidata alle leggi nazionali (per la particolare ripartizione del potere legislativo dell'Unione) la legislazione non sul riconoscimento o meno del diritto, ma solo sul suo esercizio. Non a caso, infatti, più volte l'Italia è stata richiamata per inadempienza.

    Di fronte a tutto questo, possiamo tranquillamente dire che ci troviamo di fronte, in Italia come in altri paesi, a un Parlamento che viola insieme Costituzione, Trattati comunitari e diritti umani. Sembra assurdo, ma purtroppo non lo è: il Parlamento italiano agisce nell'illegalità.

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Il grande colibrì