2200 anni di solitudine: essere ebrei in Italia, tra battaglia delle idee e attacchi all'identità

"Sono ancora guardata come un'ospite in questa terra in cui sono nata e in cui sono cresciuta, in cui ho adempiuto ai miei doveri come una cittadina e al cui sviluppo ho davvero contribuito? Devo camminare a testa china? Sono candidata per essere minacciata? E dovrei accettare questa situazione?".

Sono queste le domande che si pone la psicologa Leyla Navaro nel suo articolo "Essere un ebreo in Turchia: 500 anni di solitudine" sul quotidiano turco indipendente Radikal, che tante reazioni sta provocando ad Ankara (Hurriyet). Sarebbe il caso di chiedersi anche cosa significhi essere un ebreo in Italia.

Sì, è vero, la guerra in Medio Oriente ha suscitato enorme e giustificato sdegno. Ed è vero che l'attacco israeliano è stato del tutto sproporzionato, tanto è vero che il governo sta cercando di correre ai ripari per proteggere gli ufficiali del suo esercito dall'accusa di crimini di guerra (The Jerusalem Post). Ma cosa c'entra questo con gli ebrei italiani?

In altre parole, gli ebrei italiani sono responsabili delle politiche intraprese dal governo dello Stato di cui sono cittadini o dal governo dello Stato in cui il loro gruppo etnico è maggioritario? E in fondo, gli ebrei italiani sono cittadini italiani o israeliani? Mutatis mutandis, sulla faccenda dell'estradizione di Cesare Battisti devo chiedere conto al mio amico nato a São Paulo e adottato da una coppia italiana? Sarkozy è un infiltrato all'Eliseo del governo ungherese e Obama è la quinta colonna del Kenya alla Casa Bianca?

"Eh sì, ma - mi si dirà - gli ebrei italiani hanno espresso il loro appoggio all'azione del governo israeliano!". A parte il fatto che mi vien sempre da ridere quando si propongono frasi come questa (mi ricordano tanto amenità del tipo: "I cinesi sono intelligenti", "I neri ce l'hanno lungo" o "I rom sono culturalmente dei ladri"), ma prendiamo per buona l'idea che la maggioranza degli ebrei italiani (cosa diversa da "gli ebrei italiani" o da "la comunità ebraica italiana") si sia schierata a favore della guerra israeliana.

Bene, la stessa cosa hanno fatto, in ordine sparso: il governo, Marco Travaglio, il PD, la panettiera sotto casa, la maggioranza degli opinionisti, la casalinga di Voghera e anche quella di Canicattì... Posizioni criticabili, come qualsiasi posizione è criticabile in una democrazia. E infatti queste posizioni le si è criticate, in una battaglia di idee.

Con gli ebrei italiani, però, le cose funzionano diversamente. La battaglia non è più sulle idee. Si attacca l'identità ebraica e i suoi simboli (la kippah o la menorah), si attacca la sua storia, soprattutto il periodo tragico della Shoah. E non parlo solo del negazionismo, con la ri-riscoperta dei "Protocolli dei Savi di Sion", ma anche dell'ancor più ridicolo "ridimensionamentismo": "Sull'Olocausto: Forse non si sa ma chi lo ha subito maggiormente, diversamente da quello che hanno cercato di 'vendere' da buoni commercianti, non sono stati gli ebrei mai gli zingari. Non come numero, ma in rapporto alla popolazione esistente la percentuale di zingari finiti nei forni è nettamente superiore a quella degli ebrei" si è potuto leggere in giro. Lungi da me sminuire il dramma del Porajmos, ma cosa cosa si vuole dimostrare? Che in fondo questi "buoni mercanti", magari con il naso adunco, non sono stati abbastanza vittime per avere il diritto di lamentarsi della Shoah o di avere uno Stato in cui vivere. Non sono stati abbastanza vittime...

Lasciamo da parte un momento la parola "antisemitismo", che è stata sin troppo abusata ultimamente, usandola come un'arma impropria nel dibattito pubblico (per il blog "Liberali per Israele" siamo antisemiti anche noi e persino l'articolo "Non abbiate paura di Eurabia" di Angiolo Bandinelli). Chiediamoci solo se, dopo 2200 anni, gli ebrei sono cittadini italiani o sono ancora solo degli ospiti. E, per favore, diamoci una risposta.

Little Prince(ss)

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4 commenti:

  1. bene, mi trovo quasi completamente d'accordo: avrei citato anche l'accusa del sangue!

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  2. approposito, si avvicina la giornata della memoria.
    e nel frattempo neghiamo la memoria agli ebrei, per gli zingari. ma anche agli zingari, che in fondo rubano sono sporchi, puzzano, mendicano. ai testimoni di geova, insomma danno fastidio. degli omosessuali non ne parliamo, che qualcuno in italia senza vergogna dice ancor oggi che tutto sommato non fu una cosa sbagliato, tra l'altro qualcuno anche dei gruppi perseguitati citati in questo stesso commento.
    insomma, ricordiamo, ma non tutti per carità, alcuni sono più meritoveli del nostro ricordo rispetto ad altri.
    la lucida amministrazione del mio comune ad esempio ha deciso di ricordare i gulag. solo i gulag. in fondo il nazismo e il fascismo hanno fatto "meno vittime", quindi loro possiamo anche finire dimenticate. nella giornata della memoria.

    sarò stupido io che non voglio dimenticare nessun perseguitato, nessuno dimenticato, e purtroppo non ho abbastanza parole, abbastanza conoscenza, abbastanza capacità per ricordare tutti i perseguitati, tutti i genocidi del passato e del presente. ma almeno vorrei ricordare tutti, per non dimenticare nessuno.
    perché non succeda più a nessuno.

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  3. si si proprio così, chiagne e fotte

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Il grande colibrì