Ma è un orgoglio che con la "mera omosessualità" ha ben poco a che fare. E' l'orgoglio di saper ascoltare e rispettare i desideri della propria mente ed i bisogni del proprio corpo. E' l'orgoglio non di vivere fuori dagli schemi, ma di saper vivere dentro i propri schemi. E' l'orgoglio di rispettare se stessi e anche i propri limiti, perché solo in questo modo può nascere un rispetto sincero e totale nei confronti degli altri e anche dei loro limiti.
E' in questo sentimento di appartenenza a se stessi ancor prima che a un gruppo, a un popolo, ad una comunità, è in questa dimensione "individualistica" che, con un paradosso solo apparente, è l'unica vera e totale apertura verso gli altri, è in questa occasione per esprimere tutti insieme la propria personale libertà - e non per percorrere ipotetici e fumosi processi di liberazione preimpostati dai teorici della libertà - che sta il segreto del Pride, la sua inimitabile unicità.
Unicità che non tutti, neppure tra i manifestanti, sanno cogliere. C'è chi viene con la compostezza rigida delle marce di partito o di sindacato, confuso dalle bandiere sotto cui cammina; chi sceglie la giacca e cravatta per manifestare l'orgoglio incomprensibile di appartenere allo schermo piatto della normalità prima ancora che a se stesso; chi scambia il Pride per un Tdor in versione gay ("Sono qui per le vittime dell'omofobia") e invoca "abbigliamenti (e accessori!) tali da non distrarre i giornalisti dal messaggio principale" (sic), come ha scelto di fare l'associazione milanese Milk...
E c'è persino chi, come Alessio De Giorgi, padrone del sito di informazione (?) glbt Gay.it, prima vomita veleno sul Pride genovese e poi cerca di sfruttarlo commercialmente, mandando i suoi fustacchioni in mutande a distribuire le pubblicità del Mama Mia, locale omosex di sua proprietà...
Ognuno è ovviamente libero di vivere il Pride come vuole - ma non di sfruttarlo - e non mi sto affatto lamentando delle scelte di nessuno, se non di De Giorgi. Dico solo che forse per loro è un'occasione mancata. E' molto più divertente e rivoluzionario manifestare contro l'omofobia e la xenofobia con balli e vestiti che esaltano la sensualità del proprio corpo, come ha fatto un'associazione di trans extracomunitarie.
O squarciare, come ha fatto il CIG di Milano, un enorme spettro di carta velina per liberare i palloncini che lo imbottivano. E guardare quei globi colorati alzarsi verso il cielo e pensare che è vero, noi iraniani, diversamente abili, genovesi, trans, anziani, cinesi, danesi, gay, bambini, lesbiche, eterosessuali, rom "non siamo fantasmi, ma pallocini colorati". E non abbiamo bisogno del permesso di nessuno per volare. Perché stiamo già volando.
Little Prince(ss)
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bellissima la frase "non abbiamo bisogno del permesso di nessuno per volare. Perché stiamo già volando"
RispondiEliminaSe vuoi citare, cita tutta la frase.
RispondiElimina[...]Chiediamo quindi ai soci ed amici che desiderano aiutarci nel portare cartelli (già pronti e preparati dalle amorevoli mani delle nostre Milkarelle) ecc. di scegliere abbigliamenti (e accessori!) tali da non distrarre i giornalisti dal messaggio principale.[...]
Si invitava ad un abbigliamento che non distraesse dal messaggio principale le persone che volevano contribuire a veicolare il messaggio che il Milk portava al pride. Il messaggio era: siamo qui anche per chi non ci può essere (perchè ammazzato, perchè perseguitato etc).
Marco (di Milk milano, ma che non era al pride)
@ Marco:
RispondiEliminaMi sembra che messaggio e modalità, ricalcate su quelle del Tdor, scelti da Milk siano stati riportati in modo completo nel post.
La domanda è: al Pride il messaggio principale siamo noi o i nostri cartelloni? E una persona può diventare una "distrazione" dal messaggio che porta?
Secondo me le scelte di Milk sono un po' paradossali in una manifestazione come il Pride. Opinioni personali, ovviamente.
Wow! Grazie! Ho sempre voluto scrivere nel mio sito qualcosa di simile. Posso prendere parte del tuo post sul mio blog?
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