"In Campania si è coperto il vero disastro". Viaggio con Nunzia Lombardi nel mondo delle ecomafie campane (2° parte)


Dove eravamo rimasti:
Introduzione alle ecomafie

2° parte

Nunzia Lombardi, Presidente del Comitato per la tutela del diritto alla salute, si occupa dal 2005 di diffondere il più possibile notizie, informazioni e cifre che riguardano l'azione della camorra nella sua terra. Assieme ad un gruppo di cittadini, ha iniziato a tessere le fila di un'attività che dagli anni 70 cerca il guadagno illegale attraverso lo sversamento di rifiuti tossici nelle campagne campane.

Questo è il seguito dell'intervista:

Quali sono le condizioni dei terreni della tua zona?

Noi qui abbiamo un altissimo tasso di PCB nei terreni o di diossina e altre sostanze altamente tossiche che non possono derivare da attività industriali del posto, poiché non abbiamo attività industriali che producono questo tipo di scarti. O almeno, non le abbiamo ufficialmente. Quindi questi rifiuti sono arrivati necessariamente da attività esterne e sono state scaricate qui. La cosa interessante è che tutto questo sistema si manteneva in piedi grazie ad una imprenditoria locale che, assieme ad imprenditorie fuori regione, permetteva lo smistamento di questi rifiuti. La tecnica che qui è abbastanza nota anche alla magistratura è la cosiddetta giro di bolla.
Ossia, i rifiuti partono dal Nord, con ognuno avente un codice CER in cui si registra la tossicità del rifiuto e la categoria cui appartiene. I rifiuti partono dalla fonte con il loro codice originale. Dopodichè, attraverso solo passaggi formali, si permette di modificare il codice CER dei rifiuti, mentre questi prosegueno il loro viaggio verso il Sud. Arrivati in Campania si arriva a degli stabilimenti della zona che dovrebbero in qualche modo stoccarli, e invece questi li spandono sui campi. Ci sono inchieste ancora in corso che dimostrano che molti di questi rifiuti, provenienti da Porto Marghera e da altre zone abbastanza inquietanti per la tossicità, sono stati spalmati e venduti ai contadini come concime, come compost. Sono stati quindi letteralmente diffusi sui campi agricoli all’insaputa dei contadini o comunque con buona dose di omertà da parte di questi. In tutto questo c’entra sicuramente una imprenditoria corrotta sul territorio, una classe politica che sicuramente ha chiuso gli occhi, se vogliamo essere buoni, i colletti bianchi o comunque i dirigenti pubblici e degli uffici di controllo: mi riferisco all’Arpac, ai carabinieri, all’Asl. Ovviamente parliamo di qualche persona, non di tutti. Quindi si mette in moto tutto un meccanismo che sicuramente vede la camorra come ultimo braccio della catena. Tuttavia, da altre inchieste della magistratura, come l’Inchiesta Adelphi, è emerso che la massoneria ha avuto un ruolo importante proprio come regia di tutto questo disastro.

Tu hai descritto bene tutto questo sistema corrotto che lega Pubblica amministrazione, enti tecnici e camorra. Dal’altro lato c’è anche tutta la questione che lega la Fibe Impregilo con la faccenda del commissariamento e dell’emergenza rifiuti. Come questi due meccanismi paralleli hanno portato a questo disastro?

La questione quale è stata. Entrambe le situazioni, entrambe le emergenze poggiano sullo stesso strato sociale, culturale, politico e amministrativo. Cioè, la classe politica è la stessa, i colletti bianchi sono gli stessi, il substrato sociale e culturale della popolazione è lo stesso. Quindi stiamo parlando di una situazione che è comunque povera per quanto riguarda l’impegno e la partecipazione civile. Noi qui abbiamo un concetto dell’elezione come di un favore che noi facciamo all’eletto, non come un servizio che l’eletto fa alla cittadinanza. Questo la dice lunga rispetto al patto di fiducia con l’amministratore. La questione quale è stata: che l’emergenza rifiuti si è appoggiata sulla questione del disastro ambientale che già era in essere. Perché l’emergenza è iniziata nel 94 quando la questione del disastro ambientale era già presente. Ed era cominciata proprio perché il prefetto dichiarò allora che le discariche in Campania erano totalmente gestite dalla camorra. Allora furono chiuse le discariche e si trovò una situazione alternativa alla risoluzione del problema dei rifiuti solidi urbani. Su questo c’è un atto importante della DDA di Napoli del 2005, in cui si dice che la camorra aveva il controllo totale della gestione dei rifiuti solidi urbani in Campania. Inoltre, veniva portata avanti anche un’ipotesi secondo cui il clan dei Casalesi controllava anche le bonifiche del territorio. L’emergenza rifiuti si è quindi appoggiata sulla questione del disastro ambientale, sovrapponendo la questione dei RSU a quella dei rifiuti tossici. Mi spiego meglio facendo un esempio abbastanza preciso: la discarica di Lo Uttaro di Caserta. Li c’era una ex cava abbandonata già censita dalla Regione Campania come sito da bonificare perché appunto era stata riempita di rifiuti tossici. Era già oggetto di bonifiche. Il commissario per l’emergenza rifiuti Bertolaso individuò questa discarica come luogo che poteva accogliere la frazione organica stabilizzata del materiale proveniente dall’emergenza rifiuti, ossia dagli impianti CDR della Regione Campania. Quindi ha letteralmente coperto i rifiuti tossici che erano nella cava, mascherando le prove di un delitto. La questione dell’emergenza rifiuti, a mio parere ma anche secondo molti altri della Corte di Assise di Palazzo Marigliano e di altri esponenti napoletani, è stata creata per mascherare anche a livello mediatico il vero disastro. Per evitare che il vero disastro venisse fuori. E per creare confusione su questo tema.

Però come è adesso la situazione? Si è davvero risolta?

Allora la situazione è questa, cioè che l’inceneritore di Acerra ancora non è partito. Questa è una cosa da sottolineare tre volte. Perché nonostante il 26 marzo il premier sia venuto qui, abbia premuto il grande pulsante rosso e abbia messo in moto l’inceneritore, ancora ad oggi l’inceneritore non è in funzione. È stata solo una prova tecnica da quello che ci dicono le fonti ufficiali. Ci sono ancora le prove tecniche al collaudo che se tutto andrà bene finirà entro dicembre. Quindi questo è il primo dato, l’inceneritore ancora non è partito. Nulla è cambiato rispetto a prima. Semplicemente adesso c’è la volontà di far ridurre il clamore su questa vicenda, e quindi di tenere tutto sotto controllo. Per questo i nostri sospetti che questa vicenda sia stata creata ad arte per estorcere altri fondi alle amministrazioni pubbliche a noi sembra sempre più fondata.

Il ruolo dell’esercito che è stato molto enfatizzato dalla stampa voi cittadini come lo avete percepito?

Come una espropriazione propria. Noi non possiamo avvicinarci, noi non possiamo riprendere, non possiamo controllare direttamente tutto quello che accade direttamente negli impianti. Tutto è relegato all’esercito. Cosa che se da una parte può essere una garanzia in più rispetto a quello che accade, dall’altra ci chiediamo perché questi uomini devono stare a sorvegliare gli impianti e perché invece la stessa task force non si imponga sulle nostre campagne, dove il disastro si sta attuando veramente. È questo ciò che non riusciamo a spiegarci. Perché c’è tanta attenzione su questa faccenda dell’emergenza ma non sulla questione dei rifiuti tossici. Dove il disastro c’è stato e dove ormai è evidente. In più, quando se ne inizia a parlare siamo indicati come i soliti ambientalisti del no, come le solite persone che fanno un dramma di tutto. Ormai negli ultimi mesi si è creato un paradosso veramente incredibile. I cittadini che volevano denunciare la questione dei rifiuti tossici non sono stati messi nelle condizioni di poter denunciare. Abbiamo ormai testimonianze diffuse su tutto il territorio. Io stessa quando ho denunciato un evento, parlo del 2005, sono stata chiamata in Procura a Nola, dove sono stata tenuta sotto interrogatorio per due ore e accusata di falsa testimonianza. Siamo arrivati al paradosso. I carabinieri e gli enti di controllo, che dovrebbero in qualche modo controllare e garantire la cittadinanza, sono invece controllori e garanti delle lobby di forza. Quindi, anziché andare a verificare le dichiarazioni che i cittadini fanno rispetto al cattivo funzionamento degli impianti, si preferisce garantire le lobby economiche e finanziarie della regione, querelando chi denuncia. Questa è la tecnica che si sta adottando in Campania, ed è molto preoccupante, perché sul piano della democrazia è una cosa che avvilisce chiunque.

Link al blog di Nunzia:
http://nunzia1978.splinder.com/

Milesmood

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