Il viaggio è stato tremendo. E carissimo: 2mila euro per partire dalla capitale libica, Tripoli, costeggiare il golfo della Sirte, attraversare il grande mare di sabbia di Calanscio, superare clandestinamente il confine egiziano, affrontare la depressione di Qattara, e poi il Nilo, il canale di Suez... Il viaggio è stato tremendo e la stanchezza ci ha tolto la voce.
E' stato un viaggio lungo, faticoso, iniziato non a Tripoli, ma molto prima e molto più lontano. Siamo fuggiti dall'Eritrea, dalle sue violenze e dalle sue minacce. Per arrivare qui e vedere, accarezzare con le dita e con lo sguardo, l'immagine della santa terra di Israele, della beata terra di Palestina, quell'inferno le cui pene sono almeno raccontate da qualcuno. Qui invece, solo silenzio.
Parlano solo i nostri trafficanti, i nostri traditori. Proprio quando la terra di Israele ci ha riempito gli sguardi - e quasi la sentivamo sotto i nostri polpastrelli - quegli uomini ci hanno incatenato mani e piedi, "il viaggio finisce qui", ci hanno detto, "dateci altri 8mila euro e vi lasciamo liberi di correre verso la terra promessa", ci ripetono. Noi taciamo, sussurriamo solo qualche supplica quando ci permettono di telefonare ai nostri parenti in Europa, "fate una colletta, vi prego".
Il cibo è scarso, una manciata di terra per riempire il fosso della fame. L'acqua è ancora più scarsa. E' acqua di mare, salata, cattiva, ti brucia dentro, ma non ne sprechiamo una goccia. Come non sprechiamo le lacrime: io, l'ultima volta che ho pianto, è stato quando mi hanno marchiata a fuoco, come una bestia. Ho urlato tutta la mia voce, allora, in un grido tutte le mie parole.
Oggi so solo perdermi nei miei silenzi. Non ho detto una parola neppure quando hanno sparato in testa a tre di noi. "Farete tutti questa fine se non arrivano i soldi", ci hanno detto. E noi abbiamo taciuto: ci hanno strappato di bocca ogni suono umano.
E' tempo che iniziate a parlare voi, genti al di là di questo piccolo mare in cui ogni distanza diventa infinita. E' tempo che iniziate ad unire le vostre voci a quelle di chi tra voi già cerca di raccontare la nostra storia, è tempo che formiate un coro, che fermiate l'indifferenza vostra, dei vostri governi e del governo egiziano, che mobilitiate il mondo ed i suoi popoli. Da qui sono giunti i vostri dieci comandamenti ed io vi affido l'undicesimo: parlate voi a nome mio.
Aderisci all'appello alle ambasciate egiziane!
[Aggiornamenti sulla vicenda degli eritrei prigionieri al confine israelo-egiziano su EveryOne]
Little Prince(ss)
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Mentre le Istituzioni umanitarie dell'ONU e dell'Unione europea chiedono all'Egitto di mettere in atto le misure opportune per combattere la tratta dei migranti in fuga da guerre e persecuzioni, l'Agenzia Habeshia riceve una drammatica notizia: altri tre ostaggi sono stati uccisi dai trafficanti. Avevano tentato di fuggire in un gruppo di dodici persone e sono stati catturati, torturati, pestati con bastoni. "Gli accordi con il dittatore Gheddafi, la trasformazione del'Europa in una fortezza, le continue violazioni della Convenzione di Ginevra hanno prodotto questa nuova tragedia, in cui i migranti si sono trasformati nei nuovi Ebrei e un nuovo genocidio viene celebrato nell'orrore, nel sangue e nel silenzio," affermano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, in un appello urgente rivolto alle Istituzioni internazionali. "L'Europa si sta abituando a parole come 'deportazione', 'reato di clandestinità', 'internamento'," proseguono di difensori dei diritti umani, " le forze dell'ordine si trasformano in carnefici, i politici si affermano predicando xenofobia, i media addormentano le coscienze. Rinnoviamo l'appello: non consentiamo agli assassini di continuare i loro crimini e salviamo i 74 eritrei superstiti. Ma soprattutto, iniziamo a rispettare la Convenzione di Ginevra, senza la quale siamo tutti complici delle terribili violazioni dei diritti dei profughi". [Comunicato stampa di Gruppo EveryOne]
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