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Mia mamma mi ha detto che... I draghi mangiano i migranti di Lampedusa e il nostro cuore

Mia mamma mi ha detto che si sono tanti grandi e tanti bambini, così tanti che neppure lei che sa tanti numeri li potrebbe contare, che hanno attraversato il mare e non avevano neppure i braccioli, ma solo tanta paura di annegare e tanta speranza di fare un vita migliore, e alla fine del mare sono arrivati su una piccola isola dell'Italia. Mia mamma mi ha detto che i capi dell'Italia li stanno lasciando tanti giorni su quell'isola, dove non hanno una casa e neppure da mangiare e non possono fare niente e l'isola è troppo piccola e stanno tutti stretti, che non hanno più neppure un posto per sedersi e dormono in piedi.

Io ho chiesto a mia mamma se i capi dell'Italia sono tutti matrigne, visto che sono così cattivi. Mia mamma mi ha detto che i capi dell'Italia sono draghi con la pelle verde e il cuore di pietra e la lingua come quella dei serpenti, che ha due punte ed è velenosa e non dice mai la verità. Mia mamma mi ha detto che i capi dell'Italia sono orchi, come quello di Pollicino, che non hanno pietà di nessuno, neppure dei bambini. Mia mamma mi ha detto che anzi i capi dell'Italia sono peggio degli orchi, perché almeno gli orchi mangiano per fame e invece i capi dell'Italia mangiano grandi e bambini solo per continuare a fare festa nei loro castelli.

Mia mamma mi ha detto che... Oggi la nube radioattiva dal Giappone e a giugno il referendum

Mia mamma mi ha detto che sta arrivando in Italia una nuvola tossica, che è una nuvola tutta brutta e viola e puzzolente. Io è tutta la mattina che guardo il cielo, ma ancora questa brutta nuvola viola non l'ho vista. Mia mamma mi ha detto che questa nuvola tossica viene dal Iapone, che è il paese di Dragonbol e Naruto, e che la colpa è di una centrale tonica che è scoppiata. Una centrale tonica è una grande palla in cui ci sta una cosa brutta e pericolosa che serve a fare l'elettricità che serve a fare la luce per le case.

Mia mamma mi ha detto che però, se la palla della centrale tonica scoppia, questa cosa pericolosa che ci sta dentro inizia a fare la cattiva, fa tremare la terra e fa coprire tutte le case con il mare. Infatti in Iapone è successo tutto questo e ora i iaponesi arrabbiati con la centrale tonica ci buttano sopra l'acqua, perché dicono che non è giusto che le loro case sono finite sotto l'acqua e invece la centrale cattiva è rimasta tutta asciutta.

Mia mamma mi ha detto che... E' scoppiata la guerra in Libia: i capi del mondo contro Gheddafi

Mia mamma mi ha detto che il capo del paese dall'altra parte del mare è un signore cattivo che si chiama Cheffai. Mia mamma mi ha detto che questo signore cattivo non è solo cattivo, ma anche strano, perché vive in una tenda e si veste tutto strano, ma mia mamma non guarda tanto la tv perché deve andare al lavoro e quindi non sa tante cose: ad esempio, non capisce che questo signor Cheffai deve essere un indiano e che per gli indiani è normale abitare nelle tende e vestire strani, con i copricapi fatti di penne d'uccello.

Mia mamma mi ha detto che il signor Cheffai era il miglior amico del capo dell'Italia e per questo lo invitava nella sua tenda dove si raccontavano le storie e le barzellette e il signor Cheffai spiegava al capo dell'Italia tanti passatempi nuovi che il capo dell'Italia poteva fare nelle sue ville. Ho chiesto a mia mamma quali passatempi erano, ma mia mamma mi ha detto che non sono cose per bambini e pensava che io non capivo, ma io non sono così piccolo da non capire: l'ho visto in tv che i capi indiani fumano la pipa della pace, anche se fumare fa male, puzza e non è cosa per bambini.

Pioggia di oppressione, pioggia di libertà

Madre, ti ricordi le favole che mi raccontavi, quando stavi seduta sull'orlo del mio letto e mi portavi nei sentieri del sonno, non so se più con le tua voce dolce o con il tuo profumo? Ti ricordi di quelle favole anche ora, mentre spii il clamore di questa tempesta da uno spiraglio della finestra, mentre spii il mio sonno simulato dall'alto dei mille anni che ti sono piombati addosso in questa notte con troppa luce e troppo rumore?

Vorrei sentirle ancora, quelle favole, vorrei sentirle ancora, non con le orecchie, ma col cuore. Vorrei sentirle ancora, vorrei crederci ancora in mezzo a questi tuoni e a questi lampi. Vorrei dormire ancora, madre, di quel sonno vero e silenzioso e non fare finta di dormire, come fanno finta le bambole, che neppure di notte sanno chiudere gli occhi. Vorrei poterti chiamare, toccare, annusare, senza la paura di vedere questo terrore nei tuoi occhi.

Mia mamma mi ha detto che... C'è un'Italia buona che abita dentro l'Italia: per questo si festeggia

Mia mamma mi aveva detto che in Italia il capo è un signore egoista, che pensa solo a fare i soldi per sé e a spendere i soldi per fare delle feste dove invita solo lupi e cappuccetti rossi e in queste feste i lupi mangiano i cappuccetti rossi e invece le nonne no, perché loro non sono invitate. Mia mamma mi aveva detto che sono gli italiani che hanno scelto questo signore egoista come capo, anche se non ho capito bene perché.

Mia mamma mi aveva detto che dall'altra parte del mare ci sono tanti bambini e anche grandi che non solo non hanno la Playstation e i giocattoli e le caramelle e il cioccolato, ma neanche la pasta e i pomodori per fare il sugo e neanche i piatti e le pentole; però a volte hanno la pasta e il sugo e i piatti, ma i loro capi, che però non hanno scelto loro perché non sono stupidi come gli italiani, non li fanno giocare e andare in giro e essere felici.

Lo sguardo della civetta

- Non hai visto niente?

- No, niente.

- Proprio niente di niente? Sicuro?

- Sì, niente di niente.

- E come hai fatto a non vedere niente?

- Beh, era notte!

- E cosa c'entra che era notte?

- Beh, di notte non si vede! Di notte è buio e non si vede!

L'undicesimo comandamento: diamo la nostra voce per i profughi eritrei prigionieri sul Sinai!

Dal Sinai le vedi, quelle terre che fanno tanto parlare tutto il mondo. Dal Sinai le vedi, le terre di Israele e di Gaza, quell'inferno in terra di straordinaria bellezza. Un turista arrivato sul Sinai, dopo una lunga scarpinata, con i piedi gonfi e la faccia sudata, sicuramente esclamerebbe: "Ne valeva la pena!". Però noi no, non diciamo niente.

Il viaggio è stato tremendo. E carissimo: 2mila euro per partire dalla capitale libica, Tripoli, costeggiare il golfo della Sirte, attraversare il grande mare di sabbia di Calanscio, superare clandestinamente il confine egiziano, affrontare la depressione di Qattara, e poi il Nilo, il canale di Suez... Il viaggio è stato tremendo e la stanchezza ci ha tolto la voce.

E' stato un viaggio lungo, faticoso, iniziato non a Tripoli, ma molto prima e molto più lontano. Siamo fuggiti dall'Eritrea, dalle sue violenze e dalle sue minacce. Per arrivare qui e vedere, accarezzare con le dita e con lo sguardo, l'immagine della santa terra di Israele, della beata terra di Palestina, quell'inferno le cui pene sono almeno raccontate da qualcuno. Qui invece, solo silenzio.

La scalata al cielo

Qualcuno ha detto, e sembrava sincero, che non bastano tre metri sopra il cielo per trovare un po' di felicità. E allora eccomi alla fine qua, in cima a tanti metri che non so più contare - ma certo era più profondo il mare che ho saputo attraversare, che ho dovuto navigare...

Nonostante le vertigini, questa altezza spaventosa, che trasforma tutto in formica e in piccola cosa, mi dà speranza e mi rincuora, perché significa che posso salire, salire ancora - salire, salire fino a dio (e poco importa che sia il loro o che sia il mio) e prenderlo per il collo e sbatterlo sulla terra, per fargli assaggiare la fame e la guerra, il sapore salato del sudore, e delle lacrime, e della fine di un amore.

Il televoto è personale e diseguale, condizionato e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

Meglio gay o puttaniere? Meglio Noemi o Ruby? Meglio le escort a Palazzo o i casini? Meglio Casini o Vendola? Meglio il gelo della Siberia o i camini di Auschwitz? Meglio "Giovinezza" o "Bella ciao"? Meglio Rosi Bindi o Matteo Renzi? Meglio Renzo Bossi o Totò Cuffaro? Meglio le cosche o le 'ndrine? Meglio la camorra o Marchionne? Meglio far scappare la Fiat in Serbia o falcidiare i diritti? Meglio tagliare i servizi o tagliare le tasse? Meglio evadere le tasse o essere Giovanardi?

Meglio le elezioni anticipate o il governo tecnico? Meglio Berlusconi o Fini? Meglio aspettare ancora o staccare la spina adesso? Meglio il wi-fi libero o la lotta alla criminalità? Meglio l'Iraq o l'Afghanistan? Meglio gli assassini o i pedofili? Meglio Emilio Fede o Lele Mora? Meglio la cricca della Protezione Civile o la banda della Magliana? Meglio lo zio o la cugina? Meglio il diritto di cronaca nera o il buon gusto? Meglio la cicuta o le patatine del McDonald's? Meglio la polenta o il cus-cus? Meglio l'ictus o il cancro? Meglio ariete o capricorno? Meglio vergine o Carfagna?

Il Tribunale della Storia

"E allora, mi dica, cos'ha combinato?" chiese l'uomo con la toga nera e il farfallino rosso, mentre si trastullava con il martelletto.

"Beh... Io non saprei! Io non ho fatto proprio niente di male" risposi perplessa.

"Sì, sì, va bene... Lei non ha fatto niente di male? Avrà pur fatto qualcosa di male - non le sembra? - se l'abbiamo fatta venire qui. Usi un po' di logica, per favore!".

"Ecco, dice bene! Mi avete fatta portare qui, quindi saprete bene il perché! Siete voi il giudice, dovreste anche dirmi di cosa sono accusata, sarebbe anche l'ora! Io sono certa, anzi: certissima di non aver commesso alcun reato".

"Reati, non reati... Ma le sembra questo il problema? Non lo sa che è l'amore la legge universale dell'universo, la forza che muove tutto, persino le stelle? Sa che le galassie sono più di 100 miliardi, che il sole ci mette 225 milioni di anni per compiere un'orbita completa intorno al centro dell'universo e che la stella più vicina al Sole dista più di 40 miliardi di chilometri? Tutto grazie all'amore, signora mia! E lei mi parla di reati? Mi creda, non importa nulla quello che si fa o non si fa, basta volersi bene...".

Intervista esclusiva a Ippolito Caldani: "Quello che ho fatto era l'alimento del mio giornalismo"

Dunque Caldani, quella che lei ci racconterà stasera in esclusiva è una storia complessa, che ha fatto parlare tutta l'Italia, ma di cui si sa ancora così poco. [L'espressione della conduttrice è seria, grave] E allora partiamo dall'inizio...

L'inizio... Io inizierei proprio dall'inizio-inizio. Ho cominciato la mia carriera di giornalista come freelance e, amando le sfide di questo mestiere, avevo deciso di dedicarmi alle grandi tragedie del nostro tempo. Partii in Africa e lì realizzai dei reportage che ritenevo importanti. Mi occupai, ad esempio, di 200 profughi eritrei prigionieri in Libia o della morte di centinaia e centinaia di bambini in Nigeria, intossicati dal piombo, vittime della caccia all'oro. Ma i miei reportage non ottennero alcuna attenzione, mandarono in onda solo un breve spezzone, a tarda notte, su RaiTre.


E quindi abbandonò l'Africa e tornò in Italia...

Sì, tornai in Italia e dissi chiaramente ai direttori dei tg: "Io voglio dimostrare le mie doti di giornalista, sono bravo e voglio occuparmi delle cose che interessano davvero". E le cose che interessavano davvero erano due: creare dossier su vari personaggi e la cronaca nera.

Sotto le mani di Ulf si sgretolano i muri: storia di un incontro dove la vita supera la speranza

Ulf ridacchia e non è mai stato così bello. So che ridacchiare è un verbo che mal sembra conciliarsi con l'erotismo (sarà anche colpa di quella doppia "c" così dura), ma mentre mi sfiora le spalle e la schiena e mi osserva divertito che gemo e mi dimeno senza controllo come la coda decapitata di una lucertola, non posso fare a meno di aggrapparmi al suo collo, fare forza per avvicinare il mio volto al suo e finalmente riprendere a baciarlo.

Ulf è un ragazzone biondo, alto e ben messo. Un vichingo, come lo definirebbe un mio amico che sui "vichinghi" da sempre sbava. Ho un po' di pudore ad ammetterlo, ma Ulf è proprio bello. E' simpatico, dolce e assolutamente sfrontato. E bacia come chiunque vorrebbe essere baciato. Il suo inglese è stentato, ma questo è davvero poco importante. E poi è così bello dirsi le cose e non capirsi e per questo sorridersi e ridere e finire ancora a baciarsi: cos'hai detto non lo so, non l'ho capito, ma quel che umidamente si trasmette tra le labbra è certamente molto più essenziale.

La verità infiltrata ai funerali di Cossiga: e un odore d'arancia riempì l'aria fino al cielo...

Voglio che Cossiga viva perché sto aspettando
da trent'anni di portargli le arance.
Marco Pannella

Stava andando tutto secondo i piani che Tossiga la Tossika, la nostra capa, ci aveva illustrato il giorno prima. Avevamo ritirato i manifestanti dalle strade e dalle università e avevamo infiltrato il funerale con agenti provocatori. Volevamo infiltrare la verità in quel coacervo di segreti. E così avevamo pedinato i giornalisti per tutto il rito funebre, senza lasciarceli sfuggire neppure per un attimo. Quando finalmente accesero i microfoni per le interviste in diretta erano ormai completamente circondati: l'organizzazione segreta Egida poteva entrare in azione!

Attesa

era seduto lungo il fiume e aspettava di veder passare il cadavere del Nemico
io, accanto a lui, desideravo solo buttarmi nel fiume, lavarmi, rinfrescarmi, nuotare

non è ancora tempo, diceva lui, fissando immobile lo scorrere del fiume
sta per riprendere a scorrere il tempo, diceva lui
e la lancetta dell'orologio davvero sembrava trepidare, pronta al movimento, ma poi restava immobile

Storia di Carlos dalla pelle morbida venuto in Italia a fare domande con la sua voce-cantilena

Penso às vezes que nunca sairei da Rua dos Douradores.
E isto escrito, então, parece-me a eternidade.
Fernando Pessoa

Prima di Carlos - prima di incontrare Carlos, voglio dire - non avevo mai fatto caso al fatto che i mulatti non hanno quasi un pelo. Era meraviglioso far scorrere la mia lingua sulla sua pelle morbida e glabra. La sua pelle sembrava quasi essere stata creata apposta per essere percorsa da una lingua. La sua pelle, che conosceva la lingua dell'America latina e dell'emigrazione, del sudore e del sale, ignorava del tutto il senso della parola attrito.

...perché avevano infilato in un panino il foglio di un decreto al posto di una foglia di insalata

Dicevano che era giovane, bella, affascinante. Dicevano che era nata sulle montagne, figlia di partigiani. Dicevano che aveva tutto il futuro davanti. Dicevano che era vergine - e questa cosa la dicevano con convinzione, e però ti veniva il sospetto che sapessero che non era vero.

I poeti le dedicavano le poesie, i cantanti le canzoni, i preti le preghiere, i vecchi le nostalgie, gli uomini i pensieri, i bambini i sogni. Ripetevano tutti che era giovane, bella, affascinante, che aveva tutto il futuro davanti.

"Il decreto è il più grande cartellone elettorale di tutti i tempi, in un certo senso, capisci?"

Gli occhi iniziano a farsi meno dilatati, la bocca a rilassarsi, il riflusso dell'orgasmo - pochi eterni istanti - mi lascia come la battigia di una spiaggia dopo la fuga dell'onda: schiacciato a terra e umido. Lei si disarciona, si porta le mani nei capelli, li raccoglie come in una treccia che poi subito lascia libera a disfarsi, si stende accanto a me. Abbandono la testa di lato, con gli occhi ormai semichiusi la guardo e sento l'odore del mio sudore nell'ascella accanto al naso.

No, non è un odore particolarmente buono - ma neanche particolarmente forte, mi sono lavato prima di fare l'amore - ma mi piace sentirlo, dopo il sesso. Non che lei non abbia un buon odore o che mi dia fastidio sentire il suo odore sul mio corpo, ma dopo essere esploso in ogni angolo della stanza durante un orgasmo, mi piace ricompormi in me, ritrovare la mia dimensione. E lì, nell'ascella, l'odore è solamente il mio.

Mangia merda che ti passa: diario culinario di una coprofaga alla scoperta della reale realtà

Sentite, io lo confesso, ma non fateci troppo caso. La prima volta che ho mangiato la merda non ne avevo proprio voglia. Mi ero persino giurata che non avrei mai mangiato quella roba marrone e puzzolente. Ma poi mi sono lasciata convincere dalle necessità della situazione. "Meglio mangiar merda una volta, inghiottirla subito e poi il sapore passerà" mi son detta.

E, fattomi coraggio, ho introdotto lo stronzo in bocca, ho masticato un po' e ho deglutito. Gli altri commensali mi hanno guardata con compiacenza, mi hanno fatto discreti gesti di approvazione. Mi hanno fatta sentire parte di un gruppo, del loro gruppo. Della loro elite.

Natale

Sta già arrivando Natale. Me ne accorgo guardando dei tizi addobbare con poche luminarie un angolo al buio nel centro di Milano. Le guardo scendere dal muro, accostate e silenziose, accese e senza fronzoli. Probabilmente da bambino sarei impazzito di gioia. Le luci volevano dire regali, cioccolate calde con biscotti alla crema da prendere durante lunghe passeggiate sotto la neve, salutando tutti i Babbi Natale ad ogni angolo delle strade e sbarrando gli occhi davanti alle vetrine dei negozi di giocattoli. Sicuramente, fossi stato bambino, avrei tirato la manica della giacca di mia madre e, indicando le luci, le avrei chiesto quando avremmo messo le palline sull’albero e se Babbo Natale mi avrebbe portato il castello dei Lego. Ma ora quelle filiformi luci gialle, ingrigite dalla polvere del magazzino in cui erano sprofondate, mi portano solo una pena enorme. Identiche a un anno fa, due anni fa, tre anni fa, quattro anni fa, trascinano la via indietro nel tempo fermandolo senza spirito, identica a se stessa e incapace di spogliarsi dal grigio ammuffito.

Sta già arrivando Natale. Penso alla Moratti che taglierà i fondi per le luminarie e immagino la città di neve senza pastelli. Trafugo nella sua lista dei desideri da chiedere a Babbo Natale, la lettera mai spedita, accartocciata sotto le pratiche. Come un bambino la rubo per disegnarci sopra la casa innevata, senza rendermi conto dell’arrivo del funzionario che, sgridandomi, me la toglie da sotto il naso. “Cosa combini?”, mi sgrida. E scappo spaventato. La città rimane vestita di stress, tra il dolore lento e untuoso che cola tra vetrine e lampioni gracchianti.

Nausee post sbornie cittadine

Rendersi conto delle fortune che si hanno è difficile. Le sfighe sono quelle più visibili perché ti atterrano affondandoti nella merda. Il meglio lo si lascia per dopo, quando ci si accorge del valore di una cosa a posteriori, magari quando è tutto finito, così da riconsiderarsi più sfigati. Apprezzare i propri pregi è raro e capita in occasioni impensate, magari mentre si fa colazione assonnati e doloranti alla colonna vertebrale per una nottataccia passata in posizioni scomode.

Accendo la tv e, maledettamente rincoglionito dalla trasmissione mattutina di canzoni dance da ascoltarsi sotto effetto di ecstasy, cambio canale per sentire la rassegna stampa. È qui che accade la visione interiore, lo scorcio sull’aura misteriosa che mi circonda illuminandomi a giorno ossia una virtù. In questo caso mi rendo conto della forza del mio stomaco di trattenere il vomito anche se gli si para di fronte la nausea più nauseante che il concetto di nausea potesse creare.

Il grande colibrì