Bareback, amore, intimità e condivisione - L'amore ai tempi del bareback (2° parte)

Dove eravamo rimasti...
* Premessa
* 1° parte - Bareback, amore, machismo e romanticismo

2° parte - Bareback, amore, intimità e condivisione

"Io sono un bug chaser. Io sono l'uomo che ha assistito a così tante morti con il desiderio di morire anch'io. Io sono stato quello senza speranze, quello depresso, quello alienato, quello fisicamente desensibilizzato. Io sono stato quello che poteva preoccuparsi poco del proprio futuro; quello che si sente talmente inferiore agli altri da essere disposto a mettere in pericolo la propria vita per quel veloce momento di intimità. Io sono stato l'uomo che è andato a letto con altri uomini infetti, che ha fatto sesso con questi uomini, sotto gli effetti dell'alcol, delle droghe, del desiderio e della rabbia. Io sono stato l'uomo che ha demonizzato il proprio comportamento e odiato sé stesso per questo comportamento. Io sono stato l'uomo che ha chiesto aiuto tantissime volte in modo cosciente e non. Io sono l'uomo la cui vita è diventata piena, la cui vita ha acquistato un significato dopo la sieroconversione. Io sono l'uomo che voleva condividere l'intimità del soffrire insieme e del curarsi insieme, e ora sono l'uomo che conosce la vera intimità".

No, questa testimonianza non è stata raccolta in una chat italiana. Sui siti gay italiani il termine bareback è semplicemente sinonimo di "sesso senza presevativo". E' una realtà che sembra legata esclusivamente al mondo della pornografia e della sua emulazione. E infatti nelle chat gay italiane non è molto difficile trovare persone che conoscano tutta la ricca e fantasiosa terminologia della "pornografia della sborra": cum-drinking, bukkake, facials, anal creampie, snowballing... E invece, al di fuori dell'immaginario da sexy shop, nelle parole dei veri barebackers le parole più usate sono ben altre: "love", "intimacy" ed il verbo "to share".

Amore. Intimità. Condivisione. L'immagine che emerge della comunità BB è molto più ricca e complessa della rudezza e dell'eccitante squallore (fisico, e non morale) di video e foto porno. Infatti davanti ai nostri occhi appare una vera e propria comunità solidale, un rifugio da un mondo esterno ostile e privo della capacità e della volontà di accogliere.

Per capire meglio il fenomeno è interessante scoprirne il lato forse più estremo, quello dei "bug parties", delle grandi orge alle quali partecipano sia persone sieronegative (che assumono il nome di "bug chasers", cacciatori del virus) che sieropositive (detti "gift givers", coloro che portano il dono). Si tratta di una realtà minoritaria e praticamente per ora limitata quasi esclusivamente agli Stati Uniti, dove però, secondo alcune stime, quasi un quarto delle nuove infezioni tra omosessuali avverrebbe in occasione di questi festini.

La stampa americana ha dato visibilità soprattutto alla "variante della roulette russa" di questi party, cioè a quegli incontri dove solo una persona è sieropositiva e le altre sono HIV negative, ma nessuno dei partecipanti, a parte gli organizzatori, sa chi è il "gift giver", il portatore del virus, e nessuno deve rivelare agli altri il proprio stato sierologico. Lo scopo di questi incontri è semplice: si gioca con un rischio mortale perché il rischio eccita. Comunque, nonostante il rilievo mediatico raggiunto, si tratterebbe di feste dalla diffusione estremamente limitata. Talmente limitata che c'è chi sostiene che si tratterebbe più di leggende metropolitane che di fatti reali.

Più diffusi sono invece i "bug parties" in cui la quota di persone sieropositive e negative più o meno si equivale. Qui la paura è ancora la grande protagonista, ma in modo ben diverso, perché in questo caso essa non è fonte di eccitazione, ma di angoscia, e l'incontro assume la funzione di una sorta di rito collettivo di liberazione dalla paura stessa. Si ha paura tutti insieme e tutti insieme la si abbatte, per poter vivere in un mondo nuovo, in cui, affrontato ormai l'Hiv a viso aperto, il timore di ammalarsi non è più un problema e quindi si può esprimere la propria sessualità senza inibizioni. Già in questa variante emergono con forza, anche se spesso in modo tutt'altro che esplicito, due dimensioni fondamentali: quella rituale e quella collettiva.

Queste due dimensioni raggiungono la loro espressione più chiara nella terza e più diffusa variante dei "bug parties", in cui, ribaltando la situazione della roulette russa, un'unica persona sieronegativa ha ripetuti rapporti sessuali non protetti (in genere, sesso anale passivo) con molti uomini sieropositivi, in modo da cercare di massimizzare il più possibile le probabilità di contrarre il virus. Si tratta di un vero e proprio rito di iniziazione e di ingresso nella comunità dei sieropositivi barebackers, una sorta di comunità parallela (e estranea) alla comunità gay "ufficiale". Spesso le persone che si sottopongono a questo rito sono deluse e amareggiate dal "mondo gay", descritto come una realtà frivola, falsa, incapace di offrire amore e lealtà. La condivisione della malattia, invece, diventa un legame forte e indissolubile con gli altri.

Se si capiscono sino in fondo le motivazioni di queste persone, non ci si sorprende se a volte a questo "rito" si sottopongono anche coppie sieronegative, spaventate dal futuro e dalla percezione della mancanza di elementi tali da creare vincoli che potenzialmente possano durare "per sempre", come succede con il matrimonio e i figli per le coppie eterosessuali. Farsi infettare insieme significa quindi avere qualcosa da condividere per sempre, assicurarsi una vita in cui l'uno avrà bisogno "per sempre" della presenza dell'altro. In questi casi, spesso i due membri della coppia si descrivono come "incinti" e affermano di sentire il virus che prende forza nel proprio corpo come una sorta di feto che cresce nel proprio grembo.

Il barebacking, quindi, diventa per molti sieropositivi un mondo nuovo, dove trovare una collocazione finalmente centrale e positiva, lontana dalla prigione di paura e di marginalizzazione in cui sono spesso costretti. E l'Aids, per persone inizialmente sieronegative, più che un rischio rappresenta una meta, una terra promessa, un orizzonte di amore, intimità e condivisione impossibile altrove. Lo spiega bene questa testimonianza: "Gli HIV positivi vivono una vita più ricca, più complessa, più autentica, ottengono maggiore attenzione, sono più capaci di assumere rischi, tra i quali, principalmente, il rischio dell'intimità; e assumendo tali rischi la vita può avere un senso più forte ed essere più piena".

Il barebacker dei film porno è un uomo assetato di sperma che affronta il rischio della malattia. Il barebacker della realtà è un uomo assetato d'amore che affronta il rischio dell'intimità. E chi può dire chi rischia di più...

Si potrebbero spendere moltissime parole su queste persone. Le riflessioni, i commenti, i giudizi potrebbero essere milioni, tutti giusti, ragionevoli, sensati. Ma forse è meglio il silenzio. Non il silenzio omertoso di chi non parla per negare l'esistenza di una realtà (cosa frequentissima con il bareback), ma il silenzio di chi vuole capire senza giudicare per forza. Di chi magari vuole anche lasciarsi emozionare dalla limpidezza del desiderio di amore espresso dai barebackers, dal loro profondo e innovativo romanticismo. Di chi vuole riflettere sul ruolo del movimento *qtblg, al di là delle lotte per i diritti. E, perché no, di chi vuole affrontare il rischio della consapevolezza, per cercare di vivere senza angosce la realtà. Al di là di ogni vernice stesa su di essa, al di là di ogni velo. Romantico e non romantico che sia.Ti interessa il sesso bareback? Segui questo ___fil rose___!

9 commenti:

  1. Trovo scioccante che ci siano persone che, immagino, riescano ad eccitarsi soltanto provando sulla propria pelle un rischio di questo tipo. Molto interessanet il tuo approfondimento per un fenomeno purtroppo molto diffuso.

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  2. Grazie per lo sforzo di comprensione, la solitudine e l'angoscia di vivere possono essere molto forti, si superano solo se dall'altro parte c'è la comprensione e non il semplice giudizio accusatorio. Le scelte consapevoli le fai solo se non sei schiacciato dalla solitudine, se qualcuno è pronto a ascoltarti e a essertri vicino. Se invece trovi l'incomprensione e il giudizio finisci per prendere la strada sbagliata, come il bare back. Avrei voluto comprensione e non lo avuta. Ve lo dico ragazzi: usate il preservativo, è vero che il bare back è un velo romantico che nasconde solo la malattia e non porta a nulla!

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  3. mah. a me questi riti collettivi ricordano i milanesi che nel '600 facevano le processioni per allontanare la peste e invece la diffondevano sempre più.

    sono sciocchezze nate dall'ignoranza e favorite dalla debolezza. alcuni sieropositivi si convertono al cattolicesimo, altri si danno alle feste. altri si impegnano nella prevenzione

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  4. @ aelred:
    Forse debolezza, ma non ignoranza: come si vede anche dal terzo capitolo di questa inchiesta, i siti di bareback offrono informazioni molto complete sui rischi che si corrono nel non usare il preservativo. La via verso la malattia viene imboccata in modo molto consapevole.
    Insomma, se c'è chi non usa il preservativo per un'illusione di invulnerabilità, c'è chi non lo usa (e magari ricerca in ogni modo la malattia) per un'illusione di poter così raggiungere più amore, più intimità, più condivisione. E questi ultimi non sono pochi, soprattutto negli Usa.
    Sarebbe probabilmente utile che le campagne di prevenzione iniziassero a prendere coscienza del fenomeno in maniera più approfondita e magari iniziassero anche a combattere non solo l'illusione di invulnerabilità, ma anche quella di "amore"...

    Segnalo anche il video che presenti sul tuo sito (http://www.villageblog.it/), nel post del 23 settembre 2008.

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  5. Sarò brutale...smettiamola con queste boiate...il sex bareback piace perchè è migliore, più divertente, più piacevole e c'è anche l'ebbrezza del rischio...se c'è gente che lo sceglie è per questo...se volete morire fatelo, altrimenti fate come tutte le persone normali...PRESERVATIVO

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  6. bellissimo questo articolo. il più lucido che abbia letto sull'argomento, ed hai centrato in pieno il fulcro di questa realtà.

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  7. Oppure fate una cosa sconosciuta e misteriosa: non andate col primo che capita e fatevi una vita senza aspettare di morire insieme con il sangue dalla bocca o chissà quale altra malattia assurda.

    Come ha detto aelred, mi sembrano tanto i riti del '600 "contro" la peste... sta gente è semplicemente malata, niente da capire, tranne i problemi familiari/sociali/chicazzosaaltro di cui questa persona dispone.
    E andrò all'inferno per quello che penso, sarò un intollerante, ma vedete un po' voi se è meglio cercare di prendersi la malattia per amore/scongiurare la paura, o vivere in un mondo sano e senza la piaga rivoltante del "attento ai rapporti non protetti"...
    Sta gente poteva nascere in Africa, o figlia di tossicodipendenti, e sarebbe stata infelice perché aveva la malattia.
    Ora è infelice perché non la ha.
    Ma morissero senza fare un rumore... ammiro Luca S., per la sua lucidità e razionalità del giudicare la "strada giusta" e quella "sbagliata", le persone con questa malattia dovrebbero essere come lui, altro che bug chaser... psicopatici.

    Saluti, Ukeboy

    24 ottobre 2009 16.17

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  8. @ Ukeboy:
    Scusa, ma non ho capito le tue conclusioni: secondo te, dobbiamo cercare di capire (verbo ben diverso da altri, come approvare o incitare) "sta gente" o no?

    25 ottobre 2009 22.20

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  9. www.recon.com/militpozskin1 maggio 2012 alle ore 10:53

    Io sono un bug chaser felice, ovvero sono diventato volontariamente HIV+ e sono molto grato alla persona che mi ha infettato anche se lui aveva una motivazione di rivalsa. Il motivo che mi ha spinto è la mia condizione sessuale di schiavo. Non riuscivo più a godere del mio ruolo perché non potevo darmi interamente ai miei Master, dovendo porre sempre il limite dello sperma. Alcuni Master non accettano che los chiavo ponga limiti, ma il problema non erano loro, ero io che non avevo più piacere del mio ruolo e mi stavo spegnendo sessualmente. Adesso è tutto ok e sono felicemente nel mio ruolo.

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Il grande colibrì