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Marco Rizzo, trapanese, oltre che giornalista professionista, traduce fumetti e scrive sceneggiature; in particolare, è noto per aver scritto il fumetto "Ilaria Alpi, il prezzo della verità".
Peppino Impastato, con il giornale "L'Idea Socialista" e Radio Aut, cosa ha fatto di nuovo rispetto ai mass media del tempo?
Peppino ha semplicemente sfruttato quei mezzi che già altri utilizzavano, come, ad esempio, le radio libere, applicando metodi innovativi soprattutto rispetto al contesto. Pensiamo a Radio Aut: a nessuno era mai venuto in mente di fare della satira sulla mafia! O di usare la carta stampata di prodotti come "L'Idea" non solo per proporre riflessioni e appunti, come già accadeva, ma anche per lanciare quel messaggio diretto e senza esclusioni di colpi: "La mafia è una montagna di merda".
Da questo punto di vista, il sottotitolo del vostro libro ("Un giullare contro a mafia"), nella sua semplicità, offre una definizione di Peppino capace di mettere in luce uno dei tratti più significativi della sua battaglia: l'uso costante della fantasia, del sarcasmo, dell'irriverenza.
Ci tengo a precisarlo: "Un giullare contro la mafia" non vuole affatto sminuire la figura di Peppino. Era un "giullare" giocoso e irriverente, sia con gli amici sia in alcune espressioni della sua lotta, in particolare in quelle più note attraverso la radio. Ma Peppino era anche un poeta malinconico ed efficace, un comunista vicino alla base, un rivoluzionario convinto, un uomo del popolo e - altro aspetto importantissimo - un outsider per la sua stessa famiglia, quindi doppiamente rivoluzionario.
L'uso della satira per raccontare o denunciare fatti seri, però, è ancora oggi guardato spesso con sospetto... Da giornalista, cosa ne pensi?
L'arma della satira è scomoda: è difficile usarla ed è difficile contraddirla. Forse è proprio per quest'ultimo fattore che viene messa a tacere o guardata con sospetto. Mi viene da pensare a tutto il frastuono attorno alla vignetta di Vauro sul terremoto in Abruzzo e a come si è creata, tramite quello che poteva facilmente essere strumentalizzato come indifendibile, un'opportunità per l'ennesimo battibecco tra la redazione di Annozero ed il governo. Ma penso anche a Michele Serra, forse il miglior corsivista del nostro paese e certamente uno dei giornalisti più chiari e sagaci: ogni giorno dall'Amaca, la sua rubrica su Repubblica, usa la penna in maniera irriverente ed intelligente per commentare fatti spesso gravi.
C'è bisogno anche di questo: in un paese dove le condanne vengono messe in discussione e gli argomenti al bar sono il calcio e le tette, pizzicare le coscienze con una risata è una delle poche armi rimaste a chi non è contento di quello che gli succede attorno. Poi è ovvio: non tutto è concesso. Ma è altrettanto ovvio che il limite non va sposato a seconda dell'esigenza di chi si sente punzecchiato e che un tizio con uno sturalavandini in testa non è satira...
Con il giornale e la radio, Peppino ha raccontato fatti e aspetti della vita pubblica che passavano sotto silenzio sui mass media. Oggi questo ruolo è da molti attribuito, spesso con enfasi eccessiva, ai blog. Tu cosa ne pensi? E, soprattutto, quale ruolo credi che i fumetti possano assumere in questo contesto?
Oggi i blog e le webradio sono più pratici e permettono di raggiungere potenzialmente più persone. E poi ammettiamolo: il sistema editoriale del nostro paese è praticamente impenetrabile, l'Ordine dei giornalisti non sembra gradire "insursioni di campo", come dimostra la vicenda di Pino Maniaci e della costituzione di parte civile dell'Ordine regionale siciliano.
In un sistema di informazioni fatto di flussi continui e mezzi limitati, bisogna sfruttare il più possibile le opportunità per spiccare. Per questo sono particolarmente contento che la combinazione "fumetto + impegno sociale", nel nostro caso in altri, permetta a certe pubblicazioni di spiccare, grazie forse anche solamente alla curiosità generata dall'accostamento. Dopotutto il fumetto è un mezzo dalle enormi potenzialità di costruzione e di diffusione del messaggio che ha già dimostrato altrove di poter dare tanto sia come strumento della controcultura (pensate al primo Crumb) sia di denuncia (come nelle opere di Sacco) o anche per raccontare fatti privati ma universali che possono scuotere le coscienze. Mi vengono in mente "Maus" o "Persepolis", ad esempio.
"Ma dove vogliono arrivare 'sti picciotteddi? Ma... ancora un c'ha bastato?" si chiedono due personaggi del fumetto riferendosi agli amici di Impastato dopo la sua morte. Peppino, secondo te, dove voleva arrivare? E i giovani d'oggi dove possono arrivare?
C'è una domanda di riserva?
Beh...
No, dai, ci provo... Peppino era disgustato da quello che vedeva nella quotidinità, nelle usanze, nei gesti e nelle tradizioni ingiustificabili degli "uomini d'onore". E soprattutto era consapevole che la mafia era un mostro che spacciava droga, trafficava armi, imbottiva di tritolo le auto e uccideva i poliziotti e gli oppositori.
Oggi forse la mafia è meno plateale e meno sanguinaria nel suo agire, grazie a quello che è stato fatto da Peppino ed in suo nome, come da e in nome di molti altri, da Falcone a Borsellino, passando per i tanti nomi poco conosciuti. Ma la mafia resta assassina del futuro dei giovani, costretti ad emigrare per lavoro o a pagare il pizzo per mantenere un'attività.
Sembra facile e retorico dire che bisogna riappropriarsi del proprio futuro e di quello che ci spetta di diritto, ma basta poco davvero. Basta votare secondo coscienza e senza scendere a compromessi. Basta sostenere la magistratura e la stampa libera. Basta unirsi e coalizzarsi per denunciare. Basta seguire la propria strada anche in circostanze difficili, come fanno i tanti insegnanti e parroci "di trincea" che quotidianamente sfidano la mafia e la mafiosità. Basta rispettare la legge e spiegare ai più giovani chi era Peppino Impastato e chi erano quelli come lui. Perché la strada è ancora lunga...
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Lelio Bonaccorso, messinese che ha studiato alla Scuola del Fumetto di Palermo, è un disegnatore di grande talento, come dimostrano i disegni pubblicati in questo post e nella presentazione del fumetto.
Da un libro sulla vita di un ragazzo ucciso dalla mafia, ci si poteva aspettare un tratto duro, rabbioso. Con i tuoi disegni, che invece esprimono soprattutto nostalgia, cos'hai voluto raccontare di Peppino?
E' vero, raccontare di Peppino poteva spingere ad usare un segno più duro, aggressivo, rabbioso appunto. Io invece ho cercato un segno semplice, che potesse arrivare immediato al lettore. Un tratto semplice come Peppino, il quale, con le sue iniziative, coinvolgeva chi lo circondava. E' un tratto che evoca l'epoca e i luoghi che lui stesso ha vissuto. Ed è un tratto rapido che si scontra con la durezza delle immagini finali, creando un contrasto che quasi disturba il lettore.
Peppino Impastato era molto legato alla sua terra, alla sua Sicilia, come dimostra anche la vicinanza al movimento contadino, che nel libro viene raccontata in modo doverosamente ampio. Anche tu e Marco Rizzo siete siciliani...
Per noi è stata una grande responsabilità dover parlare di un uomo che ha avuto il coraggio di urlare la propria rabbia e la propria voglia di libertà, sacrificando la vita e insegnandoci che tutti noi siciliani - e non solo - possiamo smuovere le acque solo se lo vogliamo veramente.
Lavorare con Peppino accanto è stato un crescendo emotivo, sino al finale che ci ha fatto davvero male. Parlare di cose che fanno parte della tua terra, che sono lì accanto a te, può diventare più difficile di quanto si pensi... Però lavori sempre con la speranza che certe immagini e certe parole traghettino il messaggio al lettore: questo è e rimane il nostro primo obiettivo.
Spesso in tv o al cinema viene proposta un'immagine molto glamour della mafia. Pensiamo, ad esempio, a "I Soprano" o a quei film in cui il boss mafioso è presentato come una "simpatica canaglia". Tu cosa ne pensi?
Quello che mi preoccupa davvero è quando non si parla abbastanza di certi argomenti, come se certi problemi non ci fossero o, meglio, si facesse finta di niente.
Ovviamente, sarebbe meglio che si parlasse di mafia in maniera costruttiva, ma credo che se parlare di mafia diventasse una moda e se denunciare diventasse una cosa normale e spettacolarizzata dai media si darebbe un buon contributo affinché non si perda mai di vista quanto la criminalità organizzata infanga la nostra terra e la nostra dignità.
Little Prince(ss)
Milesmood
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