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"Nel mio paese la mia sessualità è reato": in un libro gli omosessuali perseguitati nel mondo

Un autoritratto, poche parole, un articolo di legge. Basta poco per raccontare il dramma e lo scandalo della criminalizzazione degli omosessuali nel mondo. Il giornalista francese Philippe Castetbon ha raccolto questo "poco" per creare una piccola grande opera di testimonianza, il libro "Les Condamnés". Libération ha pubblicato alcuni estratti, che riportiamo tradotti in italiano qui sotto.

Roberto Recchioni e il totalitarismo di Mater Morbi - La malattia e i suoi nemici (1° parte)

L'introduzione all'inchiesta:
* Dialoghi Hiv-correlati tra la vita e la vita

Non so come si chiamino quei due ragazzi - lui un po' skin, lei un po' punk - che ho incrociato davanti all'edicola della stazione di Genova Pegli, poco dopo Natale. Non gliel'ho chiesto, nonostante l'impulso fosse forte. Condividere un nome, un cognome, quattro parole: nulla di fronte all'intimità che oggi ci lega - noi, ancora e per sempre sconosciuti - grazie a quell'albo di Dylan Dog che avevano appena comprato.

Io quell'albo lo avevo già letto - e riletto e ancora sfogliato e ancora riempito di ammirazione e dolore e ricordo e dell'esultanza della vita - sui treni che mi avevano portato lì, ad incrociare quei due ragazzi in quella stazione. Per chiedere loro il nome, illudermi di condividere qualcosa con loro, essere certo che in un dopo indefinito (quando l'avranno letto?) avremmo vissuto la stessa grande esperienza di vita. Per strappargli quel fumetto di mano: "Ma cazzo, siete sicuri? Siete pronti?". Per non fare nulla, alla fine, come era prevedibile.

"A Milano comanda la ‘Ndrangheta" di Carlucci e Caruso: siamo diventati tutti mafiosi?

Parlare male di Milano non è un compito così difficile. Non occorre nemmeno sforzarsi di lavorare di fantasia o di spremersi a fondo le meningi pur di trovare una qualche forma di argomentazione. Qualche difficoltà la può creare l’evitare di cadere dentro ai soliti luoghi comuni della città: è triste, grigia e senza vita; la gente è scorbutica e c’è sempre la nebbia.

Al di là dell’esagerazione immancabile, è comunque storicamente noto come Milano sia principalmente una città degli affari e, per questa ragione, non è nata come una città per viverci al massimo del benessere. Così, si è trasformata gradualmente in una Manchester del terzo settore, una città costruita a misura d’uomo per l’impiegato medio, chiusa su se stessa ma arrogante nel voler essere una delle capitali del mondo, capace di mutarsi in una città istituzionalmente razzista che istituzionalmente parlerà di fame nel mondo nel 2015.

Sebbene l’Europa sia praticamente a un passo, Milano resta provinciale davanti ai cambiamenti delle maggiori città europee, perché di certo non bastano un paio di locali e qualche evento artistico per poter competere con le altre a livello squisitamente sociale e culturale.

Robert Greystorm, lo scienziato a fumetti ambizioso e fanatico che... cambierà il passato!

Non è certo una novità, visto che se ne discute ormai da decenni, ma è ancora un concetto che stenta ad affermarsi nel bagaglio delle conoscenze condivise dalle persone comuni: la scienza non racconta la Verità, ma una verità, fortemente condizionata dal contesto sociale in cui si sviluppa e, quindi, anche dal percorso storico che la determina. Come ovvia conseguenza, la tecnologia non segue una linea retta e predeterminata di progresso, ma segue i percorsi tortuosi di quegli irripetibili sviluppi sociali e scientifici che la storia produce.

Società, scienza e tecnologia evolvono insieme lungo sentieri inesplorati, indefiniti, imponderabili. Tante porte vengono aperte, tante altre rimangono chiuse, per scelta, per sbaglio o per caso. Per questo il filone fantascientifico delle ucronie (cioè di quegli universi paralleli nati da sviluppi storici in realtà mai avvenuti) ha un grande interesse non solo per immaginare le mirabolanti invenzioni di un mondo che in realtà non è mai nato, ma anche per esplorare quali diversi equilibri società, scienza e tecnologia avrebbero potuto generare e quindi riflettere, nel bene e nel male, sulla nostra realtà.

La Massoneria, l'amore, il fascismo: "Il ramo d'acacia", un romanzo di Enrico Proserpio

Enrico Proserpio non ha mai letto un manuale di scrittura creativa, a quanto sembra. Prendete, ad esempio, il consiglio più frequentemente contenuto in quei manuali: "Scrivete un incipit che conquisti subito il lettore, che sia un fuoco d'artificio". E invece il suo "Il ramo d'acacia" (18,55 €; 5 € in formato elettronico) ha un inizio spiazzante. Perché non sembra un inizio, ma la continuazione di un discorso che va avanti, per conto suo, da chissà quanto.

Ma non è solo l'incipit a spiazzare. E' il tono di tutto il romanzo, che non tenta mai di sedurre il lettore con stupefacenti acrobazie verbali, con forti sensazioni. Il racconto mantiene una placidità, una tranquillità, un'atarassia sorprendenti. Eppure racconta la storia di Ettore Marchi, un giovane massone in fuga dall'Italia fascista e dal comandante Giulio Di Giovanni. Insomma, omicidi, passioni, intrighi e colpi di scena certo non mancano, ma il tono non si infiamma mai.

E' senza dubbio un libro molto particolare e originale "Il ramo d'acacia". Spiazzante, ripeto. Noioso, starete già pensando. E invece no. Perché è una finestra su una visione del mondo inconsueta (forse perduta?), ma molto affascinante. Una visione solo all'apparenza fredda e impassibile, ma in realtà ricca di un calore umano delicato, sussurrato, quasi ritroso. Che non offre al lettore facili doni su un piatto d'argento, ma lo sfida a scovare profonde riflessioni sulla natura umana nelle increspature delle parole.

Quando Indiana Pipps ti spiega che cercare il senso delle cose è solo un gioco senza senso

Dopo la tappa sull'isola di Santorini, per raccontare una poetica favola ecologista e anti-militarista, arriva domani su Topolino n. 2801 il secondo appuntamento con ArcheoAgenda, per scoprire gli enigmi dell'archeologia con Indiana Pipps.

Questa volta lo sceneggiatore Augusto Macchetto e il disegnatore Massimo De Vita, in "Indiana Pipps e la pietra di Stonehenge", danno vita ad una bellissima lezione di vita e di filosofia. L'archeologo del mondo Disney, qui in una esilarante versione macha, sfida il mistero del sito neolitico più famoso e più studiato del mondo.

Fumetti porno per i bambini di Genova? Ecco l'ennesima polemica stupida del Giornale...

Diciamoci la verità. I disegni non sono granché. Idem la sceneggiatura. Se uno non consiglia la lettura delle avventure della dottoressa Wan lo capisco pure. E poco importa che il fumetto sia pubblicato anche dalla prestigiosa BeccoGiallo Editore, che propone spesso piccoli capolavori come "Peppino Impastato - Un giullare contro la mafia".

Ma diciamoci tutta la verità: definire quei fumetti come pornografici serve solo a montare una polemica contro il movimento *qtlgb (dal momento che le avventure della dottoressa Wan sono contenute in un sito, BeYourself.it, proposto all'interno di una bibliografia per ragazzi presentata in una biblioteca di Genova in occasione di festeggiamenti organizzati dal Comune con la partecipazione delle associazioni organizzatrici del Pride... e complimenti se non vi siete persi).

Peppino Impastato, "giullare" a fumetti, raccontato da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso

Vi abbiamo già presentato in anteprima il bellissimo fumetto "Peppino Impastato - Un giullare contro la mafia". Oggi vogliamo tornare a parlarne con i due autori, lo sceneggiatore Marco Rizzo e il disegnatore Lelio Bonaccorso.

* * *

Marco Rizzo, trapanese, oltre che giornalista professionista, traduce fumetti e scrive sceneggiature; in particolare, è noto per aver scritto il fumetto "Ilaria Alpi, il prezzo della verità".

Peppino Impastato, con il giornale "L'Idea Socialista" e Radio Aut, cosa ha fatto di nuovo rispetto ai mass media del tempo?

Peppino ha semplicemente sfruttato quei mezzi che già altri utilizzavano, come, ad esempio, le radio libere, applicando metodi innovativi soprattutto rispetto al contesto. Pensiamo a Radio Aut: a nessuno era mai venuto in mente di fare della satira sulla mafia! O di usare la carta stampata di prodotti come "L'Idea" non solo per proporre riflessioni e appunti, come già accadeva, ma anche per lanciare quel messaggio diretto e senza esclusioni di colpi: "La mafia è una montagna di merda".


Da questo punto di vista, il sottotitolo del vostro libro ("Un giullare contro a mafia"), nella sua semplicità, offre una definizione di Peppino capace di mettere in luce uno dei tratti più significativi della sua battaglia: l'uso costante della fantasia, del sarcasmo, dell'irriverenza.

Ci tengo a precisarlo: "Un giullare contro la mafia" non vuole affatto sminuire la figura di Peppino. Era un "giullare" giocoso e irriverente, sia con gli amici sia in alcune espressioni della sua lotta, in particolare in quelle più note attraverso la radio. Ma Peppino era anche un poeta malinconico ed efficace, un comunista vicino alla base, un rivoluzionario convinto, un uomo del popolo e - altro aspetto importantissimo - un outsider per la sua stessa famiglia, quindi doppiamente rivoluzionario.

Un giullare contro la mafia: con Bonaccorso e Rizzo, Peppino Impastato diventa un fumetto

"Assassino!". Si apre con un urlo e si chiude con tre tavole di silenzio - silenzio coraggioso, orgoglioso, per nulla omertoso - "Peppino Impastato - Un giullare contro la mafia" (edito da Beccogiallo, sceneggiatura del trapanese Marco Rizzo e disegni del messinese Lelio Bonaccorso, in uscita domani in tutte le librerie, ma che abbiamo letto per voi in anteprima), biografia a fumetti del giovane militante antimafia reso famoso dal film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana e dalle canzoni di numerosi artisti, come Pippo Pollina, i Modena City Ramblers e tanti altri.

La storia dell'antimafia è piena di nomi caduti nell'oblio e potrebbe sembrare ridondante dedicare l'ennesima opera al personaggio più conosciuto. Perché raccontare ancora la stessa storia, perché ripercorrere ancora gli stessi passi? Non è inutile?

A lezione di criminalità con Loretta Napoleoni

La “Fine della storia” è un concetto che piace. Affermare che la storia sia arrivata al capolinea vuol dire lavarsi le mani dalle proprie responsabilità, infischiarsene del presente e continuare a sbagliare nella consapevolezza che siamo arrivati al massimo sviluppo possibile.
Non c’è scampo però: la storia non è solo una successione di fatti. E’ molto di più. Nel mondo contemporaneo diventa sempre più complicato riuscire a tracciare e tessere le fila degli avvenimenti, capire le conseguenze di ogni azione e trovare un senso di responsabilità. Le notizie di piccoli accadimenti si susseguono a ritmo forsennato, la memoria è piccola e quindi dimentica. Facendo un esempio, diventa difficile riuscire a vedere il nesso tra il crollo del muro di Berlino con l’esplosione della criminalità ittica la quale, coinvolgendo anche aziende importanti come la Findus, porta sulle tavole, nostrane o internazionali, la maggioranza del pesce che i consumatori mangiano abitualmente.
Per questo motivo, è sempre utile fare ordine fra le migliaia di notizie quotidiane per poter continuare a scrivere la storia. Si esce dall’ambito del semplice giornalismo.
Loretta Napoleoni, economista e giornalista presso varie testate internazionali, tenta questa impresa partendo dal suo specifico campo di studi: le forme degenerate dell'economia. Criminalità e manager amorali, finanziamenti diretti o indiretti al terrorismo, crisi economiche strutturali dai contorni sempre meno definibili in cause dirette e univoche.
Nel suo ultimo libro, "La Morsa", Napoleoni descrive l’intreccio sempre più correlato tra gli attacchi dell’11 settembre 2001 e la crisi finanziaria odierna, generata da una forte politica deflazionistica che ha aiutato l’esplosione dei mutui sub-prime. Ma, oltre a questo, anche il connubio tra l’emendamento del Patriot Act che, se da un lato ha reso l’Europa la ricicleria mondiale dei capitali criminali, dall’altro ha anche aiutato lo sviluppo sempre maggiore della nuova e sperimentale finanza islamica. In più, ha contribuito ad alimentare il mito della paura, il terrorismo e gli scontri di civiltà, mentre il mondo, la politica e l’economia affossano nei deliri di onnipotenza. Il timore diventa il sovrano padrone. Non solo per lo straniero e l’Islam, ma anche per la crisi economica. Come uscirne? La risposta sarebbe rimettere tutto in piedi, partendo dallo Stato. Quindi, rimettendo in primo piano l’aspetto della legalità. Analizzare il crimine diventa fondamentale per capire come fare. Il crimine organizzato è, a questo proposito, talmente addentrato nelle pieghe della cosiddetta realtà normale che diventa un compito primario riuscire a stanarlo.
Per questo motivo, l’autrice ci ha concesso una breve intervista su questi temi. Lasciamo quindi a lei la parola.

Nonostante i dati e le inchieste lasciano intravedere un fenomeno estremamente allargato, ancora oggi si tende a parlare di mafia e crimine organizzato come un fenomeno prettamente locale e territoriale. Lei riuscirebbe a dare una fotografia concisa delle infiltrazioni della criminalità nell'economia globale?

E’ proprio questo il problema, considerare il crimine organizzato come un fenomeno locale quando invece è diventato parte integrante della globalizzazione. Pensare poi che appartenga solo all’Italia è uno sbaglio che l’Europa potrebbe pagare caro. Mancano in Europa le leggi ad hoc per combattere il crimine organizzato che invece noi in Italia abbiamo da decenni.
Il crimine organizzato ormai si è infiltrato dovunque, non esiste settore economico o finanziario che non sia stato contaminato. E questa contaminazione è stata facilitata proprio dalla globalizzazione

In precedenti interventi, Lei ha criticato la continua emissione di cartamoneta da parte degli Stati per sostenere le Banche durante la crisi. Critica che mira a posizionare l'obiettivo su una possibile inflazione futura a causa della grossa quantità di liquidità monetaria. Secondo Lei, i gruppi mafiosi potrebbero approfittare di questa falla per i loro investimenti illeciti? Se si, quali potrebbero essere i rischi per l'economia legale?

Il crimine organizzato in questa situazione di crisi ci sguazza, basta ricordare la crescita esponenziale della criminalità organizzata negli Stati Uniti durante gli anni ’30. E’ vero che il proibizionismo era il velano principale ma quando la crisi è scoppiata i soldi dei boss mafiosi hanno iniziato a circolare nell’economia nazionale. Il grande salto è avvenuto durante la crisi, non prima. Noi rischiamo di trovarci in una situazione analoga: già al sud d’Italia lo strozzinaggio del crimine organizzato ha rimpiazzato le banche che si trovano in crisi di liquidità. Quando poi partirà l’inflazione allora inizierà la corsa ad accaparrarsi beni rifugio, dal settore immobiliare all’oro. E qui l’investitore tradizionale entrerà in concorrenza con il crimine organizzato perché l’economia diventerà sempre più orientata verso l’uso del contante.

Ecomafia è un termine relativamente nuovo e poco noto a livello pubblico. In Italia, la recente esplosione dell'emergenza rifiuti a Napoli ha portato alla luce un traffico di criminalità che ha fatto della spazzatura un tesoro. Tuttavia, anche se meno "pubblicizzati" a livello mass mediatico, i crimini ambientali sono diversificati e presenti in ogni angolo del pianeta. Attività come la pesca abusiva o gli incendi dolosi, giusto per citarne alcune, fatturano per la criminalità quasi quanto il commercio degli stupefacenti, con la conseguenza però che i danni provocati dalle stesse diventano globali e irreversibili. Riuscirebbe a descrivere quanto i crimini ambientali impattano sul nostro pianeta, da un punto di vista sociale ma anche sotto un profilo economico?

Il crimine ha sempre distrutto l'ambiente perché non gli interessa l'estetica, la bellezza, la natura ecc. Il mondo della criminalità è per la maggioranza rozzo ed ignorante, il crimine non paga e questo le persone intelligenti lo sanno bene.
Oggi però l'impatto della criminalità sulla distruzione dell'ambiente è in netto aumento e le conseguenze sono disastrose.
Dal punto di vista economico ciò vuol dire che costerà sempre di più 'ripulire' il pianeta dallo scempio ecologico del crimine, basta pensare al Baltico ormai trasformato in una pozzanghera dai pirati del pesce.
E poi ci sono i pirati della spazzatura che trasportano nei paesi poveri e nelle acque territoriali di questi stessi scorie elettroniche e prodotti contaminati.

Nel libro "Economia Canaglia", Lei intraprende un viaggio attorno al mondo indagando i vari aspetti corrotti dell'economia odierna, passando da pratiche legali e amorali come gli hedge funds, a veri e propri traffici illeciti e/o violenti, come la 'ndrangheta o i vari gruppi criminali dell'Asia Orientale impegnati in diverse attività. A fronte della Sua indagine, sarebbe utile ridisegnare dal principio una teoria della mafia e del crimine organizzato, integrando e facendo leva su tutti gli elementi contemporanei del nuovo sistema economico e politico?

Sicuramente il crimine organizzato è cambiato grazie all’avvento dell’economia canaglia, è diventato più maturo e più scaltro. Sì, penso proprio che bisognerebbe ridefinire la natura di questo fenomeno in relazione ai cambiamenti in corso nel nostro mondo. Ma questo richiede molto coraggio perché pensare che la realtà della Camorra sia circoscritta a Napoli ed ai traffici della città è per tutti noi meno traumatico che accettare il fatto che quando andiamo in pizzeria a Berlino, a Milano come a Madrid senza saperlo facciamo parte della rete del crimine organizzato. Napoli è quindi solo la punta dell’Iceberg, sotto c’è il pianeta intero. Ecco, questa verità nessuno la vuole accettare.

Il crollo del muro di Berlino ha dato una fortissima accellerazione alla criminalità organizzata, grazie allo sviluppo di numerose attività illecite. Per contro, gli attentati dell'11 settembre hanno dato una spinta alla finanza islamica. In questi due casi si nota come la concezione del sistema economico occidentale sia entrato in crisi. Potrebbe spiegare come una disciplina così complessa come l'economia dovrebbe rifondarsi sulla base di questi nuovi scenari?

Lo sviluppo della finanza islamica non è negativo ma positivo, mostra come un sistema alternativo al nostro che poggia sull'etica e la cooperazione funzioni bene ed abbia evitato grazie a questi principi la crisi in cui ci troviamo. La crescita della criminalità invece è un fenomeno negativo legato alla deregulation, l'abbattimento dei controlli finanziari ha dato grande impeto all'economia illegale.
Tutti e due i fenomeni ci dicono che il sistema così come è strutturato non funziona, ha bisogno di essere rinnovato.

http://www.lorettanapoleoni.org/

Topolino baluardo della società interetnica: una poesia (e un'intera classe) contro il razzismo

Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi, diceva Brecht. E il popolo italiano sembra abbastanza sfigato se teniamo conto che ha un bisogno molto urgente di eroi, ma che non riesce a trovarne manco mezzo.

Beh, forse uno c'è, a dire il vero. E' basso, ha orecchie enormi e non è neppure nato in Italia. Sì, è mister Mickey "Topolino" Mouse. Che, sul suo giornale, sta portando avanti l'iniziativa contro il razzismo più progredita e seria del Paese: già da settimane pubblicizza il concorso di poesia per ragazzi "Il razzismo è una brutta storia" e ora, con il numero in edicola domani, propone 4 pagine dedicate alla 1° C della scuola media Teodoro Ciresola di Milano.

Chi altri, oggi, ha il coraggio di dire che la società interculturale non è solo complessa e problematica, non è solo inevitabile ed economicamente conveniente, ma è anche una fortuna intrinsecamente bella?

Organizziamo una maxi-colletta per regalare una copia del Manuale delle Giovani Marmotte ad ogni politico? Anzi, risparmiamo i soldi, tanto gran parte di loro non ha letto neppure la Costituzione...


p.s.: Allegato a Topolino, anche il poster Disney - Regione Piemonte che presenta la Carta Etica per lo Sport Piemontese, sviluppata nell'ambito dell'interessantissimo progetto Etica e Sport del Piemonte. Ah, se non ci fosse il piccolo topo dalle grandi orecchie... e anche qualche raro ottimo esempio di Pubblica Amministrazione!

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James Ellroy, il noir e il campo di cipolle


Tutto quello che mi resta è la volontà di ricordare. Non c'è più il tempo: solo sogni febbrili. Mi sveglio con un senso d'ansia; ho paura di dimenticare. Nelle fotografie la donna è sempre giovane.
(James Ellroy - White Jazz)

Mi ricordo la prima volta che ho tirato un pugno in faccia ad un ragazzo. Avrò avuto dodici anni. L'altro era un coetaneo. Il motivo forse non c'è mai stato, ma quello che accadde dopo è ancora in memoria. Così come il suo sangue sulle nocche delle mani. Il suo naso ne perdeva di continuo. L'unica fortuna fu che non si ruppe. Andò in un bagno, si ripulì con dell'acqua fredda poi uscì. In quel momento non mi sentii strano, né più forte. Non c'era spazio nemmeno per dei sensi di colpa. Quelli vennero dopo, accompagnati da altre situazioni simili.
Ne diedi altri, ne ricevetti altri. Forse con più interessi di quanti me ne aspettassi. Si va avanti, ci si rende protagonisti di altre situazioni di violenza. Eseguita o subita, non importa in quale ordine. Avvicinandosi dentro di sé, nel perdurare del sangue che, senza intoppi, può continuare a fare quello che più gli aggrada.
Spesso si parla di violenza come qualcosa che esiste di per sé. Qualcosa di fisico principalmente, spesso dimenticandosi che quella non è mai un fine, ma solo un mezzo. In qualunque forma che essa può presentarsi. Un pugno come una parola. Ne diventa un tramite per qualcosa di altro. La violenza mediatrice.
Fare i conti con questi aspetti porta poi a crescere. Più in fretta o più in sordina. Senza scampo per cani o porci. Diventa parte integrante della vita senza avere un benchè minimo senso. Passato o non passato, senza lotte o stracci di pace. Si fanno i conti, si superano certe questioni insolute che la violenza porta con sé. Quello che rimane è sempre qualche cicatrice, solitaria, da condividere con parsimonia e cautela. E' testimone preziosa del tempo.
Ma la cosa più tremenda della violenza è la solitudine che l'accompagna, specie quando viene subita. Si annida dentro, fagocitando ogni briciola nascosta di speranza o articoli correlati. E' una solitudine strana, pressante e necessaria. Il suo animo è noir, come il genere letterario. Per questo, forse, più che un genere il noir è uno stile di vita. Cambia inoltre la prospettiva, se è imposto o scelto autonomamente. Il noir è qualcosa che brucia e che fa bruciare chi lo tiene stretto. Un percorso nei sotterranei. Nessun piagnisteo o vittimismo. E nemmeno rassegnazione. Solo vedere il mondo da un angolo insolito. Quello per cui non dici che le donne sono tutte puttane se ti tradiscono una volta, ma resti lì a domandarti perchè se le guardi negli occhi non puoi fare a meno di impazzire per loro.
James Ellroy lo spiega in un articolo tutto questo. Attraverso una passione per i libri che oltrepassa il confine della legalità. E' solitudine sì la sua, ma non solo. Non riesce a trasmetterla tutta. Una parte la conserva per sé come uno scrigno. Ne condivide una fetta. Domanda se c'è un libro che possa far cambiare la vita. Il suo è un tentativo di una ricera di una risposta. Una strada che sa anche di redenzione. E' un lastricato, attraverso un campo di cipolle, dove le lacrime evocate e nascoste sono pubbliche. Ma il resto no, è celato. Quello rimane solo un segreto noir.

http://www.corriere.it/cultura/09_marzo_22/ellroy_9bba59ca-16c1-11de-a7e8-00144f486ba6.shtml


Eiaculazioni da leccarsi i baffi: con le ricette di "Natural Harvest" lo sperma conquista la cucina

E' un libro che ha fatto parlare molto di sé e, secondo Libération, starebbe per uscirne anche l'edizione italiana. Si tratta di "Natural Harvest - A Collection of Semen-Based Recipes" (Frutto naturale - Una collezione di ricette basate sul seme), raccolta di 25 ricette ideate da Paul Photenhauer, un infermiere gay di San Francisco.

Come specifica il sottotitolo, tutte le ricette, dal milk-shake a varie salsine, sono accomunate da un ingrediente: lo sperma. "Come il vino ed il formaggio, il suo gusto, che al primo impatto può sembrare spiacevole, acquista in bocca varie sfumature" spiega Photenhauer, secondo il quale il seme umano sarebbe perfetto soprattutto come condimento di piatti a base di frutti di mare e pesce.

Ohibò, quante facce schifate! Ampiamente previste dall'autore del ricettario, tanto è vero che il libro è dedicato proprio a voi. "Io ingoio e la trovo una cosa bellissima sul piano simbolico..." spiega Photenhauer, il quale, stufo di vedere persone disgustate dallo sperma, ha deciso di "aiutare la gente a superare la propria fobia": "Mi sono messo al lavoro al mio tavolo di cucina e ho cercato tutte le ricette che permettono di esaltare tutte le qualità dello sperma".

Che dire? Un libro perverso, disgustoso o divertente? Una lettura da consigliare ai depravati o ai buongustai? Scegliete voi. Ricordate in ogni caso che non è adatto ai nostri amici vegani...

E' però interessante notare il modo originale con cui Photenhauer affronta il tabù dell'ingoiare lo sperma. Si tratta di un tabù antico e comune a numerosissime culture - con poche eccezioni, come gli Etoro della Papua Nuova Guinea che utilizzano la fellatio e la successiva ingestione dello sperma come rito di iniziazione alla vita adulta maschile -, reso più forte dall'avvento dell'Aids.

Ma si sa, c'è qualcosa che non si ferma davanti a nessun tabù: è la pornografia commerciale. E infatti il porno si è impossessato senza problemi dell'argomento, riuscendo a sviluppare e sfruttare numerosi filoni tematici, ognuno indicato con un diverso nome (il bukkake, il gokkun, lo snowballing...). E la prospettiva grossolana e triviale della pornografia viene replicata in tutte le chiacchiere da bar...

Ma perché qualsiasi discorso che sia collegabile al sesso ed alla sessualità deve essere sempre considerato talmente importante da avvolgerlo nel silenzio, talmente sacro da cederlo in esclusiva alla pornografia commerciale? E allora ben venga un punto di vista nuovo, per quanto bizzarro possa essere. E poi può essere un incentivo per tutti quei maschietti che di cucina non ci capiscono una sega...



* * *

Noci candite sborrate

1/2 coppa di zucchero
3 coppe di noci
3 cucchiai da cucina di burro fuso
1-2 cucchiai da cucina di seme fresco

Versare delicatamente le noci nel burro fuso in una teglia da forno e cuocere al forno a 180 gradi per parecchi minuti, fino a quando le noci diventano leggermente brunite. Mettere insieme lo zucchero e il seme e magari un altro po' di burro in una piccola ciotola prima di mischiare dentro le noci. Cuocere al forno per altri 5-8 minuti fino a quando lo zucchero indurisce.


* * *

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Dylan Dog ed il re delle mosche: con Belzebù l'indagatore dell'incubo torna alla vita

Da chimico un giorno avevo il potere
di sposare gli elementi e di farli reagire,
ma gli uomini mai mi riuscì di capire
perché si combinassero attraverso l'amore,
affidando ad un gioco la gioia e il dolore.
(De Andrè, Un chimico)

Finalmente è tornato alla vita. Senza trasformarsi in uno zombie - cosa che, parlando di Dylan Dog, potrebbe starci benissimo. Dopo tanti albi dal soggetto improponibile (vedi "Gli artigli del drago") o carini, ma con un indagatore dell'incubo trasformato in semidio (l'affronto supremo compiuto in "Il modulo A38"), ecco una bella boccata d'aria fresca con "Il re delle mosche", soggetto e sceneggiatura di Giovanni Di Gregorio (che ci aveva lasciato a dicembre con l'insignificante e sciattissima storia di "Cose dell'altro mondo").

Un Dylan Dog spaesato ed in crisi amorosa, tornato ad essere quel moralista un po' palloso ma tanto umano che ci piace tanto, una giovane chimica che cita De Andrè ("Guardate il sorriso, guardate il colore / come giocan sul viso di chi cerca l'amore: / ma lo stesso sorriso, lo stesso colore / dove sono sul viso di chi ha avuto l'amore?"), un cattivo che sembra uscito fuori dalla migliore tradizione disneyana (uh, come stanno storcendo il naso i puristi!), la meravigliosa citazione dell'"Orlando Furioso" in un sogno ricco di poesia, la copertina metafisica... Tutto questo ci fa quasi dimenticare la qualità discontinua dei disegni di Luigi Piccatto e ci fa tornare a sperare in un futuro dylaniato...

Little Prince(ss)

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Il cesso della democrazia

Se il vicino fa schiamazzi chiama Olindo e Rosa Bazzi. Se il bambino rompe i coglioni chiama la Franzoni.

Molto spesso, il posto dove poter incontrare l'anima vera, quella che coinvolge e rappresenta un determinato luogo è il suo bagno. Da come è tenuto si capiscono molte cose. E' come un portafoglio, pieno di sorprese, scontrini da buttare che possono magari mettere nei guai. Lo stesso dicasi per i cessi, specie quelli pubblici. Diventano lo specchio delle persone che li frequentano.
Si trova ogni cosa. Dai pippaioli che sniffano i grammi di coca comprati sottobanco nel locale ai segaioli minorenni che hanno appena rubato una rivista porno dall'edicola all'angolo; dagli studenti alle prese con canne da fumare fuori dai cancelli della scuola a liquidi seminali di qualche discotecaro ubriaco.
Ovviamente, esistono anche bagni più puliti, dove non occorre per forza entrarci come se si partecipasse alla gara di corsa agli ostacoli delle Olimpiadi, evitando chiazze poco identificabili o, anche, assorbenti usati mal ripiegati.
Ma, oltre a tutto questo, ciò che fa di un bagno pubblico un luogo dove poter confrontarsi direttamente con lo spirito del luogo in cui è ospitato sono le scritte sui muri, le robe più classiche. Dagli annunci ai numeri di telefono di persone sfigate messi per scherzo. Scritte politiche o battute irriverenti. Tolta la maschera e sigillate al sicuro della porta con catena, le persone si lasciano andare alla loro più fervida immaginazione, rispecchiandosi nell'animo del luogo.

Per questo, occorrerebbe domandarsi il futuro di un luogo simbolo di Milano quale è la Biblioteca Sormani. Se è vero che il cesso rappresenta l'anima in quanto libera il volto dei suoi ospiti, ci sarebbe da preoccuparsi nel leggere i commenti di morte che strabordano, senza scherzi o doppi sensi, dai muri dei bagni di questa biblioteca. Non solo commenti come quello all'inizio dell'articolo, e nemmeno scritte più buffone come W il papa o pompini col culo. Di democrazia nei vari commenti se ne è già parlato ed è questo ciò che è diventato il cesso maschile della biblioteca: il cesso della democrazia stessa. Da riempiamo le mani di spranghe e andiamo a picchiare gli zingari; Mao-metto la nuova religione comunislamismo; ti stupro A... e tante altre, correlate di immagini vagamente raffiguranti vagine peggio che al liceo. Un'orgia di cazzate che supera il comun denominatore delle scritte nei bagni, ossia il vago senso di umorismo molto grezzo, per arrivare alla presunta conoscenza di una verità superiore.

Democrazia ad uso del pennarello indelebile. Specchio dell'utenza di una biblioteca di Milano. Quale che sia la cultura dei libri. Nella storia dei periodi bui, si sa, i volumi stampati non fanno mai una bella fine. Si tira lo sciacquone e tutto viene cancellato.

Milesmood



Attesa. Un fumetto dalla Palestina...



Tratto da Zerocalcare
Cliccare sulle immagini per visualizzarle in formato più grande.

Topolino "l'(italo)-americano" da 60 anni in edicola. E sul web ecco le più belle storie gratis

Chi è il sessantenne più amato da grandi e piccini d'Italia? No, non affannatevi a cercarlo in tv: stiamo parlando di carta stampata! Eh sì, sono ben sessant'anni che "Topolino" esce nelle edicole italiane!

Sessant'anni ricchi di storie divertenti e di alcuni veri e propri capolavori dell'arte del fumetto (già nel primo anno viene pubblicato l'insuperabile "L'inferno di Topolino", con i disegni di Angelo Bioletto e i versi di Guido Martina).

Sessant'anni di "glocalismo" incredibile. Perché se topi e paperi della Banda Disney sono il simbolo più onnipresente della globalizzazione made in Usa, è altrettanto vero che Topolinia e Paperopoli sono diventate ormai così simili alle nostre città (anche grazie al fatto che una quota incredibile dei fumetti Disney sono prodotti da sceneggiatori e disegnatori italiani) da sembrare delle enormi Little Italy.

Sessant'anni sono tanti, ma li possiamo ora ripercorrere grazie alla pubblicazione delle più belle storie sul sito di "Topolino" (Disney.it). Si possono leggere (del tutto gratuitamente) tantissimi fumetti di tanti, tanti anni fa. E se credete che su queste storie il tempo abbia depositato la sua polvere, scoprirete che basterà una risata a spazzarla via...

Little Prince(ss)

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Obama ha l'Uomo Ragno, Veltroni ha Rutelli: qualcuno nota una piccola differenza?

Titoli da Repubblica.it: "Veltroni e l'incubo scissione: 'Qui salta tutto, non solo io'" - "Terrorismo, la svolta di Obama:
'Ideali alti, mai più la tortura'".

E poi ti chiedi perché uno finisce su "the Amazing Spider-Man" e possa dire "Thanks... partner" all'Uomo Ragno, mentre l'altro può aspirare al massimo alla vignetta di Giannelli...

Per non parlare dell'altra piccola sottilissima differenza: Obama ha come partner l'Uomo Ragno, che lo aiuta in ogni modo; Veltroni come partner ha tizi come Rutelli e D'Alema, che non pensano ad altro che a fargli le scarpe.

Yes, we can. Sì, possiamo fare sempre peggio. D'altra parte, è quello che stiamo facendo, no?

Little Prince(ss)

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"Non sono un alieno" di Gabriele Sannino

Due chiacchiere con Gabriele Sannino, giovane autore del romanzo appena uscito Non sono un alieno.
Attraverso l’ispirazione visionaria di un documentario sugli ufo, Sannino ha scritto in sei mesi un romanzo con protagonista Walter, un personaggio creato e modellato a partire da brevi considerazioni dell’autore sul mondo che lo circonda, tuttavia mai lasciato sforare nell’autobiografia. Nonostante questo, Sannino confessa di aver provato numerose sensazioni nello scrivere, dimostrando in tal modo un forte coinvolgimento: è il racconto che si è autocreato, utilizzando la mano di Sannino come tramite.

Ma lasciamo parlare direttamente l’autore…

Spiegami brevemente la storia e come ti è venuta in mente

In estrema sintesi è la storia di un ragazzo, Walter, che non accetta la sua omosessualità e che solo attraverso gli eventi della vita, a volte un po "crudeli" ma comunque in qualche modo "indispensabili" nonchè attraverso l'amore incondizionato di alcune persone vicino a lui, riuscirà finalmente ad essere se stesso.
L'idea del romanzo, non ci crederai, ma è nata guardando un documentario sull'ufologia, dove lo speaker, ad un certo punto, parlava di diversità, in particolare del fatto che noi siamo spaventarti in fondo di scoprire un'altra civiltà e ne abbiamo in qualche modo istintivamente paura. Per noi gli alieni sono dei "diversi" ma anche per loro noi lo siamo.
Ho cominciato cosi a riflettere sulla diversità e a chiedermi cosa fosse per davvero se non la paura di ciò che non conosciamo. Ed è cosi anche per le persone omosessuali. Le si stigmatizzano ancora perchè, in fondo, non le si conosce, non si conosce il loro mondo, non si sa in realtà quanto sono "terrestri" anche loro.

Se c'è, qual è l'autore che ti ha più ispirato?

In effetti c'è qualche autore che mi ha ispirato. Io adoro scrivere in maniera semplice (e semplice non vuol dire banale: odio le banalità e i luoghi comuni per natura, li considero una drastica riduzione e semplificazione della ragione umana). Adoro la scorrevolezza e la linearità di pensiero. Non mi piace far perdere il lettore per strada, nella trama o con paroloni che poi fan perdere il cuore dei pensieri a chi mi sta leggendo.E questo stile, se cosi possiamo poi chiamarlo, l'ho un po' appreso da me ma non solo, anche da alcuni autori che ho particolarmente amato e seguito come per esempio Lara Cardella ( in particolare nel suo "volevo i pantaloni").

Il personaggio principale si chiama Walter. Oggi in Italia, il Walter più famoso è Veltroni. Tu che rapporto hai con la politica? Pensi che la cultura debba, possa o è impossibilitata a dare una mano all'azione pratica e democratica?

Con la politica ho un rapporto di amore e odio. Da un lato, infatti, studio scienze politiche e quindi mi piace, ma dall'altro vedo la realtà e l'opportunismo che mi circonda e mi rendo conto di quanto sia odiosa.
Io penso che la cultura possa essere un bene prezioso per tutti, anche per la politica, che deve imparare e crescere proprio come tutti noi. Nessuno è una persona "arrivata o conclusa", nè tantomeno la politica, che è fatta da uomini. Detto questo aggiungo che la politica (democratica che sia) debba innanzitutto rimodernarsi nelle persone. Questo paese ha un tasso di anzianità tra i politici che è spaventoso, e a volte si sa gli le persone anziane sono poco inclini ai cambiamenti.
Un paese vecchio come questo non può che rifarsi a vecchie mentalità, in tutti i campi, anche nell'economia paradossalmente.

Cosa pensi dell'identità in generale?

Io penso che avere un'identità a questo mondo sia fondamentale non tanto per distinguerci dagli altri quanto per avere un buon rapporto con se stessi. Stare bene con noi stessi insomma, e rispettarci per quello che siamo e che sappiamo di essere.
Credo però che sia altrettanto importante non imporre questa identità agli altri, altrimenti si rischia di diventare fanatici e vittime di lei stessa. Rischieremmo di fare il gioco di quelli che oggi credono che ci sia una sessualità giusta e una sbagliata, o di chi professa una religione credendo che tutte le altre siano devianti o peggio ancora immeritavoli di esistere.
L'uomo ha bisogno di una sua identità, ha bisogno di cercare se stesso e di interrogarsi. A mio avviso dovrebbe farlo sempre. Se l'uomo non acquista un'identità e non fa niente per cercarla rischia di diventare elemento di qualche branco. E i branchi, si sa, a volte non sono cosi sicuri.

L'ultimo romanzo di Chuck Palahniuk, Gang Bang (Snuff) è ambientato all'interno del mondo della pornografia. Tu come ti trovi al riguardo di questo genere di cinema? Credi che sia una rappresentazione stereotipata o che sia una delle tante forme della sessualità?

Personalmente, essendo un liberale, non ho niente contro la pornografia. Credo che l'essere umano sia una miscellanea di istintività e razionalità, per cui non la trovo stereotipante o stereotipata, che dir si voglia.
La pornografia è comunque e sempre a mio avviso espressione, in qualche modo, della propria sessualità. Se non altro è una sua proiezione.
Tuttavia preferisco personalmente non concentrarmi solo su questo aspetto (ma ripeto è solo il mio caso) tanto è vero che nel romanzo ho evitato di inserire particolari compiacimenti scabrosi proprio per dar vita, invece, ad un amore "pulito" per dimostrare che ci sono anche dei sentimenti e ci sono in ballo, a volte, anche le emozioni quortidiane delle persone. Diciamo che è un coinvolgimento estremamente diverso. Nè superiore nè inferiore ovvio.

Il grande colibrì