Uma lembrança

Mi svegliai lentamente. Gli occhi semiaperti, contratti dalla luce tiepida che si diradava dalla tapparella rotta, cercavano con la loro coda tracce di una qualche presenza. Non vidi nessuno. Richiusi lo sguardo, aspettando di udire qualche suono, una parola, una carezza. Il letto sfatto e impregnato di sudore mi sembrava più caldo. Fuori la pioggia si consumava energicamente e senza alcuna voglia di smettere. Mi richiusi su di me, stringendomi dentro le coperte.
Non riuscivo a capire che ore potessero essere. Le due di notte come le undici. Ero arrivato da lei presto e avevo perso la cognizione del tempo. O forse nemmeno esisteva.
Quella volta mi aveva accolto con un sorriso spento. Non ricordavo di averla mai vista così a terra. Mi abbracciò e disse che voleva solo essere coccolata. Così feci, cercando di tranquillizzarla e rassicurarla. La sua pelle lasciava solo profumi al cocco. Il suo frutto preferito.
Restammo abbracciati a lungo, senza scambiarci una parola. Di sottofondo la televisione schiamazzava risate. Stava passando l'ennesimo programma demente infarcito di cazzate. Lei alzò lo sguardo verso lo schermo. Disse qualcosa mordendosi le labbra, asciugandosele con la punta della lingua, poi si alzò e andò a vedere fuori dalla finestra.
"Piove tanto", disse malinconica. Si erse sulle punta dei piedi per vedere meglio tra le fessure della tapparella. Con la testa mimava il passaggio delle auto in corsa sulla strada. I clacson annunciavano che era incominciata la serata da bere.
Io mi limitavo ad osservarla. La sua figura minuta assorbiva la luce delle candele messe a bordo della scala che conduceva al piano interrato. La pelle scura si riabbagliava da sola, mentre le gambe, in fremito per lo spettacolo di fuori, si raccoglievano in una curva flessibile e sinuosa.
Poi si voltò e camminò verso il letto. Si sdraiò sopra di me e, senza accorgermene, stavamo già facendo sesso.
Per questo, il risveglio fu destabilizzante. La mano non trovava nulla accanto a sé. Si udiva solo lo scrosciare incessante della pioggia. Poi udì dei passi saltare sulle scale. Mentre risaliva, l'ascoltai cantare dolcemente.

Quando eu era pequenino De pé no chão Eu cortava papel fino Pra fazer balão E o balão ia subindo Para o azul da imensidão

"Sei sveglio dormiglione?", mi domandò ironica.
"Più o meno. Dov'eri?"
"Sotto, a farmi una doccia", rispose sdraiandosi accanto a me.
"Nemmeno ti ho sentita".
"Non ti ho disturbato", disse mentre iniziò a giocare con le mie dita.
"Hai una voce bellissima", le dissi assorto. "Che canzone era?"
"E' una canzone che cantavo sempre a mio figlio. Una canzone per bambini in Brasile".
Ritornò ad essere di nuovo triste. Le scostai i capelli dal volto e la baciai in fronte.
"Sei sempre carino, tu", mi disse.
"Quando pensi di ritornare", le chiesi amareggiato.
"Ancora un mese. Poi via, e viene qui mia nipote. Così, ci scambiamo".
"Ti manca tuo figlio?"
"Si. E non posso fare altro per aiutarlo. Solo", si interruppe. La guardai e notai il suo velo malinconico. Abbassò gli occhi. "Questa non è vita, capisci? Voglio dire, guardami. Tutto quello che ho per questi mesi è questa casa. Solo questo. Mi fa sentire sola".
Si girò e si accartocciò fra le sue gambe. Provai ad abbraciarla ma si ritrasse senza forza. Fuori ancora non accennava a smettere.
"Per questo, per andare avanti. E non serve a nulla. Mi domando per quanto tempo dovrò ancora dare via il mio culo prima di sentirmi totalmente un animale".
Le accarezzai la spalla poi la baciai sulle guance.
"Almeno per adesso ci sei tu. Grazie che stai qui", mi disse mentre si girò.
"Perché mi ringrazi? Se sono qui è perché lo voglio".
Mi abbracciò e infilò le sue gambe fra le mie. La sua levigatezza mi faceva rilassare fino a sprofondare nel suo profumo.
"E' da tanto che non dormo con qualcuno. E' sempre così bello".

Hoje em dia o meu destino Não vive em paz O balão de papel fino Já não sobe mais O balão da ilusão Levou pedra e foi ao chão

(Chegou a hora da fogueira)

Ci sarebbero molti modi per descrivere l'aberrante legge che è passata oggi sulla cosiddetta sicurezza. Toni politici e tanti altri, che verranno elencati nei prossimi giorni, forse un paio, per poi cadere nel solito dimenticatoio della onorata società. Fatta di un nulla invisibile. Per questo è solo il calore di qualcuno che riesce a tirar fuori un qualche tipo di sentimento, senza affondare nel vuoto del proprio piccolo orticello, da custodire talmente gelosamente che lo stesso contadino è geloso di se stesso. Così preferisco ricordarla in quel momento, o vivermi con altri. Altrimenti non potrei nemmeno considerarmi un cittadino. Figuriamoci un essere umano.

Milesmood

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