Enrico Fusco: "Un inarrestabile cambiamento per rilanciare un'Arcigay inconcludente"

"Ma il congresso non è ancora stato celebrato e i delegati non hanno vincolo di mandato". Non è piaciuta la nostra intervista a Paolo Patanè, in vista del congresso nazionale di Arcigay che si terrà dal 12 al 14 febbraio a Perugia, ai promotori della mozione "Inarrestabile Cambiamento". Non è piaciuto, in particolare, il fatto che, registrando il dato che Patanè è l'unico candidato ufficiale e che la sua mozione "Essere futuro" ha ottenuto un'ampia maggioranza di voti da parte dei soci, abbiamo definito "praticamente certa" l'elezione di Patanè alla guida della più grande associazione *qtlgb italiana.

Nel clima avvelenato che appesta Arcigay e che le si propaga attorno, la nostra intervista è stata forse interpretata come una mossa al servizio di una "campagna elettorale" che però, se esiste, ci vede completamente estranei. A dirla tutta, anzi, siamo decisamente preoccupati per le sorti di un'associazione che, dopo la pessima gestione di Aurelio Mancuso, si credeva potesse solo migliorare. E invece la luce in fondo al tunnel appare ancora molto lontana in un'Arcigay che sembra impegnarsi più nello scontro tra correnti e individui che nella progettualità e nello svelenimento reale dei rapporti.

Con la speranza di sbagliarci e augurando sinceramente ad Arcigay di riuscire ad uscire da queste sabbie mobili - anche perché, nonostante il pessimo spettacolo offerto all'esterno, è costituita anche da decine di volontari che portano avanti iniziative importanti -, cerchiamo di capirne di più intervistando Enrico Fusco, personalità importante dell'Arcigay barese e mariniano nel Pd pugliese, primo firmatario della mozione "Inarrestabile Cambiamento", alternativa a quella di Paolo Patanè.

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Secondo la vostra mozione quali sono le principali sfide che Arcigay dovrà affrontare nel futuro? E come dovrà rapportarsi con il resto dell'associazionismo *qtlgb?

La sfida principale è il rinnovamento, che è necessario per rimettere Arcigay al passo con i tempi: la mission deve (e non può essere che così) restare la stessa, ma le strategie, i modi ed il linguaggio devono cambiare.

Nell'immediato, dobbiamo essere portatori di una modalità diversa sul come attuare le iniziative con il movimento e sul come attenuare i contrasti interni, e il nostro rinnovamento può essere un’occasione per produrre un cambiamento anche nel resto del movimento: lavorare con umiltà per recuperare il rapporto con le altre componenti di esso, rilanciare l'idea di un Coordinamento LGBT, capace di realizzare una metodologia di relazione interna e di organizzazione di eventi come Pride, manifestazioni, iniziative e di affrontare in modo democratico, maturo e consapevole il tema della rappresentanza delle varie componenti.

Questo vuol dire anche affermare una relazione nuova con i soggetti economici e/o mediatici che a loro modo producono e gestiscono potere, informazione e conoscenza incidendo sulla comunità lgbt e sul movimento stesso: dobbiamo rispettarne l’autonomia e ottenere rispetto per il nostro ruolo politico. Anche questo è fare lobby, senza avere pretese egemoniche.

In via più graduata, è necessario lavorare con i movimenti che si impegnano per i diritti delle donne e con quelli che si occupano dei migranti, al fine di fondere le rispettive esperienze ed energie, sul presupposto che tutti - noi, le donne ed i migranti - lottiamo contro forme diverse di razzismo... ma sempre di razzismo si tratta!

Irene Tinagli, in uno splendido libro che si chiama "Talento da svendere", afferma che le città inclusive sono quelle che non discriminano donne, migranti ed omosessuali: questo è il futuro e noi dobbiamo lavorare perché la nostra idea di società inclusiva e non discriminante diventi condivisa da quante più persone possibile. In tal modo potremo recuperare quella stessa energia che fummo capaci di attivare all'epoca della campagna per il Pacs. Da soli non andremo da nessuna parte.


La vostra mozione non esprime alcun candidato alla presidenza. Come mai? E davvero credete di poter portare cambiamento senza assumervi l'onere di dirigere l'associazione?

Le regole dell’associazione prevedono questo percorso che abbiamo voluto seguire. Poi siamo stati addirittura in cinque a offrire la nostra disponibilità per l’associazione. "Inarrestabile Cambiamento", infatti, è stata presentata da 5 primi firmatari (Enrico Fusco, Michele Breveglieri, Giovanni Caponetto, Carlo Guarino, Fabrizio Sorbara) che hanno dichiarato in una lettera alla mailing list Comitati di Arcigay di essere disponibili a mettersi in gioco. Gli scenari, dunque, non sono affatto oscuri e non ci sono inciuci sulla questione dei nomi.

Vogliamo una gestione plurale di Arcigay, una condivisione trasparente delle responsabilità, una maggiore partecipazione, più confronto, più dialogo dentro e fuori l’associazione. La nostra è un’associazione di promozione sociale, non è un partito con leader e capicorrente che si affrontano alle primarie per “prendersi l’associazione”. Per questo vogliamo un confronto reale sui temi, sulle questioni più importanti.

Patanè e Trentini sono stati entrambi fino all’ultimo minuto parte di una segreteria arrivata agonizzante, disgregata e litigiosa alle porte del XIII congresso, in un contesto di complessiva inconcludenza, di compromissione strisciante e grave delle relazioni di fiducia interne alla segreteria e all’associazione tutta. Proprio per questo la richiesta di "Inarrestabile Cambiamento" è sempre stata quella di una rivalutazione più condivisa della proposta per la leadership nazionale, proprio a garanzia di tutti e al fine di svelenire il clima.


Quindi secondo voi come si risolverà (o come si dovrebbe risolvere) il nodo della presidenza?

Credo che sia necessario un buon gruppo dirigente: la figura del presidente, come quella del segretario nazionale, è importante. Ma bisogna puntare su una squadra competente e nuova, all’altezza di Arcigay. Assistiamo, invece, al riproporsi delle figure che hanno già amministrato l’associazione e alle stesse modalità di relazione.

Anche questo clima da "campagna elettorale" a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi non è bello: continui sondaggi, exit poll, percentuali senza senso. La verità è che il gruppo dirigente sarà eletto dai delegati del congresso di Perugia. Se questo sistema non piace, allora si proponga di cambiarlo, ma in modo trasparente, chiedendo, per esempio, l’elezione diretta del presidente nazionale, altrimenti si rischia di scimmiottare logiche e pratiche in voga nei peggiori partiti politici populisti.


C'è chi accusa "Inarrestabile cambiamento" di essere solo un sotterfugio del Pd per prendere il controllo di Arcigay...

Si tratta di accuse e di argomentazioni davvero risibili: magari al Pd interessassero i diritti civili, piuttosto che il deprecabile accordo con gli oltranzisti e fanatici dell'Udc! Si tratta di una questione figlia di un clima isterico di caccia alle streghe nei confronti di chi è volontario in Arcigay e si impegna anche nella lotta politica dei partiti.

Però, bisogna affrontare le cose in modo serio e non demagogico e la soluzione c’è e va applicata a tutti i livelli della nostra organizzazione: incompatibilità tra gli incarichi nei partiti e nelle istituzioni e incarichi di rappresentanza di Arcigay. Regole chiare e condivise – e rispettate a tutti i livelli - sono l’unica exit strategy da un atteggiamento di sospetto e di insinuazione.


Le accuse citate nella domanda precedente, però, ben rappresentano il clima infuocato dentro e intorno Arcigay...

Arcigay rischia di essere lo specchio della società italiana: divisa, frammentata, egoista, in cui ognuno è attaccato al proprio orticello. Un’Italia che non ama le differenze, nemmeno delle opinioni. Se ne esce dandoci un orizzonte, una prospettiva strategica e trovando il modo per realizzarla, insieme, coinvolgendo le persone, mettendoci tutti in moto.

Insomma, Arcigay "deve reclutare", come diceva Harvey Milk, il suo popolo. E, naturalmente, portare a compimento la sua identità di organizzazione in grado di offrire servizi all’avanguardia e in relazione con le comunità locali. Lavorando in questa direzione credo che saremo troppo impegnati per occuparci di polemiche inutili.


Altri problemi in campo sono quelli della trasparenza e della partecipazione. Sbalorditi da un presidente nazionale uscente che indicava tramite sms i presidenti provinciali da eleggere, dallo scontro fratricida in scena a Roma, dalla guerra di dichiarazioni tra le due mozioni, molti ormai hanno perso completamente la fiducia in Arcigay. Il dato clamorosamente alto dell'astensionismo in occasione dell'elezione dei delegati nazionali sembra parlare da solo...

Abbiamo provato a contribuire all'abbassamento dei toni, proprio non esprimendo candidati alla Presidenza ed alla Segreteria nazionali e concentrarci sulle regole ed i contenuti; abbiamo evitato - per quanto possibile - di uscire con dichiarazioni contro Patanè tutte le volte che il candidato alla presidenza è scivolato su questioni sostanziali e di comunicazione.

La base è evidentemente stanca delle polemiche che hanno caratterizzato Arcigay negli ultimi anni ed è stanca di essere considerata la periferia dell'impero: per questo "Inarrestabile Cambiamento" propone una nuova organizzazione "orizzontale" della nostra associazione, che ridia fiato e ruolo ai Comitati provinciali e che ne valorizzi le competenze.


I denigratori accusano Arcigay di essere solo una struttura di potere personalistico e sostengono che le decine di migliaia di iscritti in realtà hanno la tessera dell'associazione solo perché è necessaria per frequentare saune e sex club, mentre le proposte politiche e culturali sono snobbate persino dai soci. Il clima rovente e l'astensionismo altissimo hanno dato, in questi mesi, nuova linfa a queste critiche. Sono critiche fondate, secondo lei?

Arcigay deve stare al passo con i tempi, saper cambiare e rinnovarsi seguendo quelle che sono le esigenze in un contesto molto diverso rispetto a quello in cui l’associazione nacque. La sua "ragione sociale", però, resta immutata: la difesa, la tutela e la promozione dei diritti delle persone lgbt. I nodi ci sono, sicuramente e, proprio per questo, bisogna affrontarli al più presto: dal rapporto con le associazioni affiliate, alla maggiore incisività nel sud, a un rapporto nuovo con gli Enti locali.

Abbiamo bisogno delle idee di tutti e credo sia ormai necessaria una grande campagna di ascolto della comunità lgbt realizzata con il web e non solo. Sono sicuro che ci sarebbero molti stimoli. Sento il dovere di sottolineare, però, che senza Arcigay e senza il suo ruolo nel movimento lgbt, oggi l’Italia sarebbe meno libera.


Little Prince(ss)

Le prime due immagini sono tratte da Commons (1; 2).

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5 commenti:

  1. Mi piace molto questa intervista. Fusco mi sembra dotato di grande senso di equilibrio e moderazione. Cosa di cui Arcigay, e il movimento, hanno assoluto bisogno

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  2. Lette le interviste, mi chiedo: dopo il pretino di campagna Mancuso che cerca solo di salvarsi cristianamente l'anima e di trovarsi cristianamente un posticino in parlamento, l'Arcigay finirà tra le mani del raffinatamente subdolo Patane o del rozzamente subdolo Fusco? Meglio lo stile Dc o lo stile Craxi? A o B, ci costringono a fare la loro tessera per andare nelle saune di cui hanno il monopolio assoluto.

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  3. Ma cosa vuol dire "offrire la disponibilità all'associazione"? Il candidato presidente è quello che si impegna ad agire in prima persona per sviluppare il programma avanzato dalla mozione che ha promosso. Questa scelta di non candidare un sostenitore della mozione alla presidenza non è stata capita dai congressi che hanno votato per la gran parte la mozione di Patanè. Perfino che non aveva piena fiducia personale in Paolo ha votato la sua mozione che assicurava chiarezza su come intende concretizzare le proposte avanzate. La responsabilità è una chiave in politica come nella quotidianità, e la chiarezza e la correttezza sono gli unici strumenti atti ad evitare che i conflitti degenerino e le relative conseguenze.

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  4. Ciao! per utilizzare le immagini di Commons (ad es. http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Raimbows_(pride_2008_02).jpg) occorre indicare la provenienza.
    Cfr. "You must attribute the work in the manner specified by the author or licensor (but not in any way that suggests that they endorse you or your use of the work)."

    Altrimenti costituisce reato

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Il grande colibrì