Sanctum Bunga Bunga, intercede pro nobis: perché le porcate di Silvio fanno comodo a tutti

Io non so dove vivo, ma non conosco neppure una persona che sia pronta ad ammettere che gliene freghi qualcosa del Bunga Bunga. Al massimo della figuraccia fatta con l'Egitto, al massimo dei problemi di sicurezza per il Paese con le donnine che entrano ed escono dalle stanze del potere... ma del Bunga Bunga no, "quello proprio no". Certo, poi su Facebook migliaia di persone si sono iscritte a gruppi a tema, la lettura dei giornali ha fatto boom, Google è assaltato da digitatori seriali di quelle cinque lettere ripetute...

Insomma, pruderie a parte, il Bunga Bunga piace, entusiasma. Vogliamo tutti sapere qualche particolare in più, gustarci qualche dettaglio nuovo, e poco importa cosa sia vero, cosa sia verosimile e cosa altamente improbabile. E' una barzelletta il Bunga Bunga, una danza erotica, un rito tribale africano, una simulazione di stupro, un'orgia anale vestiti da tribù del Continente Nero, magari col totem incluso. E' tutto quello che si vuole il Bunga Bunga, tutto quello che si sogna, tutto quello che si immagina, nel bene e nel male, nel biasimo e nell'invidia.

Benedetto Bunga Bunga, senza sarcasmo. Intorno a questo oggetto misterioso, le forze più frizzanti del paese si rianimano, dimostrano di essere ancora energiche, sveglie, ironiche, reattive, curiose, capaci persino di diventare movimento collettivo, di riunire per uno stesso obiettivo giovani e vecchi, donne e uomini, ricchi e poveri, imprenditori e operai. Certo, poi tutto questo fervore civile si concentra sul Bunga Bunga e non su un progetto di futuro o anche solo di presente...

C'è da farsi qualche domanda sul livello mentale - mentale, ancor prima che morale - collettivo di un popolo che si interessa delle ragazzine solo quando entrano nell'harem del Sultano (o quando vengono ammazzate), che dà più importanza ad un'amichetta del Padrone che ai suoi connazionali schiavizzati negli agrumeti, che esige spiegazioni sulla teoria e tecnica del Bunga Bunga più che sul patto tra Stato e mafia (e poco importa che le informazioni sul secondo siano oggi molto più chiare e attendibili di quelle sul primo).

Sarebbe meglio goderselo in pace questo Bunga Bunga, vivere le nostre umane curiosità senza vergogna, senza falsi moralismi. Lo potremmo fare nelle pause della vita collettiva, tra un problema serio e l'altro. E invece ci tocca benedirlo, santificarlo, questo salvifico Bunga Bunga: è il vestito nuovo del popolo sovrano, la maschera dietro cui nascondere la nostra inconsistenza ancor prima che la dimostrazione dell'inconsistenza di chi ci governa. Senza una classe di incompetenti al comando dietro quale ditino potremo più nasconderci?

Little Prince(ss)

Leggi anche:

* Il Tribunale della Storia
* Vorrei solo vedere i suoi sonni, se riesce a dormire... se fossi nella camera da letto di B.
* Nausee post sbornie cittadine

1 commento:

  1. Bellissimo post, lo condivido in toto. Giorni fa parlavo proprio di questo con delle amiche... si parlava della cultura berlusconiana che ormai è ovunque e che, anche senza Berlusconi, continuerebbe ad esistere. Questa che potremmo definire un'anticultura, ormai, è propria del popolo italiano che si sente tale, e quindi unito, solo davanti al gossip, sia macabro che erotico, ma che poi si divide, si sgretola nell'affrontare le lotte che alla fine servono a migliorare la vita di tutti/e. E' allucinante, ma è la verità. Berlusconi è riuscito a fare il lavaggio del cervello a molte persone, è riuscito a creare un popolo che vive di notizie appetitose e di programmi volgari, dove si crede che i rifiuti a napoli non ci siano perchè lo dice la tv anche se poi la puzza si sente fin sotto il proprio naso. La cosa che più mi fa incavolare è che la "reputazione" di Berlusconi viene lesa solo quando si parla delle sue preferenze sessuali e mai quando ci sono sentenze su sentenze che dimostrano la sua collusione con ambiti mafiosi. Ormai essere collusi non è più una cosa di cui vergognarsi... è questo quello di cui dovremmo preoccuparci.

    RispondiElimina

Il grande colibrì