L'orso non ha Perdido né il pelo né il vizio: riflessioni di un disegnatore bear (1° parte)

L'intervista a Les K. Wright, con giudizi piuttosto duri sull'evoluzione della cultura bear americana, non è passata inosservata e ha suscitato le più disparate reazioni: si va da chi ha denunciato una sorta di "orsofobia" a chi, al contrario, ha colto l'occasione per provare a rilanciare le potenzialità più innovative del movimento. C'è chi non aveva mai riflettuto approfonditamente sugli orsi e ci ha contattato per avere altre informazioni e chi, invece, sul mondo ursino ha fatto mille pensieri e ha comunque tratto ispirazione dalle parole di Wright per proporre commenti ricchissimi di spunti.

Tra questi ultimi, c'è sicuramente Perdido (nome d'arte di Filippo), blogger e disegnatore bear: il suo post "RicOrsi Storici - la cosiddetta disfatta dei Bears" su WOOF! (n.b. vietato minori 18) è davvero da leggere con attenzione. Abbiamo deciso di intervistarlo, perché l'argomento, con tutte le sue implicazioni sui concetti di bellezza e di libertà di esprimere se stessi, ci sembra degno di interesse da parte di tutti, dagli orsi ai "D&G boys", dai gay agli eterosessuali...

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Giambattista di Orsi Italiani, nel rivendicare la vitalità della comunità bear italiana, parla anche della blogosfera. Puoi raccontarci qualcosa di Woof!, il tuo blog, "figlio" dall'omonima fanzine?

L’attuale blog si può considerare come il seguito internautico della fanzine cartacea WOOF!, la rivista (inizialmente fotocopiata, poi stampata in tipografia) che la libreria AltroQuando di Palermo, gestita dal mio compagno, produsse a partire dal 2000 proprio con l’intento di proporre una piccola scossa all’ambiente ursino siciliano, allora decisamente addormentato. I presupposti non erano neanche tanto originali. WOOF!, infatti, doveva moltissimo ai primi bollettini degli Orsi Italiani, dove si raccoglieva senza troppa selezione tutto quello che sfiorava un’estetica conciliabile col sentimento bear.

Può darsi che, personalmente, avendo già lavorato altrove come giornalista, abbia finito col dare un taglio divulgativo un po’ più forte, cercando di definire con il linguaggio parlato emozioni che prima potevano risultare confuse. Nella sua versione su carta, WOOF! cercava di mixare l’erotismo (e quindi l’intrattenimento) con operazioni dai propositi aggregativi.

Parallelamente alla rivista, la nostra libreria organizzava eventi come mostre fotografiche (la prima personale di GianOrso, a Palermo nel 2002) e pittoriche, sempre a tema bear. In quel periodo potevamo contare su una discreta rete di persone distribuite in varie zone della penisola che realizzavano servizi fotografici, segnalavano curiosità, scrivevano o disegnavano, oppure semplicemente esprimevano quel che pensavano.

Personalmente, mi è sempre piaciuto dare spazio alla Bear Art, una produzione grafica e fumettistica sorprendente per quanto è variegata e diffusa in tutto il mondo. Tanta gente che ama gli orsi ama anche dipingerli, e dare così visibilità ai propri sogni erotici.

Consideriamo che disegnare o scrivere sono di per sé atti simili alla masturbazione. Si usa la mano e si finisce col lasciare una macchia su un pezzo di carta. Qualche volta, però, il risultato è anche bello da vedere. Il disegno è uno strumento potentissimo per azzerare i confini e scoprire come un dato immaginario può abbattere le frontiere e manifestarsi secondo la cultura che lo ha visto crescere.

Quella della fanzine è stata un’esperienza intensa, ben cinque anni di lavoro che hanno aiutato molta gente a uscire dal guscio per iniziare una vita più consapevole. Ma ovviamente non c’era alcuna retribuzione, e inoltre richiedeva un sacco di tempo. Quindi è normale che col passare degli anni certi legami si siano dissolti, e la mole di lavoro abbia finito col pesare sempre più sulle spalle di poche persone.

Il passaggio dalla carta alla blogosfera è stata l’evoluzione naturale di WOOF!, del quale oggi mi occupo quasi da solo. I suoi principi ispiratori e i suoi contenuti (sempre un misto di erotismo e giornalismo con un pizzico di buffoneria) sono rimasti gli stessi delle origini.


Hai appena parlato della Bear Art. Anche tu sei un disegnatore e fumettista, oltretutto con un gusto molto ironico e divertente, come dimostrano le illustrazioni che corredano questa intervista...

Come molti disegnatori ursini, anch’io disegnavo già da prima di scoprire gli orsi e coltivavo l’interesse per il media fumetto. Il mio universo erotico, in realtà, è abbastanza classico, e attinge a molti aspetti radicati nella mitologia gay bear. L’intento è quello di portare in scena una varietà di tipologie ursine, solitamente bandite dai ruoli di protagonista, e farle interagire in modo divertente, dargli motivo di scontrarsi, architettare situazioni pulp che spesso sconfinano in demenziali giochi sadomaso. Tutti elementi abbastanza comuni a molti autori gay bear, forse solo con un po’ di goliardia in più.

Avevo iniziato partendo da una rappresentazione vignettistica che si limitava a celebrare un certo tipo di corpi. In seguito ho sentito l’esigenza di tornare al mio primo amore, vale a dire il fumetto, e presentare trame che giustificassero tutta quella pornografia.

Nel fumetto Bear Degeneration, ambientato in un mondo futuro dove i costumi sessuali dei terrestri sono stravolti da un’invasione aliena, ho sentito persino la necessità di motivare con un espediente narrativo il fatto che durante il racconto non si vedesse mai una presenza femminile. Mi diverte chiedermi il perché di tutto, interrogarmi sulla funzione delle cose. E le risposte sono spesso ambigue, articolate.

Forse è anche per questo che non uso troppo facilmente la parola “rivoluzione”, così come la parola “capolavoro”. La disillusione è sempre in agguato e produce ferite difficili da curare. Soprattutto quando le aspettative sono esagerate. L’importante è andare dritti per la propria strada. E anche se si finisce con il culo per terra, vale sempre la pena di provare a rimettersi in piedi. Il mondo non sarà bello, ma è sicuramente vario. Ed è anche per questo che ci sarà sempre chi darà da mangiare agli orsi.


Nel tuo post di commento all'intervista a Wright denunci "l’emergere di un sentimento anti-ursino basato sul niente, se non sulla necessità di sensibilità gay d’altro stampo di riconquistare una ribalta in realtà mai persa". Ci puoi fare degli esempi?

Ce ne sono tanti, e discretamente irritanti. Qualcosa si riaffaccia semplicemente in atteggiamenti personali poco piacevoli, come chi ti zittisce sostenendo che la “tua moda” è ormai finita, e di “tornartene allo zoo (in quanto orso)”. Altre si esprimono sotto forma di lettere ai giornali (qualcosa si è visto anche nella rubrica di Natalia Aspesi sul Venerdì di Repubblica) o di uscite infelici da parte di personaggi più o meno noti.

Una lettera a un giornale affermava che gli orsi sarebbero tutti fascisti, in quanto adoratori di un modello di forza stereotipato e convinti che tutti dovrebbero essere come loro (per quanto, molti omofobi dicano lo stesso di tutti i gay senza distinzione).

Un’altra accusa era quella di ipocrisia, giacché quella dell’orso sarebbe una maschera indossata da un gay che intende reprimere la propria parte femminile. Come se le identità femminili fossero fatte in serie e avessero tutte bisogno degli stessi strumenti per esprimersi.

Inoltre, le considerazioni di Les Wright stanno girando già da un po’ e qualcuno sembra digerirle male, dimenticando che Wright si esprime principalmente su ciò che vede nel suo paese. Può capitare, in qualche comunità virtuale, di imbattersi in ideologi bear “pentiti” e inviperiti come mogli tradite, tuonare ora contro la cultura ursina definendola fallita e quindi da ripudiare. Un atteggiamento che trovo estremo e sicuramente poco costruttivo.

Inoltre, chi ha sempre provato insofferenza per orsi e orsofilia cavalca istintivamente questo argomento in modo pedante. Un po’ come se dicessero: “Vedi, avevamo ragione. Nessuna rivoluzione. La vostra moda è finita, ora tornate al vostro posto”. Non è carino. Anzi, è un rigurgito razzista. E soprattutto non corrisponde alla realtà.


CONTINUA: la 2° parte dell'intervista!

Little Prince(ss)

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1 commento:

  1. "Consideriamo che disegnare o scrivere sono di per sé atti simili alla masturbazione. Si usa la mano e si finisce col lasciare una macchia su un pezzo di carta." Non l'avevo mai vista in questo modo. mi piace.

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Il grande colibrì