Immigrazione e omosessualità, tutti i colori della pelle nello stesso arcobaleno: parla Dell'Amico

Se ne vedono di tutti i colori in questi giorni per le strade delle nostre città. Tutti i colori della pelle, tutti i colori dell'arcobaleno. L'Italia - la squallida, retrograda, provinciale Italia di cui tutti ci lamentiamo - può essere una promessa di paradiso, una garanzia di vita per tante persone che fuggono dalle torture, dalle guerre, dalle persecuzioni politiche e religiose. E anche dalla condanna penale (dal carcere alla pena di morte) dell'omosessualità.

E questa è una grande sfida. Una grande sfida per chi fugge per cercare di raggiungere l'Italia e di richiedere asilo e poi tenta di integrarsi. E per chi abita già questo paese, che deve scegliere se essere amico delle vittime o complice dei carnefici. E' una sfida anche per la comunità *qtlgb e per le associazioni, poste sul bivio tra il rinsecchire come puro gruppo di interesse a difesa della posizione di una categoria e lo sbocciare come motore per la diffusione del rispetto di tutti i diritti per tutti gli esseri umani.

In mezzo a un marasma fatto dal gay che brucia d'amore per il fidanzato asiatico e dalla lesbica che vota Lega "perché, si sa, gli islamici vogliono imporci la Sharia", dalla transessuale che manifesta per la democrazia in Tunisia e dal bisessuale che scambia ogni colombiano per uno spacciatore di droga, rifulge il lavoro dello sportello "IO - Immigrazione e Omosessualità" di Arcigay, dedito a offrire consulenza e supporto alle persone *qtlgb che vogliono fare richiesta di forme di protezione internazionale in Italia. Referente dello sportello è Giorgio Dell'Amico, un ragazzo che ha tutta la modestia di chi fa grandi cose...

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L'immigrazione in Italia molto spesso fa paura, anche nella comunità gay: si ripete che il rumeno ti scippa nei luoghi di battuage, il sudamericano ti pesta per strada, l'arabo vorrebbe vederti morto e lapidato... Perché, invece, è importante che un'associazione come Arcigay si occupi anche di immigrazione? E' solo "empatia tra discriminati"?

Personalmente ritengo che essere soggetti discriminati (o potenzialmente discriminati) non ci mette al riparo dal “virus” del pregiudizio o della discriminazione. Come è noto, i messaggi culturali omofobi ai quali siamo quotidianamente esposti producono anche nelle persone LGBT comportamenti omofobici/transfobici nei confronti di altre persone LGBT - ad esempio, semplificando, verso i più effeminati (nei gay) o le più mascoline (nelle lesbiche) o verso persone trans - e spesso anche nei confronti di se stessi (omofobia interiorizzata).

Allo stesso modo i messaggi denigratori o discriminatori nei confronti di persone di altre nazionalità che regolarmente subiamo attraverso mezzi di informazioni, politica, contesti sociali, ecc..., producono in tutti noi (LGBT compresi) atteggiamenti razzisti e xenofobi.

Non è che una persona LGBT sia quindi immune da queste influenze (l’essere discriminati non è un “vaccino” che ci rende immuni dal discriminare) per cui, allo stesso modo con cui Arcigay o in generale le associazioni LGBT combattono o cercano di combattere l’omofobia, ritengo che sia necessario adoperarsi anche su questi temi cercando di riportare una valutazione sulle singole persone e non generalizzare.

Inoltre, ritengo che lavorare con persone di origine non italiana sia importante anche per ridurre quei comportamenti omofobi o machisti che sono ben presenti e forse anche maggiormente presenti in Paesi in cui sono più radicati.


Domanda retorica: il vostro progetto nasce principalmente a favore dell'immigrazione o dell'omosessualità?

L’attività che svolgiamo si colloca principalmente a favore del diritto, ovvero quello di poter vivere la propria sessualità come meglio si crede. Certo, occuparsi di richiedenti asilo LGBT interviene sia a favore del tema immigrazione che sul piano dell’omosessualità, ma principalmente ribadisco, credo che sia a tutela della persona nel suo insieme.


Chi si rivolge a voi?

Rispetto al tema richiedenti asilo, principalmente si rivolgono a noi i diretti interessati o conoscenti, ma spesso anche legali, associazioni ed enti che si occupano di asilo.


E come vengono a conoscenza delle vostre attività?

La fortuna di svolgere questa attività all’interno dell’associazione maggiormente diffusa in Italia ci permette di essere punto di riferimento per tante persone, tuttavia la scarsa visibilità del fenomeno (LGBT di origine straniera e coppie LGBT miste) fa sì che sia un tema che, ad esempio all’interno dell’associazionismo che si occupa di immigrazione, sia poco affrontato.


Quali sono le difficoltà più comuni che devono affrontare?

Tra le difficoltà maggiori, a parte il forte isolamento che spesso i richiedenti asilo LGBT vivono (difficilmente cercano il contatto con i connazionali per paura di subire le stesse angherie da cui scappano e spesso, visto anche le cose precedentemente dette, non trovano contatti con le persone LGBT italiane) vi è a mio avviso la difficoltà nel comprendere quali sono i loro diritti, nel trovare la dovuta assistenza nell'intera procedura della presentazione della domanda di asilo.

Inoltre servirebbe maggior sostegno alla persona in quanto, sia nella fase istruttoria che nel caso la domanda venga accolta, l’interessato non solo si trova a dover chiudere i rapporti con il Paese di origine e con la famiglia (che spesso è quella da cui fugge), ma anche, a differenza di altri richiedenti asilo che scappano per motivi etnici, religiosi o politici, difficilmente trova qui connazionali che possano supportarlo.

Spesso poi ci contattano anche persone (italiane e non) che invece vogliono poter vivere in Italia con il proprio partner e chiedono informazioni su come possono fare. Tema che ovviamente in assenza di una norma che riconosce le unioni omosessuali, rende spesso impossibile una soluzione salvo usare escamotage come ad esempio assumere il partner come dipendente.


Quali sono i passaggi che una persona immigrata LGBT deve affrontare per ottenere lo status di rifugiato in Italia? Quale aiuto le potete dare?

La prima difficoltà, che riguarda i richiedenti asilo in generale, credo sia riuscire ad accedere alla domanda di asilo. Spesso persone che avrebbero diritto non riescono ad accedere perché respinte/espulse prima di poter presentare domanda. Sull’argomento specifico inoltre, come detto in precedenza, vi è poca formazione da parte di chi si occupa di asilo, anche se, grazie al progetto, abbiamo potuto ampliare i contatti, modificando sensibilmente l’attenzione su questo tema.

Inoltre, manca spesso la capacità di ricostruire la storia personale che dovrà poi essere valutata dalle Commissioni. Spesso manca la documentazione sui singoli Paesi che renda comprensibile da cosa la persona fugga. Il tema dei diritti LGBT non viene trattato dalle grandi organizzazioni umanitarie - anche se da diversi anni associazioni come Amnesty International, Human Rigth Watch, ecc., realizzano dossier tematici - non perché siano aspetti che non interessano, bensì perché è veramente difficile trovare informazioni a riguardo a causa del grandissimo stigma sociale.

Lo stesso ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha già in passato dato indicazioni di prestare particolare attenzione a richiedenti asilo LGBT e recentemente sta facendo pressione affinché i Paesi che garantiscono il diritto di asilo riconoscano i richiedenti asilo LGBT come categorie vulnerabili al pari delle vittime di torture, minori, ecc. Questo a dimostrazione della difficoltà che le persone LGBT vivono in determinati Paesi.


Secondo te, cosa potrebbe fare concretamente il singolo cittadino per dare un contributo all'integrazione delle persone immigrate LGBT... e magari non solo LGBT?

Credo sia una domanda a cui difficilmente potrei rispondere e che forse tanti si pongono. Io non so se contribuirò all’integrazione di persone immigrate LGBT e non, tuttavia, se ognuno cercasse nel suo piccolo di provare a conoscere maggiormente chi si ha attorno, di cercare di vivere il proprio vicino con meno diffidenza e con la voglia di saperne di più, forse sarebbe già un passo avanti.


A parlare di apertura e di accoglienza si fa sempre bella figura, poi però la realtà può essere molto difficile e dietro le quinte si sentono anche attivisti e leader del movimento LGBT difendere a spada tratta la "specificità gay" o contrapporre, per esempio, l'apertura ai diversi orientamenti sessuali all'apertura ai diversi credi religiosi...

Anche su questo punto non mi sento di dare una risposta. Desidero però riportare la mia esperienza personale, e anche professionale: dal '92 lavoro a contatto con persone non italiane. In questi anni ho avuto modo di conoscere tante persone provenienti da quasi tutto il mondo e sinceramente non ho mai avuto la percezione che qualcuno mi costringesse a negare il mio essere gay… o almeno non più di quanto accada quasi quotidianamente da parte di politici italiani, rappresentanti di istituzioni laiche e religiose presenti e radicate in Italia.

Credo che aprirsi agli altri, farsi conoscere per quello che si è, invece, rafforzi il proprio “io” e che questo ci renda ancora più forti rispetto a pressioni che vogliono rinchiuderci in un angolo trovando spesso con l’altro un ambito comune da condividere, quello della centralità della persona.

Little Prince(ss)

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1 commento:

  1. sarà difficile ottenere asilo per le persone GLBT in un paese dove la classe politica è omofoba e si trattiene dal mettere illegale l'omosessualità solo perchè internazionalmente non sarebbe accettato.

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Il grande colibrì