"Mine vaganti" di Ferzan Ozpetek: l'amore declinato al plurale non conosce ortodossia

"Tutto questo dovrebbe aprire nuovi varchi di tolleranza nel pubblico omofobico?" giorni fa si chiedeva angosciata Mariuccia Ciotta sul Manifesto. Dal titolo ("Mine vaganti inesplose. L'ordinaria banalità della 'retta' gaytudine") si poteva pensare che la giornalista se la prendesse con l'ultimo film di Ferzan Ozpetek perché lo giudicava borghese - giudizio che sarebbe potuto pure essere corretto.

E invece no. Ciotta denuncia la misoginia di un regista che in realtà prende in giro uomini e donne (ma le donne con molto più amore), confonde lo humor frocio ("Sei avvocato, ma non è per questo che ti chiamano principe del foro!") per "barzellette berlusconiane", inorridisce dinnanzi a ragazzi che "checcheggiano" (e qui, appunto, arrivava il "Tutto questo dovrebbe aprire nuovi varchi di tolleranza nel pubblico omofobico?"). Giudizi sorprendenti su un giornale "aperto" come il Manifesto nel 2010. "Appunto, non siamo più nel 2000", si ricorda amaramente nel film.

Ecco, il fatto è proprio questo: "Mine Vaganti" non è un film del 2010, è un film del 2000 girato nel 2010. E' un film che può parlare di amori al plurale con l'entusiasmo del 2000, senza l'assillo del 2010 di dimostrare qualcosa (che i gay siano normali o che siano speciali) o di manifestare allarmismi o rancori per l'omofobia imperante. E' un film che si permette il lusso di prendere gli stereotipi non per imporli o per demonizzarli, ma per giocare con loro in una continua, delicata, sfacciata e emozionante fuga da ogni ortodossia, etero o omosessuale che sia.

Con le solite ossessioni (le terrazze intavolate, la famiglia allargata agli amici, il passato segreto di amori impossibili, i pasticcini...), personaggi splendidi (tutti sopra le righe, senza mai essere trasformati in macchiette o in semplici allegorie), musiche sempre azzeccatissime, frasi memorabili perfettamente inserite, Ozpetek fa quello che deve fare: non insegna, ma emoziona. E poi chissà, saranno forse le emozioni dello spettatore a fargli imparare qualcosa (se c'è davvero qualcosa da imparare).

Little Prince(ss)

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1 commento:

  1. , piacevoli risate condite anche da toccante commozione in alcuni momenti..bei dialoghi, film vivo!

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Il grande colibrì