Lesbiche e gay al lavoro: nasce il Gayary Club, l'associazione per professionisti omosessuali

Esistono lesbiche camioniste, ma non mancano giornaliste, psicologhe e artigiane che amano donne. Allo stesso modo, tra i parrucchieri ci sono numerosi gay, ma lo stesso vale anche per i medici, i tecnici informatici e gli imprenditori. Tutto molto ovvio, certo, peccato che, come ricorda Silio Danti, "il copione del pregiudizio attribuisce ancora oggi per le persone LGBT soltanto alcuni ruoli come lo stilista o il ballerino, nascondendo la reale mappatura, in tutto e per tutto coincidente con quella eterosessuale". Insomma, tutto molto ovvio, ma anche tutto molto invisibile.

La colpa? Degli stereotipi riproposti continuamente dalle tv e dai discorsi da bar, senza dubbio. Ma anche di un atteggiamento di rassegnazione che porta molti professionisti, artisti, imprenditori e artigiani a considerare il proprio valore professionale come incompatibile con un eventuale coming out - o, a volte e ancor più radicalmente, con il proprio orientamento sessuale.

Per questo nasce domani a Firenze, con una serata inaugurale di beneficenza in via del Prato 66, il Gayary Club, che riunisce "un gruppo di uomini e donne, impegnate contro la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere, convinte che la libertà di espressione sentimentale sia un ineludibile diritto di cittadinanza" e che occorra favorire "l’incontro e l’aggregazione fra professionisti, imprenditori, artisti e artigiani, allo scopo di rendere più efficace il loro contributo al contrasto della discriminazione a danno di persone lgbt".

Cerchiamo di capirci qualcosa di più con l'avvocata Saveria Ricci, ideatrice del Gayary Club e co-fondatrice dell'associazione con Sara Bargiacchi, Silio Danti e Gianna Morana.

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Domani nasce ufficialmente il Gayary Club. Quali sono le esigenze che vi hanno portati a fondare questa associazione?

Ho sentito spesso tante persone lgbt dire: “Avrei voluto fare quel lavoro, ma, poi, ho pensato che con quest’altro avrei avuto meno problemi per la mia omosessualità”. Ho telefonato ad amici insegnanti per chiedergli di entrare visibilmente a far parte del Gayary e la risposta è stata: “No, con la scuola non si scherza, ho troppa paura”. Ho chiesto a un amico primario la stessa cosa: “Vera, l’anno prossimo, quando andrò in pensione...”. Ho chiesto a un amico parrucchiere: “Vera, se lo immaginano tutti, ma se lo dico, mi si svuota il negozio!”.

Insomma, c'è un pregiudizio per il quale le persone lgbt devono svolgere attività precise, possibilmente artistiche, esuberanti. Poi possono svolgere altri lavori, ma sotto una maschera di silenzio o, peggio, di comoda eterosessualità - e non importa se gli altri fanno finta di non vedere...

Il Gayary è questo: un attacco al pregiudizio, un gruppo di persone che deve trascinarne altre a lasciare la maschera sul proprio comodino e dire: “Cari colleghi, avete ragione a chiamarci 'finocchi' quando non ci siamo, nei vostri chiacchiericci e nelle vostre risatine da bar o da mensa”; ma anche: “Cari colleghi, e non siete pochi, che avreste voluto parlarci con sincerità, ma temevate di essere indiscreti, non dovremo più dirvi bugie stupide, non rifiuteremo i vostri inviti per la paura di non poterli ricambiare per non mostrarvi la casa in cui abitiamo con i nostri partner”.

La cosa più bella è che siamo già in buona compagnia: il Gayary ha già con sé un nutrito gruppo di questo secondo genere di colleghi. Anzi, per lo più colleghe, a cui abbiamo addirittura proposto un “madrinato” del Gayary, entusiasticamente accettato. Alcune di loro hanno cariche rappresentative all’interno delle associazioni professionali, il che fa ben sperare in una buona diffusione culturale.


Quali iniziative intendete intraprendere per raggiungere i vostri obiettivi?

A giugno organizzeremo la prima festa etero di sostegno al matrimonio omosessuale e a luglio quella di promessa di matrimonio. Prevediamo una serie di incontri con ordini e collegi professionali, associazioni di categoria, ecc... Speriamo che Gayary diventi una realtà che possa dialogare con essi al fine di valutare la discriminazione che esiste all’interno delle varie categorie e studiare e proporre soluzioni adeguate.


Non molti anni fa veniva fondato il network PrImO (Professionisti e Imprenditori Omosessuali), con intenti, almeno a prima vista, simili ai vostri. PrImO è scomparso senza lasciare alcuna traccia di sé. Molti hanno concluso che non c'è spazio - o addirittura motivo d'esistere - per un'associazione di questo tipo. Cosa ribattete agli scettici?

Io agli scettici non posso rispondere nulla. Gli scettici sono persone che non si lasciano convincere perché hanno già le loro convinzioni, fondate su fatti ed esperienze, e il Gayary non ha ancora né gli uni né le altre. Il giorno che le avremo, se sarai così gentile da intervistarci ancora, faremo un comunicato solo per gli scettici.


Altra possibile critica: non è che il Gayary Club farà dipendere il valore della persona omosessuale dalla consistenza del conto in banca o dal prestigio sociale?

Mi spiace, ma stai parlando con una che qualche anno addietro, nel suo quartiere ha fatto volantinaggio contro una banca e predica sempre che le loro porte di sicurezza servono a blindare la stupidità di chi pensa che siano istituti benefici: in banca si va a chiedere i soldi, non a portarli! Quanto al prestigio sociale, se ti riferisci al nome Gayary, che richiamerebbe il Rotary Club, è stato scelto con due speranze. Una che i Rotariani fossero offesi dall’accostamento per avere un’altra occasione di affrontare il pregiudizio, due che se ne sentissero onorati. In entrambi i casi, io sarei soddisfatta.

Per il resto, se il Rotary è quello che conobbi una sola volta perché trascinata da una donna che mi piaceva molto, posso dirti che immagino qualcosa di diverso: ricordo bene molti visi annoiati, compreso quello della mia amica, brillantezza di monili e di argentea posateria, un magniloquente profumo di naftalina; la cena, beh, nulla di eccezionale...


Imprenditori, professionisti, artigiani, artisti... E i disoccupati omosessuali?

Il Gayary avrà una vocazione sociale e se potrà fare, nel suo piccolo, qualcosa contro la disoccupazione, lo farà. Ma la risposta più giusta alla tua domanda è: disoccupati e disoccupate lgbt, organizzatevi, fate sentire le vostre voci, state vicino agli altri disoccupati, perché, in questo momento di crisi, la compattezza di chi rischia o ha già perso il lavoro è fondamentale. Tirate la giacca a chi il lavoro ce l’ha, ricordandogli che anche a lui serve la vostra ricchezza. Se i miei clienti perdessero tutti il lavoro, io sarei nella vostra stessa condizione, o no? E, comunque, chiunque è benvenuto alle nostre iniziative!


Mentre le grandi associazioni "generaliste" portano a casa il sacco vuoto (con rare eccezioni, come la nascita del Servizio LGBT a Torino), piccole realtà molto specializzate o professionali (come Certi Diritti e Rete Lenford) ottengono in poco tempo risultati eclatanti, come la discussione in Corte Costituzionale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ora nascete voi, altra realtà su base professionale. Stiamo assistendo alla fine di un modello associativo più "politico" e all'avvento di forme più "tecniche"?

Io non credo che le associazioni generaliste abbiano il sacco vuoto. Sono comunque state coraggiose interlocutrici fra due soggetti non proprio facili: l’ipocrisia sociale e il terrore di chi aspetta un futuro migliore, ma nel chiuso della sua stanzetta. Certo l’associazionismo tecnico è più allettante: ti aiuta anche nella tua formazione professionale, accresce la tua preparazione, ti offre possibilità di lavoro.

I Pride sono bellissimi, ma, perlopiù, siamo una massa indistinta di persone con la maglietta della domenica e gli occhiali da sole da traversata del Sahara, accomunati dall’unico importante bisogno di cittadinanza. Se alcuni di noi possono incontrarsi e confrontarsi su altri temi di loro interesse, è sicuramente una ricchezza in più. Però non scrivere che disprezzo i Pride perché io del Pride contesto solo il periodo, troppo caldo: facciamone due, uno in primavera e uno a settembre. Siamo in Italia, non abbiamo l’estate fresca di San Francisco. Per il resto, non c’è ricordo più emozionante nella mia vita che il mio primo Pride!


Little Prince(ss)

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1 commento:

  1. Importante. Firmiamo e diffondiamo l'appello a sostegno di Emergency di Gino Strada e dei tre medici italiani rapiti dal governo afgano di Karzai.
    Mimmo Guarino

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Il grande colibrì