Il Torino Pride 2010 con la TorinoSambaBand: balla, suona e vivi la libertà a ritmo di musica

Se non posso sambare non è la mia rivoluzione
TorinoSambaBand

Le orecchie sono ancora piene di quel suono ritmato. Vogliono ballare e suonare ancora, loro. E il resto del corpo e della mente non sono da meno. Un Pride passato con la TorinoSambaBand è qualcosa di travolgente. Piove acqua gelida dal cielo e arrivano folate di vento fredde, ma si deve ballare, suonare, vivere il ritmo e il movimento. D'altra parte l'acqua è fatta per lavarsi, per togliersi di dosso le incrostazioni, no? E allora balliamo e suoniamo, al ritmo che ci detta - anzi, che ci trasmette - il nostro leader-direttore d'orchestra. Lui ha il ritmo e il movimento che ha l'onda quando si scopa la spiaggia. E' il dio della sensualità.

Questa piccola banda è libertà pura, anarchica libertà. Usciamo dal percorso, portiamo il ritmo nelle piazze laterali, sotto i portici, percorriamo il corteo controcorrente. Alcuni fanno parte del gruppo, altri, come me, si sono aggregati solo oggi, lungo il percorso, a suonare, a ballare, a fare coreografie, a slacciare le cinture di sicurezza intorno ai nostri corpi. Siamo bellissimi, siamo liberi, siamo tutto quello che vogliamo. Non ci siamo mai visti prima, in buona parte, ma nel ritmo e nel movimento stiamo facendo tutti insieme l'amore, donne e uomini, etero e froci, tamburi e bastoni della pioggia.

Siamo il pezzo più casinista e chiassoso dell'intero Pride di Torino, senza dubbio. E non è poco: la gente è tanta davvero. E di tutti i tipi. Ognuno porta il proprio modo di esserci, ognuno porta un diritto da salvaguardare (chiudete i CIE, rispettate il lavoro, lasciateci fumare le canne, non imbavagliate la stampa, basta con le guerre, con il razzismo nei confronti dei rom, con la paura verso gli immigrati...). Ognuno porta se stesso: la drag queen con lo sbreco sul culo che si allarga sempre più, i ragazzi dei centri sociali coi rasta, le lesbiche in canotta, le metalmeccaniche col megafono...

E' un sommarsi impressionante di mille storie e identità, che però non rimangono accostate l'una all'altra con forzature più o meno forti, perché si sente che, in una Torino assediata da una provincia piemontese sempre più tinta di Lega, è ben chiaro che nessun diritto, da solo, è un diritto, che tutti i diritti si tengono assieme. E l'amalgama è resa possibile dal Pride, che non è solo una data o la prima occasione buona, ma diventa un modo "nuovo" di vivere e vedere la propria lotta: un'atmosfera di favolosità frocia permea tutto e permette a mille frammenti di colore diversissimo di diventare un unico caleidoscopio.

Ecco ad esempio le pensionate della CGIL, accorse incredibilmente numerose. Sono arrivate con i capelli grigi e i vestiti castigati, hanno preparato un cd di nenie spaventose, ma ora ondeggiano tutte insieme dietro enormi lenzuoloni arcobaleno, in una scena talmente perfettamente e frociamente camp da commuovere. E le femministe giustamente incazzate nere contro Cota e la sua guerra alla pillola abortiva RU486? Anche per loro oggi è festa, perché questo è il Pride: fondere determinazione e gaiezza, vivere la leggerezza della libertà per sgretolare la pesantezza della prigionia.

E' un Pride vero questo di Torino. Non una semplice ricorrenza, non una semplice manifestazione. E' un modo di intendere la vita sociale e la politica come espressione qui e adesso di libertà, non come costruzione di una liberazione futura, da rimandare ogni giorno di un giorno. Un modo di intendere la vita sociale e la politica che riesce a parlare di tutto e a diventare di tutti. Alla faccia di chi è orripilato dalla prospettiva di una convergenza dei movimenti, in difesa di una presunta specificità gay. Alla faccia sua siamo qui tutti insieme e non siamo mai stati tutti così froci, qualunque orientamento sessuale possiamo avere.

E allora ecco la coppia nord-africana, con due figli, che, diretta alla stazione di Porta Susa, deve attraversare il corteo, passando accanto ai nostri tamburi danzanti, ai nostri corpi suonanti. La madre, con il velo in testa, sorride un po' in disparte, il neonato tra le sue braccia, mentre il padre si avvicina qualche minuto per far ballare la bimba che ride in quel rumore d'inferno. Ma è un inferno di mille colori, piccina, e i colori sono fatti proprio per ballare...

Little Prince(ss)

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2 commenti:

  1. bell'articolo! mi piace molto... dovresti venire alle prove della samba qualche volta dopo tutti questi complimenti!

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  2. @ costy:
    Vivessi a Torino, ci verrei sempre, altro che qualche volta!

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Il grande colibrì