L'omogenitorialità oltre il luogo comune: Chiara Lalli racconta i buoni genitori omosessuali

Ci sono argomenti su cui a trionfare è il luogo comune, il sentito dire, quel presunto buon senso che però, se solo volessimo guardare meglio, sarebbe immediatamente smentito dalle esperienze di vita quotidiana e dalle ricerche scientifiche. Uno di questi argomenti è quello dell'omogenitorialità, cioè dell'esistenza di famiglie in cui i genitori sono due persone dello stesso sesso.

La società non è pronta, i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre, i figli di coppie omosessuali non cresceranno in modo equilibrato, gay e lesbiche che vogliono adottare sono solo degli egoisti, "E' meglio che un bambino stia in Africa piuttosto che cresca con due uomini o due donne", come disse Rosy Bindi: queste e altre giustificazioni vengono avanzate con abbondanza, anche nella stessa comunità *qtlgb, perché suonano vagamente sensate e poco importa che i genitori omosessuali raccontino storie ben diverse o che esistano fior fiori di studi che escludono conseguenze negative sui bambini.

Insomma, occorre fare un po' il punto della situazione. Abbiamo già raccontato alcune storie di mamme lesbiche, abbiamo sentito l'opinione di Giuseppina La Delfa, presidentessa delle Famiglie Arcobaleno. Oggi mettiamo i luoghi comuni sotto il raggio indagatore di Chiara Lalli, studiosa di bioetica, filosofia ed epistemologia della scienza, docente all'università di Cassino, che su questi temi ha scritto un libro di fondamentale importanza: "Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay" (Il Saggiatore, 2009).

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Chiara Saraceno teme che "la società italiana oggi non sarebbe culturalmente pronta per una adozione 'diversa', rendendo troppo pesante l’esperienza sia per gli adottanti che soprattutto gli adottati"...

Io credo che la domanda giusta non sia se la società è pronta oppure no, ma se la società in cui viviamo sia giusta oppure no. E credo anche che una società in cui vi siano persone discriminate non sia giusta. Non possiamo - e non potremmo - mai avere la certezza che la società non sia pronta al cambiamento e, soprattutto, come pensiamo di cambiare le persone e le loro reazioni se non attraverso la protezione giuridica del cambiamento?


Si dice spesso che, se una coppia dello stesso sesso decide di avere un figlio, lo fa sulla pelle del bambino...

Se ci pensiamo sono le stesse preoccupazioni sorte quando si discuteva di divorzio ("I figli dei divorziati non saranno accettati") o dei matrimoni misti ("I figli di una coppia mista saranno presi in giro e rifiutati"). Si diceva: "I figli soffriranno troppo", quindi non permettiamo il divorzio o i matrimoni tra persone con un diverso colore della pelle.

Oggi per fortuna simili divieti ci sembrano assurdi - anche se Keith Bardwell, un giudice di pace della Luoisiana, l'anno passato si è rifiutato di celebrare un matrimonio interrazziale proprio invocando queste scuse razziste e sciocche. In un futuro, spero vicino, ci sembrerà assurdo preoccuparci dell'omogenitorialità e continuare a sostenere alcune ingiustizie, magari con la scusa della "prudenza".

Questo è un passaggio fondamentale: non possiamo assolutamente mantenere una ingiustizia usando questa scusa. Quello che potremmo fare è costruire una rete di sostegno e cercare di prevenire alcuni atteggiamenti. Le famiglie che ho intervistato per il mio libro "Buoni genitori" mi hanno raccontato di molte sorprese positive da parte della società: accoglienza calorosa e attenzione.


Accoglienza calorosa e attenzione: insomma, i bambini nelle famiglie omosessuali oggi in Italia non crescono male, come d'altra parte ci aveva raccontato Federica, una madre lesbica...

I bambini nelle famiglie omosessuali crescono come i bambini delle famiglie eterosessuali: la variabile "preferenza sessuale" non è rilevante. Sono altri gli elementi che incidono, soprattutto la qualità relazionale. Certamente non è possibile ignorare i pericoli esterni, ma ripeto: non possiamo nasconderci dietro a simili scuse per diventare pericolosi a nostra volta. Anche perché cosa dovremmo dire a tutti i bambini e a tutte le famiglie che già esistono per giustificarci? Come potremmo ammettere una discriminazione perché "gli altri" non sarebbero pronti ad accettare la giustizia?

Inoltre sulla questione adozione si ignora un dato fondamentale: se si escludono a priori alcune categorie di persone (gli omosessuali, per esempio) si danneggia il potenziale adottando, perché si riduce il dominio dei potenziali genitori non in base alla valutazione personale del singolo, ma in base a una ragione stupida, razzista e aprioristica. Inoltre, paradosso indigeno, chi ha compiuto una transazione sessuale, se è sposato (perché abbiamo anche questo limite...), può adottare, ma un omosessuale o una lesbica no! Qual è allora la logica di tutto questo?


Ricapitoliamo: i genitori omosessuali non sono peggiori di quelli eterosessuali e i loro figli non crescono come piccoli mostri, traumatizzati, emarginati o poco amati. Ma il riconoscimento sociale e magari anche legale del fenomeno dell'omogenitorialità quali cambiamenti potrebbe comportare nella società e nella concezione della famiglia?

Cambiamenti positivi! Che vanno nella direzione della parità dei diritti per tutte le persone. La famiglia non è riducibile a un modello unico e valido per tutti. Sono molti i modi di essere famiglie (monogenitoriali, ricomposte, allargate e così via). Rompere il luogo comune che vi sia "la Famiglia" è assolutamente auspicabile e benefico. Aggiungo che garantire i diritti a tutti non toglie nulla a nessuno (quante volte sentiamo dire: "Se due donne sono una famiglia allora la famiglia tradizionale sarà distrutta"... ma distrutta da chi e da cosa?), anzi aggiunge giustizia.

Non dimentichiamoci che con la riforma del diritto di famiglia degli anni Settanta questo cambiamento è stato per fortuna avviato: sono stati infatti rettificati degli orrori che spesso le persone ignorano o dimenticano, come il matrimonio riparatore, l'istituto della dote, l'illegittimità dei figli nati fuori dal matrimonio. Ora il cammino del cambiamento giuridico deve continuare, perché è fermo da troppi anni.


Quali sono le motivazioni che spingono una coppia lesbica o gay ad avere un figlio?

Credo che siano le stesse che spingono le coppie e le persone con una preferenza eterosessuale.


Non ci sono differenze tra coppie di uomini e coppie di donne?

Questa distinzione è caricaturale, a meno che non vogliamo continuare a pensare che lesbiche o gay o transessuali siano un gruppo omogeneo con uguali desideri e comportamenti. Per questo non sono in grado di dare una risposta su categorie così vaste e composite.


La stessa risposta vale anche per la distinzione tra coppie lesbiche che preferiscono l'inseminazione articiale rispetto a quelle che ricorrono all'inseminazione attraverso un rapporto sessuale con un uomo?

Certo. La scelta di una fecondazione eterologa, per esempio, può derivare da molti fattori non riducibili a un solo motivo e non determinato da una preferenza sessuale.


Un tema molto controverso è quello dei cosiddetti "uteri in prestito": coppie di donne che decidono di avere un figlio tramite la fecondazione assistita, ma facendolo partorire da una terza donna. Non c'è il rischio che, con questa tecnica, il corpo della donna venga sminuito a mera incubatrice di feti?

Il rischio di abuso c'è anche nelle gravidanze tradizionali e in tante altre circostanze. In questo caso fa impressione perché non siamo abituati a disgiungere maternità e gravidanza in questo modo. Non è però una conseguenza necessaria del ricorrere a una portatrice.

Credo che poi sia ingenuo e irrispetoso trattare tutte le madri surrogate come vittime, non capaci di scegliere e in balia di sfruttatori senza scrupolo. Sto parlando di chi sceglie non sotto ricatto economico o di altro tipo.

Esistono donne che raccontano questa esperienza connotandola come una scelta, magari perché amano essere incinte e perché amano contribuire a far nascere un figlio. Sono donne che hanno figli propri, che spesso mantengono rapporti con la famiglia o la persona per cui portano avanti la gravidanza, come fossero una zia o un parente prossimo. Anche questa è una realtà complessa e difficilmente riducibile alla "madre surrogata sfruttata".

Giudicare irrazionalmente e condannare senza ascoltare le loro testimonianze e senza ragionare non è una buona abitudine. Non credo sia una forma di rispetto considerare a priori una donna che compie una scelta, che magari noi non faremmo o che ci lascia perplessi, come una schiava.


Little Prince(ss)

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2 commenti:

  1. Infatti. "la società non è pronta" è la più grossa delle stronzate. Non sarà mai pronta se qualcuno non comincia e va avanti! O pensano che la società "si prepari" da sola?
    In questo mondo io ammiro quelli che parlano chiaro e chiamano le cose col loro nome: lorsignori "lasocietànonèpronta" non hanno questo coraggio, allora lo dico io: sono razzisti. Punto.
    Scusate la franchezza.

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  2. Prima di pormi il problema dell'omosessualità con tutto quello che comporta in termini di costruzione di vita, io avevo già delle idee!... sulla famiglia, sulla comunità di cui si vuole far parte, sulla crescita, sui percorsi, sulla costruzione di un'esistenza senza pregiudizi di sorta. Il concetto di famiglia quello che oggi ,haimè, viene universalmente accettato da tutti ( e ormai proprio tutti), è tutto un luogo comune; parlo di quella considerata "naturale" di cui tanto si celebra la normalità e l'assoluta necessità. Un topos demagogico la cui ricaduta nella realtà in termini di riproduzione di tale modello , porta ad un infinito numero di realizzazioni, tutte diverse. Storie di storie di storie...di donne sole e insieme (non necessariamente compagne), idem di uomini, di zie, di orfani, di fratelli, di sorelle...storie belle, storie brutte...tutte quante legate da più fili...ma siamo sicuri che quello principale , quello che tanto rende normale la famiglia che non c'è (per tutti) è il legame di affettività? E' possibile mai che viene delegata questa concezione della famiglia alla lotta dei soli omosessuali? Dove è finita la società diversa di cui si dovrebbe fare portatrice non solo una classe politica progressista, ma un'intera società civile che lotta per certi valori (non ultimo vivere in una società libera da tabù e pregiudizi)? E' possibile mai che ogniqualvolta si parli di omogenitorialità si deve ricorrere almeno a 10 statistiche e a 20 studi scientifici??? Perchè per le famiglie "normali" non si studia così tanto? Eppure la maggior parte di noi giurerebbe di far parte proprio di una di esse....ma siete sicuri?

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Il grande colibrì