Chiara Saraceno: "Il matrimonio e la famiglia" - Matrimonio gay? Sì, lo voglio! (5° parte)

L'introduzione all'inchiesta:
In nome dell'uomo, questo matrimonio s'ha da fare!

Si avvicina il 23 marzo, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla incostituzionalità della preclusione al matrimonio per persone dello stesso sesso. Abbiamo esaminato con Persio Tincani le questioni giuridiche legate a questo pronunciamento, che inciderà profondamente sulle modalità di rapportarsi con i concetti di famiglia e di matrimonio in Italia. Concetti che usiamo costantemente, come se fossero banalità. Eppure proviamo a darne una definizione: in molti ci troveremmo in difficoltà.

Per fare un po' di chiarezza, capire più profondamente di cosa stiamo parlando e analizzare cosa significhi davvero il riconoscimento del diritto al matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso, abbiamo intervistato Chiara Saraceno, una delle voci più importanti della sociologia e degli studi di genere in Italia, grande esperta anche delle strutture familiari e dei loro cambiamenti nel corso del tempo.

* * *

Parliamo di famiglia e di matrimonio: sono concetti naturali o costruzioni sociali?

Né famiglia né tantomeno matrimonio sono fenomeni naturali, bensì istituzioni sociali. E’ la società che definisce quali dei rapporti di coppia e generazione sono riconosciuti come famiglia, e quindi hanno rilevanza sociale ed eventualmente giuridica, e quali no (si pensi solo alla definizione di “figlio illegittimo”). Storicamente e nelle diverse culture queste definizioni – chi/che cosa è incluso e con quali conseguenze – sono mutate, così come sono mutati i soggetti cui è riconosciuto il diritto/dovere di normare che cosa è famiglia e quali sono le obbligazioni e responsabilità che sono connesse ai legami famigliari.

Inoltre occorre distinguere tra matrimonio e famiglia. Il matrimonio, che è una istituzione legale (quindi per definizione storica e contestualizzata), regola i rapporti di coppia e di filiazione legittima. I rapporti famigliari in parte discendono dal rapporto di coppia e dalla sua forma legale, in parte ne sono indipendenti. Della famiglia fanno parte (anche dal punto di vista legale) i propri genitori, zii, nonni, fratelli/sorelle, cugini, ecc.

Così come cambiano nel tempo e nello spazio le regole relative al matrimonio, cambia nel tempo e nello spazio l'estensione dei rapporti famigliari ritenuti rilevanti dal punto di vista sociale ed anche legale. In altri termini, sia la famiglia che il matrimonio sono due istituzioni sociali e socialmente regolate e definite – in modo diverso nello spazio e nel tempo – ma non coincidono.


In base a quanto ha appena detto, come rapportarsi con famiglie e matrimoni basati su coppie dello stesso sesso?

Premesso che anche gli omosessuali hanno una famiglia/parentela legale e sociale fatta se non altro dai consanguinei, la questione si sposta sul fatto se possa - nel senso se sia consentito socialmente e legalmente - un rapporto di coppia omosessuale dare a sua volta luogo ad una famiglia, nelle sue varie dimensioni (la coppia, i legami con la parentela dell’altro/a, la filiazione).


Quindi il riconoscimento del cosiddetto "matrimonio gay" quale ruolo potrebbe giocare? Snaturerebbe i concetti di famiglia e di matrimonio? Li potrebbe cambiare in positivo? O, in fondo, non avrebbe effetti rilevanti?

Il matrimonio omosessuale certamente rappresenta una rottura rispetto alla storia della regolazione dei rapporti di coppia così come si è dispiegata nello spazio e nel tempo. Come segnala lo stesso termine, il matrimonio infatti storicamente è l’istituto della filiazione legittima e più precisamente l’istituto che consente agli uomini di diventare padri legittimi (il matrimonio rende la donna madre dei figli del marito). In questo senso è corretto dire che storicamente il matrimonio è l’istituzione che regola l’eterosessualità riproduttiva.

Tuttavia, in società ove l’infertilità non è più causa di annullamento, il matrimonio è reversibile, si possono riconoscere anche figli nati fuori dal matrimonio e la distinzione tra figli naturali e legittimi è venuta meno (anche se ancora non del tutto in Italia), e contemporaneamente il ricorso al DNA consente di disconoscere un figlio “legittimo”, dire che il matrimonio è ancora l’istituzione della riproduzione legittima è riduttivo.

Il matrimonio è diventato sempre più l’istituzione della coppia, a prescindere dalla riproduzione. E la sua durata è legata al consenso di entrambi a rimanere assieme. Perciò i motivi per mantenerlo solo per la coppia eterosessuale si sono fortemente indeboliti sia sul piano legale che su quello culturale.


Nelle rivendicazioni per il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma anche per le coppie di fatto omosessuali, spesso sembra prevalere la richiesta del riconoscimento sociale più che dell'accesso a un quadro "contrattualistico" di diritti e doveri. Assistiamo a un mutamento delle funzioni attribuite al matrimonio?


Distinguiamo: le coppie dello stesso sesso chiedono di poter accedere al matrimonio; le coppie eterosessuali (ma anche omo, che non vogliono sposarsi) non sposate chiedono che la convivenza abbia altrettanta rilevanza del matrimonio. Sono due richieste diverse. Nel primo caso è importante anche la dimensione simbolica, nel secondo direi che prevale la richiesta di un riconoscimento delle conseguenze sociali del proprio rapporto, sul piano dei diritti come dei doveri.

E qui occorre essere chiari, perché ogni forma di riconoscimento pubblico è una forma di istituzionalizzazione, che regola appunto i reciproci diritti e doveri, ma anche i doveri verso e da parte della collettività (si pensi al caso delle pensioni di reversibilità). Quindi chiedere il riconoscimento delle coppie di fatto significa chiedere la creazione di una istituzione parallela al matrimonio, magari più flessibile, con diritti e doveri più leggeri, o più “sceglibili”, ma sempre normati.

Segnalo per altro che nei paesi in cui matrimonio e convivenze sono più simili dal punto di vista normativo e delle obbligazioni, sono anche i paesi in cui il matrimonio comporta obbligazioni reciproche più “leggere” e in generale sono più “leggere” le obbligazioni familiari legalmente normate (ad esempio il raggio dei “famigliari tenuti agli alimenti” è fortemente ridotto e le obbligazioni sono a termine e spesso non vi è pensione di reversibilità). Sono le società, come si dice, più “individualizzate”.





Discutendo di matrimonio, si finisce spesso per finire a parlare di adozioni. Qual è la sua opinione sulla possibilità che coppie dello stesso sesso possano adottare? Avrebbe senso riconoscere un diritto al matrimonio senza un diritto all'adozione (ovviamente se soddisfatti i requisiti richiesti dalla legge per tutelare l'adottato)?

Io sono personalmente favorevole anche all’adozione da parte dei single. Quanto all’adozione da parte di coppie omosessuali – a parte l’ovvia distinzione tra coppie lesbiche e coppie gay, ove nelle prime la domanda di adozione spesso riguarda solo una delle due, nei confronti del figlio generato dall’altra - il mio criterio – come sempre nell’adozione - è l’interesse del bambino e la sostenibilità per lui/lei della sua condizione.

Pur non avendo dubbi che le persone omosessuali hanno o non hanno capacità genitoriali nella stessa misura di quelle eterosessuali, temo che la società italiana oggi non sarebbe culturalmente pronta per una adozione “diversa”, rendendo troppo pesante l’esperienza sia per gli adottanti che soprattutto gli adottati. Ma potrei sbagliarmi. Ed è comunque una valutazione contingente (per quanto per me essenziale), non di principio.






Quale ritiene che sia il ruolo sociale riconosciuto oggi in Italia alle coppie lesbiche e gay?

”Ruolo sociale” non mi sembra il termine adatto. Comunque a livello della opinione comune è in aumento la percentuale di chi ritiene che una coppia omosessuale meriti rispetto e qualche forma di riconoscimento della serietà del proprio rapporto (non necessariamente il matrimonio, la cui estensione agli omosessuali continua ad essere vista come inaccettabile dai più), anche con conseguenze sul piano sociale (eredità, diritti vari rispetto al potersi rappresentare reciprocamente, all’accesso alle decisioni e informazioni, protezione in caso di scioglimento della coppia).

Da questo punto di vista l’opinione pubblica è più avanti della politica. Anche se le resistenze della politica non costituiscono in questo, come in altri casi che riguardano la famiglia e i rapporti di genere, un motivo forte per togliere fiducia o per fare consistenti pressioni.


Little Prince(ss)

Le altre interviste dell'inchiesta:
* Sergio Rovasio: "Ecco come siamo arrivati al 23 marzo"
* Enrico Oliari: "I confetti per le nozze sono quasi pronti"
* Lo sciopero della fame di Francesco e Manuel
* Persio Tincani: "La legge non vieta il matrimonio gay"
* Porpora Marcasciano: "Non si perda la bussola!"
* Sciltian Gastaldi: "Farà felice tanti. E allora ben venga"
* Dario Gay: "Io ti sposerò e amandoci saremo liberi"

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