Persio Tincani: "La legge non vieta il matrimonio gay" - Matrimonio gay? Sì, lo voglio! (4° parte)

L'introduzione all'inchiesta:
In nome dell'uomo, questo matrimonio s'ha da fare!

Il 23 marzo, dunque, la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’incostituzionalità del divieto di matrimonio tra persone dello stesso sesso. E' facile prevedere che, qualsiasi cosa dirà la Corte, si leveranno innumerevoli voci di condanna, fondate per lo più su luoghi comuni e pseudo-conoscenze. Ci siamo allora rivolti a uno dei più autorevoli e più appassionati studiosi della questione, Persio Tincani, professore di filosofia del diritto all'Università di Bergamo e autore dell'interessantissimo libro "Le nozze di Sodoma - La morale e il diritto del matrimonio omosessuale", per capire meglio i risvolti etico-giuridici della questione.

* * *

C'è chi sostiene che il verdetto del 23 marzo della Corte Costituzionale sia del tutto scontato, dal momento che l'articolo 29 della Costituzione, riconoscendo "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", escluderebbe in modo chiaro il riconoscimento di forme di matrimonio e di famiglia diverse da quelle eterosessuali. Lei concorda con queste posizioni?

No. Sostenere che non vi siano dubbi che l'articolo 29 della Costituzione stabilisca che il solo matrimonio ammesso dalla Costituzione è quello eterosessuale significa mentire in maniera spudorata, oppure far sfoggio di una abissale ignoranza. Qualunque cosa significhi "famiglia naturale" - e i clericali sostengono significhi "famiglia composta da un uomo e da una donna" - nell'articolo 29 questa espressione non compare.

Nella norma, infatti, si legge la locuzione "famiglia come società naturale fondata sul matrimonio", ed è una cosa molto diversa. Le "società naturali" sono le società che si costituiscono senza che sia necessaria una norma di legge; come dire: le persone si mettono assieme e formano famiglie perché le persone, queste cose, le fanno e le hanno sempre fatte. Il diritto - in questo caso la stessa Costituzione - riconosce queste unioni e accorda loro protezione.


Se non è la Costituzione a escludere la possibilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, l'ostacolo proviene allora da leggi ordinarie, come il diritto civile?

In effetti è questo il punto più delicato. Il legislatore costituente, nell'articolo 29, parla di "matrimonio" come del fondamento giuridico del riconoscimento della famiglia. Perciò, è alle leggi ordinarie che dobbiamo riferirci per individuare un eventuale ostacolo.

Non sembri un'eresia, perché ciò non significa affatto affermare che le leggi ordinarie siano più importanti della Costituzione: l'articolo 29 è rimasto lo stesso nonostante, 25 anni dopo la sua entrata in vigore, il legislatore ordinario abbia profondamente modificato l'istituto del matrimonio con l'introduzione del divorzio. E' come se il legislatore costituzionale dicesse: io tutelo il matrimonio, il legislatore ordinario specifica che cos'è il matrimonio.

Il punto è che il legislatore ordinario specifica molto bene le regole che disciplinano i matrimoni, e stabilisce le condizioni in presenza delle quali i matrimoni sono validi indicando in maniera esplicita le eventuali cause di nullità. Tra queste ultime, non figura affatto l'identità di sesso degli sposi, ed è un'impresa assai ardua individuare per via interpretativa un divieto di matrimonio o una causa di nullità dipendente da questa situazione di fatto.

Del resto, basta scorrere le due note ordinanze (Roma 1980, Firenze 2007) per vedere quanto questa difficoltà sia presente agli stessi giudici, che infatti redigono due motivazioni assai difettose.

Se poi mi si domanda: "Credi davvero che il legislatore abbia voluto lasciare aperta la possibilità del matrimonio omosessuale?" allora rispondo: no. Anzi, sono convinto che l'ipotesi del matrimonio omosessuale non sia neppure passata per la testa del legislatore del codice civile. Ma questo non è in alcun modo rilevante. L'interprete, l'operatore del diritto, non ha a che fare con le "intenzioni del legislatore" ma con le norme giuridiche. Sono queste ultime che vanno interpretate e applicate.

Certo, posso interpretare le norme vigenti in materia di matrimonio come norme che escludono che a questo istituto possano accedere le coppie omosessuali - è quello che finora è stato fatto, dopo tutto -, ma l'interpretazione opposta è molto più semplice e, soprattutto, molto più solida sul piano della coerenza normativa.


Ma allora, se neppure le leggi ordinarie rappresentano l'ostacolo legale, perché due donne o due uomini in Italia non possono comunque sposarsi?

Direi di non fare le vergini: perché in Italia esiste un'egemonia clericale sulla politica del diritto, che nessuna forza politica, di fatto, ha mai contrastato. Si pensi all'obiezione di coscienza dei medici, all'orrendo balzello dell'8 permille che impone a tutti i cittadini di foraggiare una confessione scelta da un elenco, alle speciali e generosissime sovvenzioni che ricevono le scuole private - in larga parte confessionali. Se queste leggi ci sono, significa che sono state votate.

E, per cortesia, non si chiami fuori nessuno: se il governo attuale è filoclericale, il Pd lo è ancora di più. E la cosiddetta "sinistra radicale" non è da meno, con il suo flirtare con i comboniani e con altre ghenghe che si rifanno a una "teologia della liberazione" che ciancia di diritti sociali ma che cura di mantenere ben lontane le persone dall'essere liberate dalla superstizione. Guardi, basterebbe lo slogan natalizio di Rifondazione "Anche Gesù era un clandestino" per capire che nemmeno dagli eredi dei trinaricciuti si possa sperare un gran che.


Torniamo alla Corte Costituzionale. Escludendo rigetti della domanda per vizi formali, quale tipo di risposta potrà dare la Corte e quali conseguenze giuridiche avranno queste risposte?

Qualche ipotesi sulla decisione della Corte l'ho fatta, ma questo pronostico lo tengo per me. Quanto al resto, quello che potrà succedere dopo dipende da che cosa risponderà la Corte. Che non dirà, tanto per essere precisi, "sì al matrimonio omosessuale" ma "questo articolo del codice civile, questa legge ordinaria offendono questo e questo articolo della Costituzione", se immaginiamo una sentenza di accoglimento delle questioni di costituzionalità sollevate.


In caso di accoglimento, lesbiche, gay e transessuali potranno sposarsi senza la necessità di ulteriori passaggi?

Dipende da quali norme resteranno in vigore - sempre in quest'ipotesi favorevole - e se saranno sufficienti a consentire il perfezionamento di matrimoni validi.


Se invece dirà "no", la possibilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso sarà da escludere per sempre?

No, affatto. La Corte valuta la sintonia tra il diritto esistente e la Costituzione, ma non vincola l'attività del legislatore.


La Corte può dire un "sì" vincolato a ulteriori decisioni del legislativo e, in questo caso, si configurerebbe un semplice invito a legiferare o un obbligo per il Parlamento?

Certo, può inviare indicazioni al legislatore il quale, però, può tenerne conto come no.


Immaginiamo che la Corte riconosca il diritto per le coppie dello stesso sesso di contrarre matrimonio. Il Parlamento potrebbe rispondere con una modifica costituzionale restrittiva, introducendo nella Costituzione il concetto che "la famiglia è solo eterosessuale"?

Sì, potrebbe farlo. Ma, onestamente, non credo lo farebbe. Le leggi di revisione costituzionale sono complesse da portare a termine. La cosiddetta "procedura aggravata" richiede una maggioranza molto ampia, e nel referendum confermativo - in caso che la maggioranza qualificata non si raggiunga in parlamento la legge costituzionale deve essere sottoposta a giudizio referendario - non è richiesto il raggiungimento di alcun quorum. I referendum si disertano sempre di più.

La scorsa volta, in occasione della legge 40, la chiesa e i politici asserviti invitarono all'astensione per far mancare il quorum - il primo politico in assoluto a pronunciarsi per l'astensione fu Letta, nel senso di quello del PD -, per poi sbandierare il fallimento del referendum come un successo personale. Ma sono loro i primi a sapere che è una bugia, e non hanno nessuna intenzione di imbarcarsi in un progetto di propaganda che miri, questa volta, a portare la gente a votare perché ne temono, e a ragione, l'esito disastroso.


C'è chi potrebbe ribattere che la sua interpretazione data alle norme sul matrimonio possa essere un tentativo di forzare il sistema attraverso tecnicismi per introdurre qualcosa di moralmente inaccettabile, per imporre alla maggioranza, attraverso vie traverse, qualcosa che piace solo a una minoranza...

Fatti suoi, mi verrebbe da dire. In realtà, quando si smetterà con questa mania di accusare di "tecnicismo" sarà sempre troppo tardi. Il diritto si può studiare o non studiare. Ma se si studia, si deve fare utilizzando delle tecniche specifiche che, prese nel loro insieme, si chiamano "scienza giuridica".

Lei provi ad andare con un suo amico in un bar e si metta a parlare di matematica analitica: vedrà che nessuno vi disturberà. Ma vada in un altro bar e si metta a parlare di diritto, o di filosofia, e nel giro di qualche minuto non sarete più in due a parlare ma in tre, quattro, dieci. E non perché vi trovate nel bar del tribunale o nel bar sotto il dipartimento di filosofia di qualche università, ma perché se nessuno crede di capire qualcosa di matematica, tutti credono di conoscere e di capire il diritto e la filosofia, e pretendono che la loro opinione, magari appena venuta in mente e neppure ben strutturata, conti quanto quella di Alpa, di Rodotà, di Zagrebelsky e, naturalmente, di tutti i filosofi.

Dire "tecnicismo" è come dire "pignolo", "eccessivamente preciso" ed è sempre inteso in senso negativo. Ma è un grave errore, perché quando si tratta dei diritti delle persone la precisione non è mai troppa. Ricordo Joel Feinberg, un grande filosofo americano scomparso cinque anni fa, che scrive che trattare con approssimazione i concetti - nel nostro caso: i diritti - significa poi applicarli in maniera arbitraria.

Quanto a minoranze e a maggioranze, qui non si tratta di imporre nulla a nessuno, ma di permettere che qualcuno faccia qualcosa che non incide in alcun modo sui diritti di altri e che, fino ad oggi, gli abbiamo impedito di fare violando diritti costituzionali.

E a chi richiama "considerazioni morali" come altrettante ragioni ostative, rispondo che trovo moralmente inaccettabile, piuttosto, che si ritenga di fare una cosa buona e giusta impedendo agli altri di compiere azioni che non hanno effetto alcuno sui diritti dei quali siamo titolari. Non so che cosa succederà se domani gli omosessuali potranno finalmente sposarsi, ma so che cosa non succederà. Non succederà nulla al mio matrimonio, non succederà nulla ai doveri giuridici che ho verso mia figlia e, più in generale, nessuno dei diritti dei quali sono titolare subirà alcuna flessione.


Little Prince(ss)

Le altre interviste dell'inchiesta:
* Sergio Rovasio: "Ecco come siamo arrivati al 23 marzo"
* Enrico Oliari: "I confetti per le nozze sono quasi pronti"
* Lo sciopero della fame di Francesco e Manuel
* Chiara Saraceno: "Il matrimonio e la famiglia"
* Porpora Marcasciano: "Non si perda la bussola!"
* Sciltian Gastaldi: "Farà felice tanti. E allora ben venga"
* Dario Gay: "Io ti sposerò e amandoci saremo liberi"

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Leggi anche:
* Omofobia, stalking e pena di morte: i nuovi "compagni che sbagliano", benedetti dal papa
* Matrimoni gay e dittatura della maggioranza: quando si vota sui diritti umani

3 commenti:

  1. Tutto condivisibile; mi permetto di dire due cose:
    1) l'interesse per i temi giuridici è un bene anche quando non supportato da preparazione accademica, quanto il disinteresse è la morte del diritto;
    2) in una mia riflessione sullo stesso tema ponevo un altro interrogativo. Seguendo il medesimo filo interpretativo, in quale punto della Carta si preclude la poligamia?

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  2. Signori, ma perchè usare ancora il nome di Sodoma, che ha connotazioni chiaramente negative? Un messaggio positivo dentro un contenitore negativo è un pessimo servizio per lo stesso messaggio!

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  3. A Ugolino Stramini....

    la poligamia non è vietata dalla costituzione tuttavia è prevista come fattispecie di reato punita con pena fino a 5 anni di carcere (articolo 556 codice penale

    Bigamia

    Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili. La pena e' aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla liberta' dello stato proprio o di lei. Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, e' dichiarato nullo, ovvero e' annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato e' estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.).

    A mio avviso si dovrebbe legalizzare la poligamia purchè sia libera e non sia intesa solo come poliginia ma anche come poliandria...

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    All'anonimo dico che il titolo ambiguo del libro è una cosa geniale, perchè potrebbe attirare tante persone contrarie al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e disporre, co la lettura del libro, il cambiamento della loro opinione in senso favorevole.

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Il grande colibrì