L'omosessualità nelle forze armate: su soldati gay e stupri nell'esercito non chiedere, non dire

Continua negli Stati Uniti il braccio di ferro tra l'esercito e il governo sul principio del "Don't Ask, Don't Tell", per il quale una persona omosessuale può far parte delle forze armate americane a patto che non riveli a nessuno il proprio orientamento sessuale. Ora il Pentagono ha fatto circolare un questionario in cui si chiede ai soldati se avere un capo o un collega gay o lesbica non possa avere effetti negativi sullo spirito di gruppo, sul morale, sulla capacità di combattimento... E poi, si domanda, a te piacerebbe dormire o farti la doccia con un collega omosessuale? [Testo integrale]

Il Pentagono, che al "Don't Ask, Don't Tell" è particolarmente affezionato, sembra voler dimostrare che la possibilità di avere coming out all'interno delle forze armate pregiudicherebbe l'efficacia militare e la coesione dell'esercito più potente del pianeta. Insomma, il dichiararsi omosessuali potrebbe, a giudicare dalle paure di certi generali, avere quegli effetti nefasti per la sicurezza statunitense e globale che neppure Bin Laden e Ahmadinejad sono riusciti ad ottenere.

Nel nostro paese i pregiudizi all'interno dell'esercito sono gli stessi, ma si risolve tutto "all'italiana": la Costituzione vieta ogni forma di discriminazione (art. 3), però nel 2003 per applicare una direttiva europea contro le discriminazioni sul lavoro basate tra l'altro sull'orientamento sessuale si dà vita al decreto legislativo n. 216 con cui si introduce per la prima volta la possibilità di discriminare gli omosessuali (come i diversamente abili o i musulmani, per dire) nelle forze armate e di polizia. Assurdità tale che l'Unione Europea ha ovviamente obbligato l'Italia a eliminare.

Dunque, a parte l'infelice parentesi del 2003, la legge formalmente proibisce in Italia qualsiasi forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale anche all'interno delle forze armate. Formalmente. Perché la realtà è stata ben illustrata nel 2008 dal generale Mauro Del Vecchio, allora candidato per il Partito Democratico alle elezioni politiche: "Credo che nell’ambito di una struttura come l’esercito, dove le attività si svolgono sempre insieme, è opportuno non dichiarare ed evidenziare la propria omosessualità". Insomma, il generale difese a spada tratta il principio, seppure illegale in Italia, del "Don't Ask, Don't Tell".

Di più: Del Vecchio, difendendo il proprio pregiudizio per il quale "i gay nell’esercito sono inadatti", ammise candidamente di aver operato discriminazioni contro suoi sottoposti non abbastanza eterosessuali: "Anche nella mia carriera mi sono imbattuto in episodi di omossessualità ed ho fatto in modo che quelle situazioni non si verificassero di nuovo, che chi ne era coinvolto venisse ricollocato ed impiegato in altre aree" [Repubblica].

Chissà di cosa hanno paura certi signori con le stellette sulle spalline. Forse credono che l'esercito sia posto solo per maschi veri e che gli omosessuali non siano davvero maschi. Forse temono la forza rivoluzionaria di una sessualità libera da antichi schemi, senza accorgersi che tale forza è oggigiorno quanto mai sopita. O forse hanno paura che in caserme popolate da schiere di omosessuali dichiarati nascano spontaneamente immense orge. Devono aver visto troppi film porno gay, certi signori.

Perché se l'immaginario omosessuale (attratto dalla divisa, dal "senso di sicurezza e protezione", dalla "maschilità e virilità" dei soldati - "Non è solo il fascino della divisa, ma i militari sanno essere maschi e vogliosi di rompere culi... E poi il militare sa di proibito!" racconta Mara, travestita 45enne di Novara) è pieno di amplessi tra soldati, la realtà è molto diversa. Anche i militari gay e bisessuali cercano sesso solo ed esclusivamente al di fuori delle caserme, all'interno delle quali i soldati, etero o omo che siano, si concedono "qualche sega in bagno, al massimo” (Stefano, 27 anni, da Catanzaro).

Quando sono in missione all'estero, poi, è ancora peggio, come racconta il parà fiorentino Osvaldo, 27 anni pure lui: "In Iraq sono stato 6 mesi senza sesso e senza masturbarmi: lì non hai tempo per pensare a queste cose, ti fischiano le pallottole sopra la testa e i bambini chiedono pane… No, non ti viene da pensarci, se non quando le pallottole ti filano vicino e pensi: ‘Cazzo, sono 3 mesi che non faccio sesso e oggi mi sa che devo mori'!’".

Non è un caso che gli unici episodi di sesso consenziente in caserma che è possibile raccogliere risalgono tutti ai tempi del servizio militare obbligatorio di tanti anni fa. Livio, 48enne piemontese, ricorda: "Durante la naja ero di stanza in Lombardia e la materia prima non mancava: adocchiavo i bei soldatini e la sera li seducevo… Erano belli duri, vogliosi di venire nella mia bocca e nel mio culetto. Avevo successo perché gli altri gay succhiavano soltanto".

La naja era spesso anche il tempo in cui si sperimentavano per la prima (e magari unica) volta rapporti omosessuali: "C’era un commilitone che sotto la doccia se lo toccava. Poi una volta mi è passato vicino e me l’ha strusciato sul culo. Io non ho protestato. E la volta dopo ci si è soffermato e… l’ho succhiato!" racconta Michele, 45 anni, di Livorno, che da allora non ha più avuto esperienze sessuali con uomini.

Con gli anni, però, anche tutto questo è passato. Già le esperienze di Bernando, monzese di 35 anni, sono molto più soft: "Durante la naja, c’è stata qualche sega davanti a qualche porno etero, nulla di più. Solo una volta eravamo in due e allora ci siamo fatti una sega reciproca". Bernardo è rimasto nell'esercito, ma non ha avuto nessun altro contatto sessuale con commilitoni, pur essendo gay.

Insomma, siamo davvero ben lontani dalle allegre camerate dell'immaginario pornografico: di sesso nelle caserme italiane, ad ascoltare i soldati, sembra non esserci neppure l'ombra. Ad ascoltarli meglio, però, tra silenzi e reticenze, qualche attività sessuale alla fine sembra trasparire dietro un velo opaco. Ma il discorso, a questo punto, si fa inquietante.

Claudio, 41 anni, ligure, racconta: "Capita che qualche sergente si fa qualche soldatino, sai, durante qualche turno di notte… E il soldatino lo fa un po’ per soggezione, diciamo". Cosa significa per soggezione? Viene costretto? "Magari gli piace e allora unisce l’utile al dilettevole. Se no...". Se no affari suoi, insomma. Claudio ci tiene ad aggiungere subito: "In concreto non si sa dove finisca la leggenda e dove inizia la verità, circolano delle voci, sai, tipo 'Radio Scarpa' e cose del genere. Non sa niente nessuno, diciamo così".

Non sa niente nessuno, sempre e solo voci... "A parte che, per quello che so, anche qui è pieno di froci, a me non è mai successo di fare cose tra uomini" premette il parà eterosessuale Matteo, 52 anni: "Però si sentono cose strane...". Cose strane? E cioè? "Alcuni vengono inculati, per essere chiari". Sono rapporti sessuali consenzienti o atti di nonnismo? "Nonnismo". Insomma, violenze sessuali! "Diciamo che sono punizioni...".

Sì, diciamo che sono punizioni. O, ancora meglio, non diciamo nulla. Don't ask, don't tell, non chiedere e non dire, lasciamo che il silenzio copra l'indicibile vergogna dei soldati omosessuali e il vizietto degli stupri. Il filo rosso è lo stesso: l'ossessione omofoba che, considerando disgustoso l'atto omosessuale, lo condanna quando è consenziente e lo tollera, qui come altrove, come forma di punizione e di umiliazione. E pensare che qualcuno considera il buon vecchio "Make love, not war" come antico idealismo...

Little Prince(ss)

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4 commenti:

  1. in un ambiente fatto maggiormente di uomini con lo stesso interesse e ideali serpeggia l'omosessualita'il militare e' un uomo è in una comune e d'obbligo che venga coinvolti in rapporti sessuali con altri uomini quindi con altri militari, sopratutto chi sceglie la vita militare nel suo inconscio e' presente l'omosessualita', con questo ho detto tutto.

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Il grande colibrì