Usa, un gay su cinque sarebbe sieropositivo: quando abbandoneremo il terrorismo sull'Aids?

Abbiamo da poco raccontato come, secondo l'Office for National Statistics (l'Istat inglese, per intenderci), gli omosessuali sarebbero solo l'1'% della popolazione ed ecco che, questa volta dagli Stati Uniti, arriva un'altra stima destinata a far discutere: secondo la Kaiser Family Foundation ben il 20% degli uomini che fanno sesso con altri uomini, almeno nelle grandi città, sarebbe infettato dall'Hiv e, tra coloro che sono sieropositivi, quasi la metà (il 44%) lo ignorerebbe [CBC].

Certo, il dato può essere messo in discussione, dal momento che il solo fatto di creare un campione realmente rappresentativo degli uomini sessualmente attivi con altri uomini è di per sé impresa non facile, tanto dal punto di vista pratico quanto da quello teorico. Insomma, due studi sui quali dubitare, da superare alzando le spalle?

No. Perché se la percentuale della popolazione omosessuale è un dato in sé poco significativo, quello della diffusione dell'Hiv è invece importante. E in fin dei conti la stima della Kaiser Family Foundation potrebbe anche essere molto imprecisa e, per esempio, tra gay e bisessuali delle metropoli la percentuale dei sieropositivi potrebbe essere non del 20, ma del 10 o del 40%, e tuttavia rimarrebbe comunque evidente la differenza con il dato relativo alla diffusione dell'Hiv nell'intera popolazione americana (meno dello 0,5%).

Insomma, la notizia c'è, anche se è solo la conferma di quanto già emerso con chiarezza nella XVIII conferenza mondiale sull'Aids, tenutasi a luglio a Vienna: nella popolazione gay e bisex di tutto il pianeta le infezioni sarebbero in aumento e si stima che i tassi di diffusione del virus nella popolazione omosessuale siano anche 20 volte più alti che in quella eterosessuale. Anche in Italia gli infettivologi, sebbene il bollettino epidemiologico dell’Istituto superiore di sanità non fornisca conferme precise, hanno lanciato l'allarme: la diffusione dell'Hiv sarebbe in aumento tra gli omosessuali, specialmente tra quelli più giovani.

Certo il virus non colpisce solamente i gay, come dimostra anche un'interessante intervista a una donna sieropositiva mandata in onda dalle Iene a marzo e riproposta oggi da inWonderBlog, che sul video e sulla notizia sopra riportata propone alcune interessanti argomentazioni.

Rivediamo allora l'intervista e proviamo a fare qualche riflessione.



Facciamo il punto. Prendiamo la storia di Emma, la paura di contagiarsi, la paura di scoprirsi contagiati, la diffusione del barebacking, il dilagare, in assenza di campagne informative, dell'ignoranza e, di conseguenza, delle leggende metropolitane ("hanno paura che ci sia un app dell'IPhone che può trasferire il virus" sintetizza efficacemente inWonderBlog). Cuociamo a fuoco lento, mescoliamo tutto, serviamo ancora caldo: il piatto che ci troviamo davanti è davvero complesso, un minestrone incasinato e indigesto in mezzo al quale galleggia lei, l'Aids, il grande mostro.

L'Hiv e l'Aids (concetti indistinti nella disinformazione generale) rappresentano da un punto di vista simbolico un male a sé stante, un marchio di infamia e di peccato, un buco nero il cui solo pensiero provoca terrore in alcuni. E' il nemico "che non verrà mai a mordere il culo alla 'brava gente'", come sintetizza lo sceneggiatore Roberto Recchioni, è il male che ti fa piombare addosso "una sensazione di morte imminente", come racconta Emma - e pazienza se non è vero, se con l'Hiv si può convivere come e meglio di quanto avviene con tante altre malattie: basta curarsi...

Eppure "la malattia altro non è che una condizione biologica che mette a repentaglio il benessere fisico o psichico di una persona", nulla di più, ricorda Andrea Savarino in un'intervista. E questa definizione calza a pennello su tutte le malattie, Aids compresa. Per preservare il proprio benessere è quindi utile innanzitutto cercare di evitare di contrarre una malattia, se possibile, e, se invece la si è contratta, iniziare a curarsi. Per le malattie infettive entra in gioco una terza regola: evitare di trasmettere la malattia ad altre persone.

Facciamo un esempio: in inverno mi metto una sciarpa per non prendermi l'influenza e, se la becco comunque, prendo la tachipirina quando mi sale la febbre ed evito di tossire in faccia ai miei amici. Allo stesso modo, mi vaccino per non prendermi la tubercolosi e, se la becco comunque, prendo degli antibiotici e, ancora una volta, evito di tossire in faccia ai miei amici. E allora uso il preservativo per non infettarmi con l'Hiv e, se non lo uso e mi becco il virus, prendo degli antiretrovirali ed evito di fare sesso non protetto. Tutto dovrebbe filare liscio...

E invece no, come spiega bene Emma: "Se hai il cancro c'è un pietismo e - meno male! - una sorta di moto di affetto nei tuoi confronti, molta solidarietà. Se hai l'Hiv sei uno schifoso". Condanna morale (perché l'Hiv è ancora considerato il virus dei froci e dei drogati - e froci e drogati sono ancora condannati moralmente) e terrore (perché c'è ancora chi crede che basti il tocco delle dita o un bacio per trasmettere il virus) si combinano in una miscela esplosiva.

Se per moltissima gente avere relazioni amicali, amorose o sessuali con persone sieropositive non è affatto un problema, per troppi altri invece è qualcosa di inconcepibile, di riprovevole e/o pericoloso, qualcosa su cui essere terrorizzati e spandere terrore.

La persona sieropositiva, allora, si sente rifiutata e in alcuni contesti, in cui viene a contatto più con i terrorizzati e i terroristi che con persone razionalmente serene, può trovarsi ad affrontare il rischio dell'isolamento, della morte sociale. E allora la scelta di non rivelare il proprio stato sierologico neppure alle persone con cui ha rapporti sessuali non protetti trova una propria giustificazione psicologica ("L'Hiv è una malattia che non si può comunicare"), valida o meno che sia su altri piani.

Tutto questo però non interessa praticamente a nessuno. A dirla tutta, sono concetti niente affatto nuovi, espressi a parole da molte persone, ma che - chissà perché - non danno vita quasi mai ad azioni consequenziali. Molte campagne per la prevenzione, ad esempio, ormai si rincorrono sul terreno del macabro, dell'orrido e dello choccante: il rapporto sessuale con un sieropositivo è rappresentato senza problemi come l'andare a letto con la morte in persona o con Hitler...

Chi progetta, diffonde e apprezza queste campagne in cui la persona sieropositiva è esplicitamente identificata come assassina e l'Hiv è raccontato come una condanna a morte ha davvero chiaro il fatto che l'Hiv è un virus e non una nuova piaga d'Egitto, che spargere terrore e isolare chi è contagiato provoca solo effetti controproducenti, che solo nel quadro della tutela della dignità di tutti, sieropositivi compresi, ha senso spronare alla tutela del proprio benessere personale?

E allora perché l'uso del preservativo da parte delle persone sieronegative viene presentato come un undicesimo comandamento e non come una forma intelligente di tutela del proprio benessere? Perché il barebacking non viene smascherato come una via di fuga inutile dalla paura e invece continua solo a subire la condanna del dito puntato e, ancora meglio, del silenzio? Perché anche solo parlarne, come abbiamo fatto più volte, è interpretato come una violazione di un sacro precetto?

"E' così faticoso portarselo tutto questo fardello. Pian pianino bisogna spezzettarlo, bisogna romperlo, perché è un macigno enorme" racconta Emma. La formica, quando un macigno le cade addosso, non lo vede e rimane schiacciata. Lo struzzo invece vede il macigno da lontano e, preso dal terrore, nasconde la testa sotto la sabbia e rimane anche lui schiacciato. L'elefante, infine, vede il macigno e sa che può affrontarlo: lo afferra con la proboscide e lo scaraventa a terra, trasformandolo in un cumulo di sassolini. E allora perché continuiamo ad allevare formiche e struzzi quando potremmo avere schiere di elefanti?

Little Prince(ss)

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Leggi anche:
* La malattia e i suoi nemici - Inchiesta: intro + 4 parti
* Giovane nero gay cerca bareback: "The young & evil" di Julian Breece e la seduzione dell'HIV
* L'amore ai tempi del bareback - Inchiesta: intro + 3 parti

2 commenti:

  1. Sono anni che da vari siti web combatto una guerra contro gli ignobili stregoni della medicina schiava delle industrie farmaceutiche e dei sistemi di potere che di essa hanno fatto la loro arma migliore.Sono decine i siti web ed i link in cui studiare e capire cosa in realtà si nasconda dietro questo immenso business chiamato AIDS.Proporrò due link alla fine di questa mia nota,uno tratta dell'SV40,il virus delle scimmie che tutti gli addetti ai lavori sanno cosa sia e perchè è tra noi,l'altra il dissenso,quello che fa capo a 700 scienziati di tutto il mondo compresi nobel per la chimica e per la genetica che contestano le tesi ufficiali su basi molto scientifiche,ma questo da anni passa sotto il più totale silenzio da parte dei media.
    Non vi annoierò oltre,solo vi prego di scavare,cercare e capire,perchè assolutamente la verità non è quella che vorrebbero che il mondo prendesse per buona,un saluto Corto Maltese
    http://www.youtube.com/watch?v=YspyNQ7jN_I
    http://www.ilvirusinventato.it/

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  2. E' allucinante la frase "Se hai il cancro c'è un pietismo e - meno male! - una sorta di moto di affetto nei tuoi confronti, molta solidarietà. Se hai l'Hiv sei uno schifoso"... credo che questo atteggiamento dipenda anche dalle campagne con...tro HIV o L'AIDS che si concentrano maggiormente sul carattere infettivo del virus, e mi va bene, ma che non dedicano nessuna solidarietà a chi lo ha giò contratto. Capisco che bisogna far capire alla gente che usare il preservativo è un gesto importante sia per la propria salute che per quella del/i partner/s, però creare dei mostri, per raggiungere tale scopo, non è giustificabile. E' discriminatorio e lesivo per chi il virus l'ha contratto... infondo basta solo che usi il preservativo ad ogni rapporto e la cosa si risolve. Personalmente ho terrore di altri individui che ti rincoglionoscono la testa e ti infettano con le loro ideologie del cavolo, quelli sì che li eviterei come la peste.

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Il grande colibrì