La bellezza quieta del mondo: persone, veli e crocifissi nel tempo congelato di Erin Mulvehill

Erin Mulvehill può congelare il tempo, o almeno così afferma nel nome del suo sito web in cui raccoglie alcuni dei suoi più interessanti lavori fotografici. Per presentarla, vi lascio direttamente alle sue parole e ad alcuni particolari delle sue immagini di grande evocatività.

* * *

Erin, come ti presenteresti ai nostri lettori?

Ho 21 anni, sono una nomade ma al momento vivo a Brooklyn, New York, sono buddista, felice, alta più di 1,80, bilancia, non uso le maiuscole, parlo spesso di alieni, sono appassionatissima di scienza e fisica, amo leggere, scrivo poesia e credo che la bellezza salverà il mondo!


Caspita, che presentazione! E una ragazza come te cosa vuole esprimere attraverso la fotografia?

Nel mio lavoro mi sento un po' come una nave, nel senso che vengo improvvisamente sopraffatta da un'idea o da un concetto e allora sento la necessità urgente di lavorare su quella idea fino a renderla realtà. In questo modo, il processo creativo legato al mio lavoro - e anche quello che voglio comunicare - è naturalmente qualcosa di non lineare. Nel corso del tempo, in genere molto tempo dopo il momento il cui realizzo effettivamente il lavoro, l'opera mi svela il suo significato.

Insomma, creo partendo da un'intuizione basata su un atto di fede, sulla convinzione che quello che sto facendo ha un significato che mi si rivelerà quando sarà il momento giusto. Questo elemento di fiducia e di intuizione è qualcosa che trovo particolarmente bello parlando di arte e del processo con il quale si lavora su un oggetto fino a chiudere un cerchio.


In tutto questo, quale influenza ha il fatto di essere buddista?

Per me i principi del buddismo hanno molta importanza durante tutto il processo artistico. Faccio spesso riferimento al buddismo perché i suoi insegnamenti mi hanno aiutata moltissimo a capire la natura effimera della vita e della nostra esistenza su questa terra. Credo fermamente che, per fare bene qualsiasi cosa, mente e corpo debbano essere in armonia tra loro.

Mi sento molto fortunata ad aver scoperto la meditazione, alcuni testi buddisti come il Dhammapada e altri libri sull'arte tibetana della serenità: credo che immergermi in questi concetti in giovane età mi abbia dato davvero una più profonda comprensione di me stessa e di ciò che mi circonda. E dal momento che penso che i principi del buddismo siano così forti nella mia vita, ovviamente ritengo che essi siano intrinseci al mio lavoro perché la mia vita è il mio lavoro.


A proposito di religioni, nella raccolta "Iconoclast" rappresenti una serie di simboli cattolici (crocifissi, Madonne e santi) in contesti domestici e da punti di vista inusuali...

Sono sempre stata attratta dalla bellezza quieta e ipnotica delle immagini religiose. Nonostante il fatto di essermi allontanata dalla mia educazione cattolica per scegliere un approccio più spirituale alla vita e studiare il buddismo, questa attrazione magnetica verso l'iconografia religiosa si è fatta man mano sempre più forte con gli anni.

La serie "Iconoclast" si è sviluppata partendo da questo amore per la bellezza delicata intrinseca all'iconografia religiosa, unita al mio interesse su come il contesto spaziale cambia con forza inaspettata il nostro modo di vedere un simbolo, un'idea o qualsiasi cosa. La combinazione di questi elementi rappresenta la vera base del mio lavoro in questa serie che allargo costantemente, anno dopo anno, con nuove fotografie.


A proposito di crocifissi, hai un'opinione a proposito del dibattito italiano sulla presenza della croce nelle aule della scuola pubblica?

Personalmente credo nella libertà di religione e nel rispetto per tutte le religioni. Di conseguenza, non penso che sia opportuno che un crocifisso sia appeso in una scuola pubblica: la presenza di un crocifisso mostra di per sé un favoritismo o comunque una inclinazione a favore della particolare religione, appunto il cattolicesimo, di cui, come è risaputo, il crocifisso è il simbolo.

Credo infatti che il crocifisso rappresenti un simbolo molto forte della fede cattolica. Forse ha un significato secondario come simbolo della tradizione europea e del rispetto dei diritti umani, come sostiene la Chiesa italiana, ma penso che prima di tutto sia un simbolo molto chiaro del cattolicesimo.

Chi vuole mandare i propri figli a seguire lezioni in un'aula con un crocifisso dovrebbe mandarli in una scuola religiosa. Per essere chiara, non sto dicendo ad altri di credere o di non credere, ma, se si offende qualcuno e si crea un conflitto a causa dell'esposizione di un simbolo religioso in un luogo pubblico, probabilmente sarebbe più opportuno fare un passo indietro. Dopo tutto, i testi religiosi dicono di rispettare il prossimo e di mantenere la pace: e allora perché provocare un contrasto su una questione che può essere risolta con facilità?


Il dibattito sul crocifisso nelle scuole pubbliche in Italia ricorda per alcuni tratti, pur con enormi differenze, il dibattito francese sul velo. E tu, in "The veil project", mostri proprio una galleria di donne con veli variopinti...

"The veil project" nasce dal mio amore per l'aura misteriosa creata dai veli e dalle coperture. L'atto di coprire qualcosa, in particolar modo la testa e/o il viso di qualcuno, mi ha sempre interessata molto. I veli sono naturalmente molto misteriosi e danno un fascino intrigante all'individuo che li indossa.

Mentre creavo quelle immagini, sapevo di voler incorporare il più possibile la personalità dei miei soggetti in ciascuna fotografia, nel tentativo di imparare qualcosa di più profondo sulle donne. Per fare questo, ho chiesto ad ogni donna di portare il proprio velo personale e non ho dato alcuna istruzione su come ciascun soggetto si sarebbe dovuto presentare davanti alla macchina fotografica.

Questi sono stati per me due aspetti molto importanti del progetto, dal momento che rendono le fotografie immediatamente più intime grazie al fatto che la donna può presentarsi come vorrebbe essere vista e che si parla delle molteplici identità delle donne e dell'individualità intrinseca ad ognuna.

Ho completato questa serie, come molti altri miei lavori, rispettando fedelmente il mio processo creativo non lineare. Quando scattai questa serie, davvero non sapevo esattamente perché la stavo facendo, sentivo solo un vero e proprio obbligo di creare immagini di donne velate. Solo molto tempo più tardi ho compreso l'importanza di questo lavoro nella mia vita. Comunque sapevo già che tutto quello che viene creato ha qualche significato o scopo, anche se non ne siamo palesemente consapevoli. Io mi affido con slancio alla fede e all'intuizione.


Estremamente tranquille, quasi indifferenti, di un'espressività inoffensiva, sessualmente poco definite... Le persone in "Human, being" vivono nude in una natura silente. Ma la natura cosa sussurra nel tuo orecchio?

Questa serie è nata in modo molto organico. Il mio amico Mitchell Kuga, editore e capo del magazine "The outcrowd" alla Syracuse University, mi chiese di scattare una serie di nudi per il suo giornale. Discutemmo di una gran quantità di idee per gli scatti, ma poi le abbandonammo tutte perché ci rendemmo conto che, cercando di partorire a forza un'idea, le fotografie non sarebbero state naturali e sarebbero risultate artificiose.

Così ripartimmo dal momento migliore, dall'inizio. Chiamammo degli amici e chiedemmo loro se erano d'accordo a farsi fotografare nudi. Per nostra fortuna, le persone che avevamo contattato avevano fiducia nel nostro lavoro e così ci permisero di fare delle immagini stupende.

L'atto stesso di fotografare le persone per questa serie è stata un'esperienza molto ipnotica e spirituale. Mentre scattavamo, mi sentivo avvolta in un silenzio delicato, quasi come in un sogno, e ho raggiunto una consapevolezza diciamo accresciuta di quello che mi circondava. Credo che ci sia stata una forte connessione tra me, i miei soggetti e la terra negli istanti in cui scattavo le foto.

E' una sensazione che non può essere tradotta in parole, davvero. E' stato qualcosa di estremamente delicato e bellissimo e penso che le immagini che abbiamo realizzato con quegli scatti rappresentino davvero al meglio come si sia svolta questa esperienza fotografica molto intensa. Guardando le immagini tutte insieme dopo gli scatti, è stato interessante scorgere un filo quasi biblico che lega le fotografie. Questa natura biblica non è stata prodotta né volontariamente né involontariamente, semplicemente le cose sono andate in quel modo.


Vuoi aggiungere qualcos'altro?

Sì: la bellezza salverà il mondo!


Little Prince(ss)

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