Quando il marito si "scopre" omosessuale... - Il curioso caso dell'etero curioso (3° parte)

Dove eravamo rimasti...
* Nord, sud, ovest, est: disorientamenti sessuali? (1° parte)
* Una sola etichetta per tutti: quella del rispetto (2° parte)

"Finti etero", "gay repressi", "bisessuali ipocriti"... Sono tante le etichette che vengono scagliate con la massima faciloneria contro quegli uomini che si definiscono eterosessuali pur avendo una vita sessuale, reale o anche solo immaginata, con altri uomini. Etichette usate come armi contundenti senza tenere conto che le stesse etichette "originali" (etero, omo, bisex...) hanno confini instabili, ambigui, difficili da cogliere e da definire. Per questo, nel rispetto della libertà di ciascuno di auto-determinarsi e di auto-definirsi, sarebbe più corretto sostituire ai giudizi le domande, alle certezze i dubbi.

Peccato, però, che l'auto-definirsi non sia un processo che trova inizio, sviluppo e fine unicamente nella sfera intima della persona, dal momento che coinvolge, direttamente o indirettamente, altre persone. Un uomo che si auto-definisce eterosessuale magari cercherà una compagna di vita, la sposerà, creerà una famiglia in senso "tradizionale"; lo stesso uomo, se si definisse gay, forse cercherebbe un compagno di vita, con cui difficilmente potrebbe progettare matrimoni o paternità...

Insomma, il modo in cui ci si definisce (o in cui ci si rifiuta di definirsi) può esercitare influenze molto rilevanti sull'ambiente in cui si vive e sugli individui che lo abitano. E può creare aspettative enormi nelle persone più vicine: il compagno di un uomo "omosessuale" si aspetterà che al proprio partner non interessino granché le donne, come la moglie di un "eterosessuale" sarà sicura che il marito non correrà dietro ai maschietti... Poco importa se siano aspettative realistiche o "giuste", sono comunque aspettative percepite come ovvie, naturali, indiscutibili.

In questo quadro, la presenza di pressioni sociali che spingano gli individui a definirsi in un modo o nell'altro crea pesantissime distorsioni, con effetti anche drammatici. Non sono pochi, ad esempio, gli uomini che sono indotti a dichiararsi e a considerarsi eterosessuali, ma che in un mondo privo di pressioni vivrebbero una vita sessuale e affettiva esclusivamente omosessuale (il caso opposto è possibile, ma molto probabilmente assai meno frequente).

Sono uomini spesso sposati, spesso con figli, sono uomini che continuano a considerarsi eterosessuali per tutta la vita anche se frequentano (o sognano di frequentare) altri uomini o che ad un certo punto si "scoprono" omosessuali e allora devono scegliere tra il condurre una doppia vita e il portare allo scoperto il proprio orientamento sessuale. Non è una scelta facile, perché la prima strada porta a lacerazioni interiori, stress, depressione, sensi di colpa...; e la seconda significa riprogrammare tutta la propria esistenza, mettendo a rischio la struttura familiare, il circolo delle amicizie, a volte anche i rapporti professionali...

Prendersela con i tanti padri di famiglia che frequentano le chat erotiche gay o i sex club per soli uomini è facile, ed infatti è quello che in genere si fa: si punta il dito contro di loro con sdegno, li si accusa di ipocrisia e di cinismo, li si ricopre di disprezzo e di sarcasmo... bene che vada si prova pietà di loro.

Di fronte al possibile errore - poco importa quanto voluto, quanto consapevole - di un matrimonio la risposta è draconiana, la sentenza è senza appello. Questo non aiuta né il marito con la passione degli uomini né la sua famiglia... ma chi se ne frega, no? L'importante è emettere giudizi, preservare la purezza presunta di una scelta di vita (la vita dell'omosessuale "modello", orgoglioso e dichiarato al mondo) che non deve ammettere sbandature, sbavature, sfumature...

Ammettiamolo pure: certi matrimoni sarebbe stato meglio non celebrarli e lo dimostra il fatto che, una volta scoperte le relazioni omosessuali extra-coniugali, molti matrimoni finiscono in divorzi o continuano per la pura esigenza di salvare le apparenze sociali. Ma è anche vero che questi matrimoni ormai sono stati celebrati e che vengono fatti sopravvivere, se si riesce a mantenere in piedi il castello di finzioni su cui si reggono, anche in base ad un'analisi costi-benefici fatta dal marito, che può essere un'analisi egoistica e menefreghista, ma può anche essere attenta al benessere di tutto il nucleo familiare.

Certo, ottenere una situazione idilliaca è quasi impossibile, ma forse, in alcuni casi, il mantenimento del matrimonio può rappresentare un equilibrio preferibile per tutti rispetto al dissolvimento del nucleo familiare. E poi, accanto ad attrazioni e desideri erotici, esistono altre forme di affettività e di costruttività che possono svilupparsi anche in questi matrimoni. In ogni caso, non possiamo affermare con certezza che l'analisi fatta a priori dall'esterno ("è solo ipocrisia, meglio il divorzio") sia sempre più corretta e con conseguenze preferibili rispetto a quella fatta dall'interno.

Quello che possiamo fare è ricordare che, accanto a storie di matrimoni falliti dolorosamente (con ex mogli depresse, padri che non riescono più a vedere i figli, figli cresciuti nel disprezzo dei padri...), ci sono anche tante esperienze più positive, in cui, dopo la fine del matrimonio, si è raggiunto, pur con difficoltà, un nuovo equilibrio: i figli stimano il padre e magari fanno amicizia con il suo nuovo compagno, mentre gli ex coniugi hanno rapporti amicali o comunque civili. Quello che possiamo fare è mostrare che ci sono tante possibilità e che a volte la strada che appare più tortuosa è quella che porta fuori dalla selva...

Esiste poi una dimensione ancora più ampia rispetto a quella dei parenti e degli amici che viene influenzata dalle modalità con cui ci si auto-definisce in base all'orientamento sessuale: è quella che potremmo definire la funzione sociale della visibilità. Dichiarare la propria omosessualità o bisessualità (qualsiasi cosa ciò voglia dire) è spesso presentato come un dovere morale nei confronti di una società da educare e di tanti giovani gay a cui offrire buoni esempi. E allora se un uomo frequenta altri uomini, indipendentemente da come si percepisce, dovrebbe dichiarare al mondo di essere omosessuale?

Nel ragionamento dei paladini della visibilità a tutti i costi, si assiste a incredibili ribaltamenti dei presupposti di partenza. La visibilità, strumento di autodeterminazione e di libertà dalle pressioni, dai moralismi e dalle angosce, diventa un obbligo moralmente imposto dall'esterno. Si propone la visibilità come strumento di lotta al pregiudizio e poi si condannano gli "invisibili" (agli altri e a se stessi) con un (pre)giudizio di massa, con una sentenza senza processo.

Per non parlare del fatto che si pretende che quelli che si giudicano "gay repressi" si facciano carico degli altri, della società, dei giovani gay... ma poi non si dimostra alcuna disponibilità a farsi carico del loro benessere, ad assicurare loro supporto - o, almeno, comprensione - in un percorso di riprogrammazione della propria esistenza che metterà a rischio i loro affetti e la loro vita sociale. E poi quale attrattiva potrà mai avere un mondo in cui le dita puntate sembrano essere più delle braccia aperte?

CONTINUA...

Little Prince(ss)

Il prossimo capitolo:
Identità malleabili (per sopravvivere alla rigidità) (4° parte)

Leggi anche:
* "Forse solo leggermente bisex": il desiderio senza nome degli eterosessuali a caccia... di maschi!
* Luca era etero, Luca era gay: la canzone di Povia, gli "ex-gay" e anche gli "ex-etero"...
* Dammi tre parole... Un gioco su sesso biologico, identità di genere e orientamento sessuale

9 commenti:

  1. Avete finito di scrivere cazzate?!?!?!!?!?! Ora difendete pure i mariti froci??!??? Io casteerei loro e voi!

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    1. Etero vero tu?? Spiega piuttosto come mai sei capitato su questo sito.......

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  2. Detto per inciso che non mi interessa difendere o accusare nessuno, ti ringrazio sentitamente per la chiara, coerente ed esaustiva spiegazione del tuo punto di vista.

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  3. Un etero *vero* che si diletta in queste letture e stroncature, deve avere molte code di paglia.

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  4. Grazie a eteroVERO per l'ennesima dimostrazione del più becero machismo all'italiana. Grazie a persone come te saremo sempre più competitivi con i paesi dove l'omosessualità è condannata con la lapidazione o la pena di morte! Grazie di cuore da tutti i gay, veri e non

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  5. Allora, io probabilmente sono gay o al limite bisex e probabilmente ho problemi di accettazione (devo capirlo perchè è tutto molto ambiguo) ho provato a mettere in pratica più volte le fantasie bisex con un uomo direttamente ma non ho avuto nemmeno erezione a differenza di qualcuna etero.... ma non dico nulla, non vuol dire nulla... mille sono i fattori, anzi spero di essere gay o bisex così vado in culo a tutte le paure e mi metto l'animo in pace. C'è da dire però che gli omosessuali a volte sono peggio degli etero omofobi, per scaricare le proprie frustrazioni su chi, in qualche modo, si avvicina al modello socialmente accettato (l'eterosessualità). Ma così facendo trasmettono una pessima immagine dell'omosessuale: quella del frustrato che proietta il proprio vissuto (e la propria negazione) su tutti... insomma avere fantasie gay non rallegra nessuno all'inizio (specialmente se ci si è cresciuti convinti etero) ma è da stronzi secondo me provocare in questo modo con questi post a sondaggio... chi si sta scoprendo e capita qui finisce per farsi un'idea sbagliata del mondo gay. Sia il mio amico gay che la mia terapeuta mi dicono sempre di non andare su siti gay perchè per loro *tutti* sono gay o repressi. Ora capisco cosa volevano dire.

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  6. Ai lettori: se avete dubbi sul vostro orientamente sessuale, confrontatevi con gente seria e non con i primi che dicono "tutti sono gay"... visitate un sito serio.

    http://progettogayforum.altervista.org/

    Partite da qui... lasciate perdere questi sitacci e confrontatevi con persone serie...

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  7. Ma come faccio a capire,se é vero che ho immaginato,questo io perché sono 22 anni di guerre.

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  8. Dal momento che sto vivendo sulla mia pelle questa situazione e sto cercando di affrontarla nel miglior modo possibile (senza pregiudizi e vendetta, per dire), trovo sinceramente questo articolo abbastanza offensivo. Sono consapevole della difficoltà dell'identificazione, ma i valori morali "imposti dall'esterno" (?!) che qui vengono definiti come quasi un'imposizione, scusate, sono un dovere nei confronti della persona che uno ha deciso di sposare. Alla base di errori, insicurezze, quello che volete, c'è sempre un grande egoismo. E non vedo anche come possiate suggerire che sia una buona strada il non rompere un matrimonio e creare nuovi equilibri che vanno sempre a pesare sulla persona che subisce questa situazione. Alla fine, in the closet, ci sono finita io e non l'ho scelto, come non ho avuto la possibilità di scelta al momento del mio matrimonio. Anche se sono arrabbiata con mio marito, capisco la sua difficoltà, ma non la giustifico. Eppure lo sto accompagnando ancora nel suo percorso. Ma proporre ancora l'abnegazione dell'altro ingannato e tradito come soluzione, grazie, anche no. Certo che sarebbe fantastico se si riuscisse ad amarsi in modo diverso anche dopo il matrimonio, ma io mi trovo pure nella situazione di dover a breve lottare per quel che mi spetta, e vorrei potesse essere tutto più semplice. Dietro a queste storie ci sono spesso umiliazioni, manipolazioni e frustrazioni subite per anni, senza che si riesca a capire esattamente quale sia il problema ed è riduttivo definirli povere vittime di un sistema che ti vuole etichettare. Sono innanzitutto persone che hanno fatto scelte devastanti per altri e voi, pure, li state etichettando come indefiniti, che proprio grazie a questa fluidità, possono permettersi tutto.

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Il grande colibrì