Sesso senza fissa dimora: Sophieboop racconta - Alla luce del sole e della luna (6° parte)

Dove eravamo rimasti...
* 1° parte - E' bello il sesso da Trieste in giù... ma all'aperto!
* 2° parte - Atti osceni in luogo pubblico: istruzioni per l'uso
* 3° parte - Sotto le foglie del sesso: eros, amore e battuage
* 4° parte - Orge gay e pompieri: l'outdoor sex in Inghilterra
* 5° parte - Feticismo nelle strade alla Folsom Street Fair

6° parte - Sesso senza fissa dimora: Sophieboop racconta

Ed eccoci arrivati alla fine della nostra inchiesta sul sesso all'aperto. Abbiamo iniziato con una raccolta di storie vere, abbiamo sentito l'opinione di alcuni esperti e ora torniamo a raccontare eccitanti episodi di vita vissuta. O meglio, a raccontarli è la bravissima Sophieboop, autrice di uno dei blog più interessanti che possa capitare di leggere, in queste "memorie" scritte per NoirPink Rosso. Le illustrazioni di Lorenzo Ridolfi, noto illustratore omoerotico qui nell'inconsueta veste di illustratore di scene eterosessuali, sono state realizzate appositamente per questo post.

Little Prince(ss)

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La cosa migliore di non avere un tetto proprio sopra la testa è che tutto il mondo è casa tua. Tutto il mondo senza barriere domestiche in calcestruzzo o cartongesso intendo. Un mondo in cui le spighe di grano sono il tappeto del tuo enorme salotto campestre, in cui un vicolo buio si trasforma in anticamera da letto e il ciglio di un vulcano addormentato è la tua cucina ad un solo, rovente fuoco. Il garage, invece, è un caso a parte, perché che sia il tuo o un loculo a ore sulla Paullese, poco cambia: anche con tutti i finestrini abbassati si suda sempre un sacco e si finisce sempre col lasciare una sindone a forma di cuore sul sedile che è in realtà è lo stampo della tua passera fradicia di voglie e saliva. In tenda, è più o meno la stessa cosa, solo che pensando di essere al riparo tra due teli di tessuto sintetico pensi di poterti lasciare andare come nella migliore delle camere insonorizzate.

Lo confesso: non ho moltissime esperienze di sesso in esterni a rischio – per molti un piacevole rischio – voyeur. Se si parla di macchine e affini, potrei dire di essere la gran sarcedotessa del pompino in macchina – ferma o in movimento, la vestale della sega coordinata con il cambio manuale e dell’uso del vibratore in autostrada, nonché della sopraccitata ed sovreccitata scopata claustrofobica in garage. Avrei anche molte potenzialità come vittima sacrificale da penetrare con le mani appoggiate al cofano e le gambe spalancate, ma a causa del caos metropolitano non mi è ancora capitata l’occasione.

A parte questa sequela di sporcaccionate che accomunano donne e motori più di quanto l’universo maschile sarebbe mai disposto ad ammettere, il più delle volte mi sono limitata a inventare il sesso all’aperto in qualche fantasia autoerotica perché - diciamolo - ha una certa allure romantico-bucolica-passionale del tipo: “non posso aspettare di arrivare in camera prima di scoparti” – ma non sono mai (ancora?) diventata un’accanita praticante della pecorina nel prato. Sarà che d’estate i vecchietti che portano a spasso il cane di prima mattina sulla spiaggia mi mettono una tensione tale che la passera mi si chiudeva ermeticamente, con tanto di grandi labbra sigillate, o forse sarà che ho comprato solo da poco una gonna abbastanza ampia da permettermi cavalcate all’amazzone nel pieno giorno del parco. L’avrò fatto all’aria aperta et similia solo una decina di volte, ma questa, questa la devo raccontare.
È stato come farlo nel terrazzo di un mega open-space con piscina sul terrazzo, corredata con tanto di – ed è questo lo spettacolo - personale planetario sconfinato. Ogni volta che guardavo in alto, rivoltando gli occhi al cielo nero come una sirena in libera uscita dal mare, vedevo una stella cadente. O anche 2, o tre. Mentre me la leccava, esprimevo desideri. Mentre mi scopava mettendomi a 4 zampe sul lettino rubato ai “Bagni Marinella” di fianco alla caletta le onde, le onde di fronte a me si scopavano anche loro nella sabbia.

È stato l’anno scorso, una notte vicina a quella di San Lorenzo ma meno clamorosa e ben più affollata di stelle. Era qualche giorno che ci guardavamo senza quasi parlarci, e poi siamo finiti a incidere la sabbia trascinando la suddetta sdraio con la solita, banale scusa di tenere il naso all’insù a guardare nel buio, quando sapevamo entrambi che a guardare in su non sarebbe di certo stato il naso. C’era l’odore del mare che si raffredda e delle alghe che dormono. C’era il suo cane lupo a farci da guardia, che ha abbaiato senza distrarci poi troppo quando un’altra coppia di fornicatori – decisamente meno duracell di me e quell’uomo che non ho più rivisto – ha attraversato la caletta dalla volta di roccia in cui ci eravamo appartati. Un bravo cane, davvero. Anche il padrone non era male. L’abbiamo fatto tutta la notte, fino alla pelle d’oca che ti viene quando sta per spuntare l’alba, senza amore, come animali, ma con molto altruismo. Una volta spuntato il sole siamo andati a cercare qualcosa da mangiare, ma invano. Così, lui voleva farlo di nuovo, questa volta su una sdraio ben allineata all’ombrellone del “Lido Ondablu”. Purtroppo, passava una coppia di vecchietti che portava fuori il cane per la passeggiata mattutina e non ce l’ho proprio fatta.

Vedrò di abbattere anche questo personale tabù, per amore di qualcuno che è arrivato a settembre, quando l’estate, purtroppo, era già finita.

Sophieboop

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3 commenti:

  1. Io l'ho fatto in strada, a Londra, di notte, sotto un palo della luce (ma era buio), vale?
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  2. uau! che super blog! mi ci perderò a
    leggerlo! see you!

    16 luglio 2009 23.11

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  3. una sera d'estate, in pieno centro siamo andati ad un concerto jazz. finito il concerto incontro Vanna che anni fa si è consumata la lingua sulla mia passerina. siamo allegri e spensierati e andiamo a farci dei drink. passeggiata per il corso. libri letti e film guardati. alle 3 di notte siamo uno sull'altro sul retro palco nella piazza principale. Sto cavalcando, miagolando piano, il mio Michele solo scostando il tanga e coprendolo un po con la gonna. Vanna pensa sinceramente che io la possa allattare mentre Michele scopre Vanna a colpi di lingua.

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Il grande colibrì