Temi etici e obiezione di coscienza: i fondamentalisti creano confusione nelle parole

Un partito finalmente unito, se non fosse per i temi etici che ancora dividono, sui quali però è stata siglata una tregua momentanea tra chi vorrebbe una presa di posizione chiara e chi invoca la libertà di coscienza: questa l'immagine che il PD ha cercato di dare di sé nel week-end appena concluso. Ma qui vogliamo concentrare la nostra attenzione non sul PD, ma su due etichette linguistiche, accettate passivamente da politici, cronisti e commentatori: "temi etici" e "libertà di coscienza".

Che cosa sono i temi "etici" o "eticamente sensibili"? "Il testamento biologico, il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso, l'aborto, la fecondazione assistita, l'eutanasia..." inizierà ad elencare qualcuno. "Tutti quei temi che hanno riflessi sulle norme che regolano il comportamento morale, cioè, ancor prima, sulla definizione del bene e del male, della giustizia e dell'ingiustizia, dell'onestà e della disonestà, dell'equità e dell'iniquità" ci ricordano i dizionari.

Ora è evidente che sia una questione etica quella di decidere, ad esempio, se sia giusto che una persona possa preferire la morte al sottoporsi a cure mediche sgradite. Lo stesso può dirsi a proposito della decisione di abortire o di quella di farsi inseminare dagli spermatozoi di uno "sconosciuto" (la cosiddetta fecondazione eterologa). Sono tutte decisioni che implicano una definizione di bene e di male, di (più) giusto e di (più) ingiusto: qualcuno potrebbe negarlo?

Ma lo stesso discorso vale anche per il federalismo fiscale con i suoi effetti redistributivi, per i tagli alla scuola piuttosto che all'esercito, per gli investimenti nella sanità piuttosto che nella cultura, per la creazione di un parco piuttosto che di un'autostrada, per l'individuazione delle fasce d'età a cui concedere sconti nelle tariffe dei musei, per la definizione delle aliquote fiscali, per la legge sulla par condicio e per quella sui divieti di caccia: qualsiasi decisione politica (e non solo politica) che sia finalizzata a qualsivoglia obiettivo è una decisione etica.

E' la propria visione etica, infatti, a determinare gli obiettivi che una decisione deve perseguire, mentre la tecnica serve solo ad individuare gli strumenti più appropriati ed efficaci (e comunque compatibili con la propria visione etica) per raggiungere gli obiettivi preventivamente fissati. Non esistono, insomma, "temi etici" contrapposti a "temi tecnici": tutti i temi sono etici nella definizione degli obiettivi e tecnici nella definizione degli strumenti.

E allora perché solo alcuni temi, nel dibattito pubblico, vengono etichettati come "etici"? Il problema è molto semplice: se si riconosce come legittima una sola fonte di etica (e quindi si nega valore a ogni altra visione etica, e quindi si può essere definiti tecnicamente come fondamentalisti), si percepisce come "eticamente sensibile" solo quella porzione di realtà sulla quale grava un veto etico da parte dell'unica fonte morale riconosciuta. Il resto è noia, è puro esercizio amministrativo.

Tutto questo non sarebbe un grosso problema, se non fosse per il fatto che a volte queste visioni pretendono non solo di governare legittimamente la vita privata dell'individuo fondamentalista, ma anche di tradursi in norme politiche, collettive. Ma norme imposte a tutta la collettività basandosi integralmente su una visione etica personale o partigiana saranno sempre norme oppressive, poco importa che la fonte sia la Bibbia, il Corano, i discorsi di Pannella, gli scritti di Mandela, i post di NoirPink, il libretto rosso di Mao o le chiacchiere della vicina di casa...

In un regime politico democratico esiste un obiettivo prioritario, che è la ragione fondativa dell'esistenza di una democrazia: il rispetto dei diritti, delle libertà e della pari dignità dei cittadini. Per questo, in democrazia, ogni decisione politica relativa a diritti e libertà dovrebbe essere, in teoria, "eticamente insensibile": l'obiettivo etico primario è già chiaro, prestabilito. Il dibattito allora dovrebbe essere tecnico, circoscritto all'individuazione degli strumenti più efficaci.

Poi, certo, le cose possono complicarsi, perché, come ben sappiamo, la propria libertà finisce dove inizia la libertà altrui: in altre parole, un diritto può entrare in conflitto con un altro diritto, una libertà con un'altra libertà. E l'unico modo di uscire da questo conflitto è confrontarsi e accordarsi insieme sul migliore punto di equilibrio nell'esercizio di diritti e libertà contrastanti ("fuma pure, ma non sotto il mio naso", ad esempio).

Il che, chiaramente, non incide in nulla sulla necessità di non porre limiti a diritti e libertà che, per loro stessa essenza, non possono entrare in conflitto con diritti e libertà altrui: il diritto di pregare chi voglio, il diritto di leggere quello che voglio, il diritto di amare chi voglio, il diritto di non amare chi non voglio, il diritto di non ricevere cure che non voglio, ecc...

Ora, i signori politici che in questi giorni invocano "libertà di coscienza" sui "temi etici" dovrebbero 1) spiegare se la propria obiezione è motivata dal fatto che i diritti e le libertà che vogliono limitare al massimo o addirittura negare del tutto (la scelta del proprio partner, la scelta di non sottoporsi a terapie, la scelta di ricorrere alla fecondazione medicalmente assistita, ecc...) entrino in conflitto con altri diritti e con altre libertà e 2) motivare questa conclusione ricorrendo a ragionamenti almeno vagamente logici.

Oppure, dovrebbero 1) riconoscere che la propria scala di priorità negli obiettivi etici perseguiti dalle decisioni collettive è in contrasto con la priorità stabilita in democrazia (il rispetto e la tutela dei diritti e delle libertà di tutti) e 2) ammettere che la propria "obiezione di coscienza", in teoria strumento finalizzato ad evitare imposizioni etiche altrui, non è altro che un'etichetta per nascondere proprio il suo contrario, e cioè proprio una "imposizione etica" da far valere coercitivamente e prepotentemente sugli altri.

E allora c'è tema più "etico" di quello della presenza di un gruppo di fondamentalisti che tiene in ostaggio un'intera nazione per negare la democrazia, per negare i diritti e le libertà e per imporre a tutti le proprie personali scelte morali?

Little Prince(ss)

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5 commenti:

  1. I diritti individuali non si inventano, non cascano dal cielo, non crescono sugli alberi, non si decidono a tavolino. Chi stabilisce che sposarsi è un diritto e perché? Chi stabilisce che abortire sia un diritto e perché? Chi stabilisce che la scelta sia un diritto e perché? Chi stabilisce quali siano i diritti e per chi valgono? Se non c'è un riferimento assoluto e oggettivo, al di sopra di ogni etica personale, ciascuno può reclamare i diritti più disparati e fondare un'anarchia. È di questo che si discute.

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  2. @ anonimo:

    Appunto: chi stabilisce che sposarsi e abortire (ma anche pensare liberamente e uccidere, rubare e scioperare...) siano dei diritti?

    Possiamo scegliere a chi attribuire la facoltà di decidere come regolare coercitivamente i rapporti umani.

    Possiamo scegliere la strada fondamentalista di attribuire questa facoltà ad un'unica fonte (la Bibbia, il Corano, i discorsi di Pannella, gli scritti di Mandela, i post di NoirPink, il libretto rosso di Mao o le chiacchiere della vicina di casa): in questo caso non esistono scelte, esiste una sola "opzione" che deve essere imposta a tutti. Ma si abbia il buon gusto di non chiamare questa cosa "democrazia".

    In questa cosa (teocrazia, totalitarismo, dittatura...) mancano due presupposti essenziali della democrazia: che tutti i cittadini sono uguali (perché i portavoce del pensiero unico e assoluto sono uguali, gli altri sono pericolosi eretici) e che "la mia libertà finisce dove inizia la tua" (perché la mediazione del conflitto non ha senso se la pari dignità nel conflitto viene negata).

    La democrazia si basa proprio sul principio che, dal momento che non sappiamo quale sia il riferimento giusto e assoluto, io posso fare quello che voglio (seguendo la guida dei miei riferimenti) basta che quello che faccio non limiti la tua possibilità di fare quello che vuoi (seguendo la guida dei tuoi riferimenti) - e se invece dovesse limitarla, si trova consensualmente, a livello sociale, un punto di equilibrio. Il che è esattamente l'opposto della paventata anarchia.

    p.s.: a proposito di anarchia, sono più stabili e meno violenti i regimi laici "contrattualistici" o quelli in cui si impone un "riferimento assoluto e oggettivo" (e in cui magari ciascuno ha il proprio riferimento assoluto e oggettivo)?

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  3. La democrazia è quando la maggioranza decide e la minoranza non costringe la maggioranza a far quello che vuole lei: se la maggioranza pensa che una cosa non è un diritto, allora non lo è.

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  4. @ Alberto:

    Insomma, secondo te non solo una maggioranza può decidere di negare l'esistenza stessa di un diritto, ma questa roba qua dovrebbe chiamarsi democrazia... Beh, pure i totalitarismi sono democrazie a questo punto! (E noto, en passant, che anche il diritto di voto è un diritto, che una maggioranza, seguendo il tuo ragionamento, può negare senza problema... e alla fine, levigatura dopo levigatura, qualsiasi minoranza capace di gestire il consenso potrebbe risultare magicamente maggioritaria).

    Per fortuna chi ha scritto la Costituzione aveva le idee un po' più chiare: la nostra Carta "riconosce e garantisce" i diritti essenziali dell'essere umano, non pretende di crearli né affida questo compito a maggioranze più o meno larghe (ma affida alla legge la gestione dei conflitti tra diritti e libertà).

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  5. sono sempre piùconvinta che ci sia molto da lavoare per diffondere e spiegare la Cpstituzione,attualissima a 63 anni di distanza: per fortuna la Costituzione c'è!!!!
    giuliana

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Il grande colibrì