Il Pride di Milano 2010 va indietro : gay, lesbiche e trans non hanno nulla di nuovo da dire?

L'Italia va indietro, senza dubbio, seguendo un po' il passo del gambero e un po' quello dell'oca. E così il primo Pride della stagione, quello che si è tenuto ieri a Milano, decide di invertire il tradizionale senso di marcia, partendo da quello che è sempre stato l'arrivo (il Castello Sforzesco) e arrivando a quella che è sempre stata la partenza (i giardini di Palestro). Una scelta simbolica forte, non fosse che, se l'Italia va indietro, a Milano il movimento sembra seguirla a occhi chiusi.

Non sono mancati slogan molto belli, come i segnali stradali di Arcigay Lombardia ("Minoranza senza diritti - Pericolo esplosione", "Attenzione, materiale affettivo", "Attenzione emozioni in movimento"...), non è mancata neppure la costanza e la determinazione di Certi diritti, che ha marciato per il matrimonio gay (ma il resto del corteo se ne è già dimenticata, si è già fatta convincere dalle letture più reazionarie alla sentenza della Corte Costituzionale?). Peccato che per il resto si è registrata una generale poca partecipazione, nei numeri e negli entusiasmi.

Quello che però ha più colpito è stato il fatto che questo Pride è riuscito ad assommare in sé tutte le principali tendenze regressive che il movimento trans, gay, lesbico e bisessuale è riuscito ad esprimere in questi ultimi anni.

Tutto era già chiaro alla partenza: solo fischi per tutto il lungo, lunghissimo, noiosissimo e quasi funereo primo tratto del percorso. Le casse dei carri spente, la musica bandita. Una scelta che ha forse determinato l'intristimento che ha caratterizzato tutto il percorso. Una scelta assurda e ingenua: davvero si pensa che un gay che fischia sia più destabilizzante per il sistema degli oppressori rispetto a una lesbica che balla la libertà del proprio corpo, a una checca che sculetta tutta la propria passività?

"Il Pride non è solo una festa, è anche una celebrazione" ricordava qualcuno dal palco. Vero, ma con i Pride si ricordano le rivolte di Stonewall, partite da favolose travestite baraccone e ribelli, non da discreti omosessuali con il fischietto in bocca e i cartelli al collo (urge rivedere il film "Stonewall" di Nigel Finch...).

Beh, l'avevamo già vista manifestarsi a Roma l'idea che alla sensualità del ballo dei froci e delle lelle sia preferibile il parolame politicheggiante - che poi, nell'atmosfera grillesco-leghista della politica italiana, diventa così facilmente semplice fischio o banale "vaffanculo", refrain scelto non a caso da uno degli urlatori dei carri... Speravamo di non rivederla più questa idea, e invece... Invece ci pestano, ci insultano e non riconoscono i nostri diritti, ci vogliono tristi e mogi, mica vorremo davvero mostrarci gai e felici, no?

Altra tendenza regressiva: l'incapacità di essere fieri davvero, di essere capaci di dire - per usare uno slogan pubblicitario che ha mandato in visibilio orde di finocchie - "perché io valgo" e il mio valore è mio, mica deve essere vidimato e riconosciuto da altri. E invece no: visto che "loro" dicono che lesbiche, trans e gay non valgono niente, la risposta non è più un "io valgo", ma un misero "voi valete di meno".

Dopo le penose sparate contro la "Carfagna puttana" (salvo poi andare, per celebrare uno spot idiota, in estasiata visita al suo ministero come i Magi alla capanna), ecco l'invasione degli slogan contro i preti pedofili e la Chiesa che li ha coperti ("Le parrocchie sono più pericolose delle discoteche", "Giù le mani dai bambini", "Vaffanculo anche a Gesù" [sic...] e simili), culminati con l'interminabile lista dei casi di pedofilia ecclesiastica in piazza Duomo.

A parte la grande prova di strategia politica (e ora chi lo racconta ai telespettatori del Tg1 di Minzolini che le gerarchie vaticane dicono fesserie quando denunciano che tutta la vicenda pedofilia è solo il frutto di un attacco un po' frocio e un po' sionista alla Santa Romana Chiesa? ma lasciate che Oltretevere continuino a tirarsi la zappa sui piedi da soli!), non si capisce cosa c'entri il Pride con la pedofilia. Ah già, qualche cardinale ha fatto il parallelo tra omosessualità e pedofilia e visto che non ci basta che i cardinali dettino l'agenda ai partiti, lasciamo che dettino l'agenda anche ai movimenti!

E' questo il problema più grande emerso a Milano: la mancanza - meglio, la perdita - di un'autonomia di pensiero e di linguaggio del movimento *qtlgb. A parte gli slogan di Arcigay Lombardia e la battaglia fiera - e apparentemente tornata minoritaria - di Certi Diritti, il Pride ha saputo esprimere solo mosce risposte di difesa dagli attacchi altrui. Mostrando profonde regressioni culturali.

Lo slogan più presente sulle magliette ("Siamo tutti prodotti della natura"), ad esempio, cosa vuole esprimere, se non una risposta, pericolosa nel suo semplicismo, alle accuse di innaturalità a cui vengono sottoposti gli omosessuali? Cosa vuole esprimere se non uno "scusateci, non l'abbiamo scelto e quindi non è colpa nostra", se non un'immagine omofoba di un'omosessualità senza dolo né colpa? Forse un ipotetico orientamento sessuale frutto di una scelta è meno degno di un ipotetico orientamento sessuale frutto della natura, della genetica o del destino?

Sulla scia di quelle magliette, ecco spuntare sul cartellone più grande del carro dell'Arcigay milanese l'ecografia di un feto e la scritta "Lo era già": neppure nato e già gay! Tutto pur di dimostrare l'innovativo concetto che gay, lesbiche e trans non sono malati. Anzi, sono perfettamente sani. Le prove? Certificati medici, elettrocardiogrammi, lastre al torace, esami del sangue...

Sì, anche gli esami del sangue. E la mente di tanti è corsa subito al test dell'Hiv, perché se è vero che non esiste alcun legame tra omosessualità e Aids da un punto di vista clinico, esiste un legame forte nell'immaginario collettivo, anche in quello *qtlgb, e un legame ancora più forte nella storia del movimento. Sarà un caso che l'avvento dell'Aids, quegli anni di tragedia e di coraggio, di solidarietà e di rivoluzione, non venga neppure citato nel piccolo riassunto storico presente sempre sullo stesso carro dell'Arcigay milanese?

Chi ha realizzato quel cartellone e ancor più chi ha deciso di esporlo si è dimenticato che un tempo proprio la comunità omosessuale, esami del sangue alla mano, ha saputo insegnare un nuovo significato della malattia e della salute, un nuovo senso della vita, un nuovo linguaggio di rispetto e dignità. E' quella la storia viva e parlante degli omosessuali, fatta di carne, sangue, emozione e pensiero, oggi dimenticata sotto il velo della storia muta delle date e delle sigle.

E così, ci si ritrova a dare più importanza alla replica alle baggianate di un Nicolosi qualsiasi che al rispetto per ogni singola persona, malata di qualsiasi malattia, forse anche solo d'amore.

Little Prince(ss)

p.s.: Ma dai, regressione culturale del movimento? Che inutile allarmismo! In fondo questa sera Arcigay premia con il Pegaso d'Oro la cantante ed europarlamentare berlusconiana Iva Zanicchi per essersi contraddistinta per il sostegno della dignità delle persone lgbt. Cos'ha fatto l'Aquila di Ligonchio? Ha detto che l'omosessualità non è una malattia (ma va?!) e ha interpretato la mamma di un gay in una fiction (per girare la quale ha saltato più di metà delle sedute dell'Europarlamento, diventando l'europarlamentare più assenteista, senza per questo rinunciare al sostanzioso stipendio).

Nonostante il suo indubbio e incredibile ruolo nel sostenere la dignità di omosessuali e trans, qualcuno avanza timidi dubbi: ha molto senso premiare un personaggio pubblico che dichiara: "Riconosco le coppie di fatto, anche se fondamentalmente rimango sempre per la famiglia. Però, mi sembra anche giusto che le coppie omosessuali abbiano il diritto di assistersi vicendevolmente. [...] Per quanto riguarda le adozioni, invece no. Su questo, sono proprio contraria. La famiglia è un bene inattaccabile e i bambini che crescono, hanno bisogno di vedere entrambe le figure dei genitori" [GayNews]?

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16 commenti:

  1. Questo resoconto sul Pride mi rattrista molto. In realtà sono riusciti ad intristire e a rendere meno fieri di se tutti coloro che non si omologano. Ci hanno messo tutti, gay, lesbiche, etero che vogliono restare liberi di essere se stessi, in condizioni di giustificarci, di dire "voi valete di meno".
    In questo scontro culturale e sociale non è in discussione la sessualità ma le dignità della persona. Purtroppo non se ne accorge nessuno.

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  2. sono hiv+, gay, e attivista, non mi perdo un gay pride. quelle analisi del sangue sono state come un pugno in pancia. quando le ho viste, ho lasciato il corteo, mi sono sentito insultato. ho l'hiv, ma ho diritto al rispetto anche io oppure finiamo a difendere solo gli ariani di sana costituzione???
    antonio i.

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  3. Analisi perfetta che rispecchia come anche il movimento vada indietro e non solo l'italia. mi piacerebbe sapere cosa avrebbero pensato quelli del FUORI di 30 anni fa!!!!
    mattia

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  4. Non faccio commenti sugli esami del sangue, per non essere volgare. Altro che marcia dell'orgoglio gay, questa mi sembra la marcia dell'omofobia repressa!

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  5. Non sono solo a sinistra gli amici dei gay, non prentevela con Iva solo xché è con Berlusconi! avete guardato che bella la sua fiction? E a Sanremo ha detto che l'omsessualità non è una malattia!!!! Non fate i faziosi, noi gay abbiamo bisogno di tutte le persone che ci sono vicine!

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  6. Lacerettalafacciodomani14 giugno 2010 alle ore 19:41

    Questa analisi mi sembra un po' tendenziosa, ma forse è solo stata fatta di fretta. Il movimento non avrebbe autonomia di pensiero perché molti slogan erano risposte (che a me sono sembrate tutt'altro che mosce...) ad accuse che ci arrivano dalla Chiesa. Ci saremmo tutt* dimenticat* della risposta della Corte Costituzionale. I fischi iniziali sarebbero stati funerei e mogi.
    Peccato che il Pride in sé sia nato come risposta a una società che voleva (e ancora vuole) imporci di provare vergogna per noi stess*.
    Peccato che della costituzionalità del matrimonio gay si sia parlato in molti interventi dal palco e addirittura uno di questi sia stato fatto dagli avvocati che si sono occupati della cosa.
    Peccato che i fischi, previsti solo per la partenza, siano stati protratti spontaneamente (e quindi in modo assolutamente sentito e viscerale...) dai manifestanti lungo quasi tutto il corteo.
    Insomma, confrontandolo con gli ultimi Pride, non solo milanesi, a cui sono stata, mi è sembrato che questo mostrasse dei segnali di ripresa da parte del movimento e che la gente presente sentisse l'urgenza di fare qualcosa per i propri diritti.

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  7. @ Efesto:
    Già, se ne accorgono ben pochi. E così ci soddisfiamo di momentanee apparenti vittorie che invece sono solo il manifestarsi di una duratura lenta sconfitta...

    @ Antonio e anonimo:
    Capisco e condivido il vostro stato d'animo. Capisco e condivido la rabbia contro un messaggio che ha ferito voi e molte altre persone. Sicuramente, però, il messaggio è frutto solo di una negligenza frutto di un generale arretramento culturale e non di una volontà insultante. Trasformiamo la rabbia in stimolo alla costruttività.

    @ Mattia:
    Del FUORI ricordiamo la sigla, le date... troppo spesso ci dimentichiamo le idee!

    @ Imparziale:
    Se ha detto a Sanremo che l'omosessualità non è una malattia, sicuramente Iva Zanicchi saprà rendere questo pianeta un posto migliore...

    @ Laceretta:
    Già, peccato anche che la risposta del Pride, come detto nel post, nasce sui tacchi a spillo, concretamente e idealmente. Cioè adottando un linguaggio diverso da quello di coloro ai quali si rispondeva. Sculettamenti contro manganelli, non omelie contro omelie...
    Peccato anche che gli avvocati che hanno parlato dal palco della sentenza della Corte siano quelli di Certi Diritti, guarda caso proprio l'associazione che cito per essere stata l'unica a portare avanti con grande visibilità il tema del matrimonio gay in questo Pride (e non solo in questo Pride, verrebbe da dire). Quindi, alla fine, mi stai dando ragione.
    Peccato che quelli che io considero segnali di intristimento del Pride (gente che preferisce fischiare e non ballare, sopra e sotto i carri; attenzione al peccato altrui più che al proprio "orgoglio"; slogan che, come confermato da alcuni commenti qui sopra, lanciavano messaggi lesivi alla dignità altrui) tu, in fondo, li stai confermando, anche se lo consideri come segnali di ripresa. Abbiamo diversi orientamenti, evidentemente. E va bene così.

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  8. Leggo e condivido molte cose di quelle che dici. Anzi quasi tutte. Tranne una che mi lascia perplesso e mi fa temere che quel che rilevi nel pride lo abbia un po' interiorizzato anche tu.

    Quando parli di checche che sculettano dimostrando così la loro passività non stai forse usando le stesse categorie del maschilismo, del sessismo e dell'omofobia?
    poco conta, credo, se tu le consideri rilievi positivi mentre la maggioranza patriarcale li considera rilievi negativi. Segui sempre gli stessi valori, le stesse linee di pensiero, che vanno scardinate.
    I tacchi a spillo di Stonewall non nascono, come dici tu, adottando un linguaggio diverso da quello di coloro ai quali si rispondeva. Sculettamenti contro manganelli, non omelie contro omelie...

    Nascono dal fatto che nel locale gay che menzioni c0'erano mote travestite e molte trans. cioè uomini che, interiorizzando la vulgata patriarcale, credono che in quanto maschi cui piacciono maschi si femminilizzano giocoforza e dunque diventano simili (almeno secondo loro) alle donne. O pensi che la critica al maschilismo la si faccia parlando di sé al femminile? Scimmiottando l'idea sessista che gli uomini hanno delle donne e allestendo dei caravan serragli che con le donne lesbiche o meno non hanno nulla a che fare?
    Le mie sono domande serie e non retoriche. non ho certezze ma solo dubbi.
    Mi dà però fastidio leggere in chiave rivoluzionaria luoghi comuni patriarcali che i gay, nel movimento o no, hanno interiorizzato e credono così di fare controcultura o la rivoluzione.
    Io rivendico il mio essere uomo anche se sculetto. Rifuggo la nozione di passività così come quella di attivo (Anche se nei siti di rimorchio gay è la seconda cosa che ti chiedono, subito dopo le dimension del tuomebro, sei attivo o passivo?).
    Se davvero credi che con questi concetti da patriarcato o coi tacchi a spillo si faccia la rivoluzione non sei meno in errore di quelli che giustamente indichi nel tuo post.

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  9. @ Alessandro:
    Credo che la rivoluzione passi semplicemente dalla libertà (ancor prima che dalla liberazione). Credo che una persona che viva felicemente la propria libertà (sculettamenti o comportamenti machi che ciò comporti) stia facendo la rivoluzione.
    In questo concetto di libertà, ci metto anche la libertà dai modelli comportamentali. Una libertà vera, però. Esistono comportamenti liberi e comportamenti imposti, non modelli giusti e scimmiottamenti sbagliati.
    Se il comportamento da "caravan serragli" è scelto liberamente e gioiosamente, ben venga.

    p.s.: I concetti di patriarcato, di sessismo e di maschilismo nascono per "servire" alle persone e ai loro bisogni, non per fare discorsi a prescindere da loro, no?

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  10. Gli esami del sangue??!?!? Iva Zanicchi??!?!? Non so se ridere o piangere a vedere certe cose. Anzi sì: piango.

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  11. Questo articolo?
    Mero dileggio intellettuale

    Pietro Galeoto

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  12. CHI HA ORGANIZZATO IL PRIDE E' STATO ELETTO DAI GAY DI MILANO!!! ABBIATE RISPETTO DELLE PERSONE SCELTE DALLA BASE!!! SMETTETELA DI FARE I SOVVERSIVI E DI CERCARE DI DIVIDERE IL MOVIMENTO!!! VERGOGNA!!!!!!!!!!!!

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  13. Condivido l'accusa di regressione, ma dev'essere circostanziata e mossa soltanto ad alcuni -- nella fattispecie: 1) a chi ha scelto di conferire un riconoscimento a quell'attempata berlusconiana in virtù di non si sa che; 2) a chi ha coniato slogan poco felici o completamente deliranti (oltre a quelli che rilevi nell'articolo, ce n'era un altro, del tipo "siamo un prodotto divino della natura"... oppure i soliti di GayLib, che anche dal palco non hanno mancato di ricordare l'equazione "omosessualità=infelicità congenita"); 3) a coloro che hanno scelto di limitarsi al "j'accuse", senza aggiungere anche solo un semplice "voglio sposarmi".

    Detto questo, non condivido il rimprovero alla "normalizzazione" dei movimenti (o della comunità, più in generale). Sono convinto della necessità di molte più "omelie contro omelie" -- in barba a tutti i Minzolini, che in ogni caso non dedicano spazio al Pride, e in favore delle piazze, degli uffici e dei supermercati. Servono le omelie almeno tanto quanto servono gli sculettamenti -- e non vedo perché non possano convivere sul carro di un Pride come durante gli altri 364 giorni dell'anno.

    Se poi mi dici che le "omelie" sentite il 12 Giugno a Milano erano piuttosto scadenti, confermo in pieno: si sono salvati soltanto la Gramolini e quelli di Certi Diritti, secondo me.

    Oltre a rivedere "Stonewall", servirebbe forse leggere qualche buon libro, ogni tanto -- specie se si occupa una posizione di rilievo. Bastano anche Sartre, Larry Kramer o pure Aldo Busi... ma temo che chi ha preso in mano il microfono Sabato scorso ne ignori l'esistenza.

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  14. @ Pietro:
    Grazie delle riflessioni approfondite :-)

    @ anonimo:
    A parte alcune evidenti imprecisioni sull'essere stati eletti e a parte che il post non si è limitato a esaminare le scelte degli organizzatori, il discorso "Hanno i voti, lasciateli fare senza disturbare" l'ho già sentito e sinceramente non mi piace.

    @ Valerio:
    Beh, più che omelie (nel senso alto di esortazione a seguire sacre e non dimostrabili verità e nel senso basso di predicozzi) io vorrei discorsi caratterizzati da uno sguardo orizzontale (per usare la bella espressione di Cristiana Alicata), basati su ragionamenti razionali o su emozioni, ma che vogliano trattare le persone da pari a pari.
    Un'ultima nota sugli oratori di sabato (sui quali sei forse un po' troppo severo): so per certezza che non tutti (o forse proprio nessuno) ignorano l'esistenza degli autori che citi e di tante altre scrittrici e scrittori. Poi, beh, in ogni casa bisogna misurare la distanza tra la biblioteca e il tinello...

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  15. Oggi criticare è facile. Farlo argomentando con la tua precisione e costruttività è però cosa molto rara. Complimenti.
    Ti faccio solo un appunto: quelle analisi del sangue non erano solo da fotografare, ma erano anche da strappare a pezzi davanti a tutti.

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  16. Concordo: per "omelie" intendevo i "predicozzi" in senso etimologico, senza connotazione religiosa. E mi sembra naturale auspicare una conversazione rilassata e alla pari.

    Forse sono troppo severo -- e non si può certo pretendere che ogni discorso pubblico entri negli annali, o che ogni oratore sia Harvey Milk.

    Dico soltanto che ho trovato privi di mordente molti tra i discorsi delle personalità presenti, alcuni anche di una pochezza intellettuale quantomeno preoccupante -- tanto che l'invito ad andare al Borgo sabato e poi domenica a veder premiare la Zanicchi (invito ripetuto in almeno due occasioni distinte) ha suscitato più consenso ed è rimasto più impresso rispetto ad altro.

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Il grande colibrì